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    Una calza a salire una a scendere….

    calza_1”Una calza a salire e una a scendere”. Ma che significherà mai, mi ero chiesta… Poi ho guardato, il video dello spettacolo così intitolato, che Eleonora Fontana e Davide Peron stanno portando in giro per l’Italia. Uno spettacolo teatrale sulle donne della Carnia nella Grande Guerra, tratto da un racconto di Francesca Sancin, con riadattamento di Chiara D’Ambros. E le calze, quella a salire e quella a scendere, ho saputo, sono quelle con le quali misurava i passi del suo cammino sui monti Maria Plozner Mentil…
    E così ho conosciuto la storia di Maria… che era stata una delle mille e più donne che, nel terribile tempo di quella guerra, si erano offerte volontarie per rifornire le prime linee. Le portatrici. Immaginate… salire e scendere lungo i sentieri sui monti, dalle retrovie alla prima linea, per mesi e mesi, con pesanti carichi di rifornimenti per i militari al fronte. Cibo, medicine, munizioni…
    E colpisce diritta al cuore, la storia di questa giovane donna di borgo Ponars di Timau, che tutte le rappresenta, quelle donne… Quattro figli, il marito al fronte, un mattino di febbraio del 1916, a poche centinaia di metri dalle Rocce Malpasso, venne colpita da un cecchino. Morirà dopo un giorno… trentadue anni, e un bimbo ancora da allattare. Molti, molti anni dopo, sul finire del secolo scorso, le viene conferita la medaglia d’oro al valor militare. Maria Plozner, a rappresentare tutte le portatrici della Grande Guerra.01-maria
    Oggi che appena ieri si sono ricordati i novantanove anni da quel 4 novembre del 1918, che segna la fine della prima guerra mondiale… sono andata a cercare, nel bianco e nero di una foto antica, il volto di lei… che Renata Borgato, nell’enciclopedia delle donne, ricorda descritto “simile in tutto e per tutto alle altre donne della sua terra: capelli neri lisci, statura non alta ma armoniosa, costituzione robusta, viso ovale con un che di forte nei lineamenti pur dolci”.
    Lineamenti “pur dolci”, che per noi ritornano, nello spettacolo di Davide Peron, con il volto dolcissimo di Eleonora Fontana, l’attrice che, in “Una calza a salire e una a scendere”, interpreta Maria Plozner, accompagnata dalle belle composizioni del cantautore veneto.
    Ritorna con le parole di Eleonora, con le canzoni e le musiche di Davide (insieme sono coppia artistica e coppia nella vita), che ha scelto, per parlare della Grande Guerra, non storie di soldati o eroi, ma delle donne di cui nessuno quasi parla, che pure l’hanno vissuta e combattuta. L’altro volto di quella guerra, come le staffette partigiane lo saranno della guerra che ancora sarà…
    “Una calza a salire e l’altra a scendere”… le parole di Maria Plozner, nello spettacolo, sono la musica di un canto sussurrato… “non conto i passi, ma i ferri da calza. Li sfioro con la punta delle dita gelate, quasi ad assicurarmi che siano ancora tra le mie mani. Mi ci aggrappo come a una carezza, l’unica che mi è rimasta: una calza a salire e una a scendere. Dal paese, che ogni mattina all’alba mi lascio dietro le spalle, fino al fronte, oltre i pascoli, dove il mondo sembra finire tra le cime che tagliano il cielo, riesco a fare la prima. La compagna la finisco prima di tornare a valle. Quando tutto è più leggero…”
    Una calza a salire e una a scendere… e, permettete una nota personale, l’immagino bene questa calza, di lana grossa e ruvida, che mi ricorda quelle della mia nonna lombarda, della Valtellina per la precisione, nonna Emma… e il sommesso battere di quello sferruzzare, a fare da sfondo alle parole del nonno, nonno Alessandro, che a quella guerra era stato chiamato, ragazzo del ’99…
    Una calza per contare il tempo… che sulla scena Eleonora Fontana meglio non può far rivivere…
    Sul palco rievoca: “La prima linea da qui sotto, nelle scarpe che fanno scricchiolare la neve, non è molto lontana… io ci sono cresciuta con la gerla sulle spalle… per noi tutte è così, nel nostro mondo in salita dove devi strappare la vita dai fianchi delle montagne… adesso dobbiamo seppellire il dolore dietro la lingua, perché nella gerla portiamo munizioni… e bombe a mano”….
    Sottolinea, e interpunta, ed evoca, la musica di Peron…l'attrice
    “Ma quando il fragore dei combattimenti è più vicino, e la paura sale improvvisa quasi fosse una febbre…vorresti poterlo urlare il tuo canto, per avere solo quello nelle orecchie, e non il boato dell’artiglieria più vicina ad ogni passo… è la morte che gioca a dadi.. io non lo so se prego, se le mie dita veloci che scorrono sui ferri senza fermarsi in fondo siano un rosario…”
    La guerra, la morte. E la vita, che pure fa da controcanto…
    “E’ stato qui, sotto il nostro cielo di Carnia, che Giuseppe mi ha rubato il primo bacio… l’amor di patria, a qualcuno di loro, ha portato anche qualche moroso… e ben venga, perché ogni bacio strappato qui, mette in sacco la morte…”
    La tenerezza, e l’amore, a mettere in sacco la morte… anche se sarà la morte a mettere in sacco poi lei, l’infaticabile Maria di questa storia…
    Ha ragione Davide Peron, cantautore da sempre impegnato su temi civili, che presentando il suo spettacolo ha detto che La Grande guerra “è roba lontana specialmente dove non è stata combattuta. Per questo va raccontata, tante e tante volte. La memoria non deve mai essere persa, mai. Se la perde, l’uomo non ha capito niente e questo fa male”.
    Ci richiama, Davide, al dovere di ricordare, e se ha scelto di narrare questa storia, è anche perché nella vicenda di Maria Plozner e delle donne portatici di Carnia ha sentito “forte il senso della fatica… una fatica oggi difficile, forse impossibile da comprendere”
    Rubo ancora parole sulla scena…
    “E chi sa quei poveretti lassù. Chi sa se ritroverò domani tutti i sorrisi, gli sguardi affilati e le bestemmie che ho contato oggi. Domani è tra una manciata di ore, in fondo. Ma per chi può morire da un minuto all’altro sotto i colpi dell’artiglieria austriaca, il tempo è una collana di attimi. Granelli di presente tenuti insieme dal filo sottilissimo cui è appesa la vita».
    Preziosa collana di attimi, questo spettacolo… che ci regala il trepidare di una storia di cui pochi sanno, che forse pensiamo lontana nel tempo e nello spazio di un confine, ma che invece appartiene a tutti, proprio a tutti noi…

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