E così, la Cassazione spegne ogni speranza. Alfredo Cospito resta al 41 bis. E poco importa che il procuratore generale abbia chiesto la revoca di quel regime che sarebbe giustificato solo per impedire i contatti con l’organizzazione d’appartenenza. Perché, nella sostanza dice, “il legame attuale di Cospito con gli anarchici va dimostrato”.
Così, l’assurda idea di pensare di fermare, con il corpo di un anarchico, quello che non ci aggrada, si consuma nella carne e nel sangue di Alfredo Cospito.
E fanno buon gioco irresponsabili (e pur inaccettabili) “minacce” e presunti “ricatti” di un pugno di appartenenti a gruppi anarchici, che certo la causa di Alfredo Cospito non hanno aiutato.
“Tutti sembrano dimenticare che quello di cui si discute è la vita di una persona”, è stato l’esordio di un incontro, nei giorni scorsi a Roma (con Luigi Manconi, Luigi Ferrajoli, Caterina Calia, Ascanio Celestino), per presentare “Morire di pena”, piattaforma di sensibilizzazione che punta all’abolizione dell’ergastolo, del 41bis e dei circuiti di detenzione speciali.
Ma la vita di “quella” persona è evidentemente cosa trascurabile per la giustizia italiana, che è andata avanti implacabile. Giustizia che è difficile definire tale se rileggiamo il percorso che ha seguito nei confronti di Alfredo Cospito, l’anarchico che, se certo innocente non è stato, non ha ucciso nessuno e si è visto precipitare addosso un’accusa che non è stata formulata neanche per le stragi che hanno funestato la nostra Repubblica, assolutamente sproporzionata rispetto al reato compiuto. Mentre seppellire Cospito nella tomba del 41bis con la motivazione dell’invio di scritti, tutti pubblici, a giornali, siti web dei circuiti anarchici e della controinformazione, paragonati ai pizzini dei mafiosi, è cosa che si fa fatica a credere.
L’affrettarsi della Cassazione ad anticipare la data dell’udienza, che era stata in un primo momento fissata al 20 aprile, per trattare il ricorso presentato per chiedere la revoca del 41bis, aveva dato un barlume di speranza. E invece…
Tutto, in questa terribile vicenda, violando intanto quel principio della proporzionalità che è la base del diritto, racconta una sola cosa: l’ossessione per il pensiero “altro”, il pensiero non conforme. Cosa che sembra faccia più paura degli stragisti (veri) che pure l’Italia, ahinoi, ha avuto…
C’è da dire che, pur gravissima, questa storia è solo uno dei volti di quella mala justitia che denunciava Mario Trudu, l’eterno ergastolano, come si definiva, morto, malato e non curato, dopo quarant’anni ben serrati di prigione, senza uno spiraglio di speranza. E lasciamo perdere il bell’articolo della Costituzione che i padri costituenti concepirono a proposito delle pene… che sembra si sia già pronti a cambiarlo, per farne un vestito più adatto al pensiero reazionario di questi tempi tristi…
“Presto morirò” leggo abbia detto Cospito appena avuta la notizia che la Cassazione ha respinto il suo ricorso. E sospende l’assunzione degli integratori che ancora l’hanno aiutato a tenersi in vita.
“Una condanna a morte” è stata definita dal suo avvocato, Flavio Rossi Albertini, la decisione della Cassazione. Così, quella fiera degli orrori che spesso sa essere il nostro sistema carcerario può prepararsi ad aggiungere al suo carniere un altro corpo. Non c’è più molto tempo per Alfredo Cospito. Se nulla accadrà, e immediatamente, che possa ribaltare la situazione, presto il suo corpo si andrà ad allineare agli 84 collezionati dall’inizio dello scorso anno, ai già 6 di questo inizio d’anno. Altre storie, altri percorsi, modi, motivazioni, diversi l’uno dall’altro, tutti morti comunque che si fa fatica a definire suicidi. Omicidi di sistema piuttosto. Di un sistema feroce, lo abbiamo detto, nei confronti di chiunque sia ai margini. Della vita e del pensiero, quello dominante naturalmente.
Avevamo già scritto che non era solo la vita di un anarchico a essere in pericolo.
Perché calpestando principi su cui dovrebbe reggersi la nostra giustizia, con Alfredo Cospito va a morire, in quella tomba che è il 41bis, la credibilità della Giustizia tutta.
Ma, spirando, questa ingiusta giustizia rischia di regalarci un martire. Non solo per chi si definisce anarchico, ma per chiunque, piacciano o no gli anarchici, voglia ancora credere nel diritto…