Gatto Randagio, ormai lo sapete, s’incammina spesso sui sentieri delle fiabe. Gli viene d’istinto, quando tutt’intorno non trova parole, di rifugiarvisi dentro. Per coccolarsi un po’, fingendo di credere che sia come ritorno a gioco d’infanzia. Ma sa bene che è cosa molto, molto più seria, anche se non saprebbe spiegarvi e spiegarsi bene perché. Bisogna perdonarlo, per quanto “quasi-letterato” è solo un gatto.Ma incantevoli risposte, che sono risposte anche a tanti dubbi e paure dell’oggi, le ha trovate questa settimana intrufolandosi in un convegno sulla fiaba, appunto. La fiaba cifra dell’identità d’Europa, per la precisione il tema, voluto da Regione Puglia e Istituto dell’Encicloperia Treccani. Impossibile sintetizzare in questo spazio una giornata, tutta da ascoltare, e mi perdoneranno gli altri illustri relatori, ma il Randagio (e io con lui) è rimasto davvero incantato quando si è alzata a parlare Laura Marchetti, che è antropologa e insegna didattica delle culture presso l’università di Foggia.Rapiti dal fascino, dalla passione e la profondità del suo parlare, abbiamo capito alla fine perché lì in prima fila c’era un gruppetto di giovani venute direttamente dall’università pugliese che… “è sempre un’incanto seguire le sue lezioni”, ci hanno detto.
E siamo tornati con qualche appunto, che molto può servire di questi tempi, su quello che Laura Marchetti ha detto a proposito dei valori della fiaba, che “non ha morale, ma racconta stili di vita che possono aprire orizzonti, personali e politici”, iniziando dal fatto che, sottolinea, chi si occupa di fiabe deve essere “gentile”. Parola ahinoi scomparsa dal nostro orizzonte, personale e politico… Consiglio di appuntarli anche voi, questi valori.
Quello della fratellanza, intanto. E chi ha letto fiabe sa quanti fratellini abbandonati dai genitori, “genitori farabutti”, trovano la forza nel legame che li unisce (pensate ad Hansel e Gretel…), e quanto spesso in loro soccorso arriva la natura, che è comunità di soccorso come lo è, nelle fiabe, la comunità umana. E molto ci dovrebbe far pensare che Gramsci, come ha ricordato Laura Marchetti, in carcere portò con sé il Prometeo e le fiabe dei Grimm…
Secondo valore: l’uguaglianza. “Re e regine hanno lo stesso statuto di tutti, anche del popolo piccino. La fiaba è costitutiva dell’uguaglianza”. Dà valore, in una società maschilista, a bambini e donne. I bambini (che noi pure odiamo) che sanno mettere in moto quello che gli adulti hanno perso; le donne, che sanno essere narratrici, al pari dei marinai e dei mercanti, le donne che tramano, nel senso di cucire trame di un sapere segreto…
E narrano, le fiabe, dell’ “uguaglianza ontologica fra uomo e natura”, se qui tutte le creature sono uguali, tutte ridono, piangono, parlano, provano gioia e dolore. “Un grande animismo che fa molto più delle nostre leggi ambientali”, sottolinea Laura Marchetti, che è stata sottosegretario all’ambiente, e qualcosa ne sa. “Metti una ninfa in un albero e puoi poi mai tagliare quell’albero?”
Terzo valore. Il viaggiare, che è struttura di tutte le storie. “Se Ulisse fosse rimasto a Itaca, sarebbe rimasto un burino, un pastore, l’eroe si costruisce nel viaggio meticciandosi… la civiltà tutta è una cosa in cammino. Le fiabe con il confine non sarebbero potute esistere, le fiabe con i muri non nascono”.
Già, pensateci… che fine avrebbero fatto i musicanti di Brema? L’asino sarebbe stato portato al macello, il cane ucciso a bastonate, il gatto affogato in uno stagno, al gallo avrebbero tirato il collo. Altro che il sogno di entrare nella banda del paese!
La fratellanza, l’uguaglianza, la civiltà che si alimenta nell’incontro, dunque. Prima che anneghino definitivamente, insieme a tutti noi, nel mare dell’arroganza e delle paure contemporanee, varrebbe la pena di rileggere le fiabe che pure questi valori ci hanno insegnato.
E c’è una altro grande valore. Quello della libertà. Che non è affatto, ci insegnano le fiabe, una cosa semplice. Non lo è neppure per gli eroi “che si scontrano con il destino, che sempre pone un limite e il desiderio se eccessivo è punito” (e questo è da appuntare ben sottolineato).
La libertà, dunque. Argomento delicato, che fa capo alla libertà dei popoli e delle comunità. Concetto pericoloso quello della libertà dei popoli, mette in guardia Laura Marchetti, ma, aggiunge, “c’è un’immagine gentile di popolo legato alla terra e alle radici… la fiaba ha l’odore della terra, il colore del cielo… la fiaba che è sempre di comunità”.
E qui un cenno a una questione che specie in questi giorni tanto ci tocca da vicino.
“Il termine patria in tedesco si declina in due modi: vaterland che si traduce con «terra del padre», e heimat «terra delle radici», che è anche “casa” che è recinto protettivo che non è da ostacolo a chi è fuori”. Delle due idee di comunità, vaterland e heimat, quale predilige?
“Heimat, fatta di diversità, ed è questa l’idea d’Europa”, un’Europa fatta di “voci e canti di popoli,” piuttosto che di divisioni e merci. Ed è quello che vorremmo anche noi.
Solo qualche appunto, molto ma molto sintetizzando, e spero mi perdonerà la relatrice. Che, leggo, siccome nella lingua italiana non esiste una traduzione corrispondente della parola heimat, ha creato il neologismo Matria, tema della madre natura. A questo punto andrò a leggere il suo libro: La Fiaba, la Natura, la Matria (dove la M è al posto della P ndr). Pensare la decrescita con i Grimm”.
“Nell’eversivo universo della narrazione favolistica le rigide strutture del potere vengono facilmente rovesciate dalla potenza magica della fantasia, dal desiderio popolare di emancipazione, che è alla base, è la fonte poetica del capovolgimento ricorrente dell’ordine reale…”. Già vedo il Gatto andare in brodo di giuggiole…
E io devo ringraziare Anna Rita Persechino, che pure nel mondo delle fiabe e del narrare naviga, che l’altra settimana mi ha detto, ma dai, vieni a sentire anche tu!
Continueremo allora a percorrere i sentieri delle fiabe. La loro proprietà, sapete, è collettiva. Tutti vi possono accedere, aggiornare, riraccontare. Se vi siete persi, se vi state chiedendo: ma le fiabe dove stanno? Una bella indicazione ce la dà Rodari: “Ce ne è una in ogni cosa, nel legno del tavolino, nel bicchiere, nella rosa… la favola sta dentro le cose da tanto tempo. Non parla, è una Bella Addormentata, e bisogna svegliarla”.