Ascoltando, dell’annuncio di novecentomila firme raccolte per il referendum per l’acqua pubblica. In attesa che diventino un milione. Per dire, contro il decreto Ronchi che apre alla gestione privata delle risorse idriche, che L’acqua non si vende. Ripensando, a una notizia e a una bella storia che arrivano dal Burkina Faso, di là dal Mare Nostro e ancora, ancora più giù, nell’Africa sub-sahariana. Dove il governo ha fatto un bel dietro front sulla privatizzazione dei sistemi idrico ed elettrico del paese. Dove da tempo il Fondo Monetario Internazionale sta premendo, come su altri governi africani, per affidare a privati la gestione dell’acqua (e privati significa multinazionali straniere). L’acqua, l’oro blu. Sarà il bene prezioso intorno al quale si combatteranno le guerre del futuro prossimo, non a caso le multinazionali se ne stanno impossessando. E dall’Africa assetata, oggi, ci arriva il buon esempio di un battaglia di civiltà vinta. Dal paese di Thomas Sankara, dove forse il suo sogno non è stato dimenticato. Sankara. Ricordate? Qualcuno lo chiamava anche “il presidente in bicicletta”… Fu lui che volle per l’Alto Volta il nuovo nome: Burkina Faso, che significa “la terra degli uomini integri”. Che il capitano Sankara, militare e uomo di pace, guidò fra il 1983 e il 1987, quattro anni e due mesi. I primi passi di una vera rivoluzione, stroncata con l’omicidio del suo presidente. La rivoluzione Burkinabè. Alcuni punti della ricetta di Sankara per tentare di sollevare il paese dalla miseria? Democrazia partecipata, un ruolo nuovo alle donne, consumare quello che si produce, produrre quello che si consuma, istruzione e sport per tutti, economia di pace, che tutti abbiano qualcosa e nessuno troppo. aveva sostituito le auto blu con delle utilitarie, Sankara, che era solito dire: “Non possiamo essere la classe dirigente ricca di un paese povero”… Semplice e rivoluzionaria, la sua ricetta. Quasi una fiaba, e sembrava funzionare. Furono avviate campagne sanitarie, un programma di protezione delle risorse naturali. In quattro anni erano diventati realtà dieci litri d’acqua e due pasti al giorno per ciascuno. Sembrava funzionare fin troppo. Un colpo di Stato mise fine al sogno della sua rivoluzione. Sankara fu crivellato da colpi di kalashnikov, da una pattuglia di militari.
La sua vita, come una fiaba, in un bel racconto di Valentina Biletta, “Una foglia, un storia”. Dove Thomas Sankara è un padre che racconta ai suoi figli, all’ombra di un’acacia, storie straordinarie. Il libro inizia con il ricordo di un albero piantato tanto tempo prima, ora un gigante con grandi foglie… “Sapete, si dice che le foglie negli anni raccolgono le storie che porta il vento: ogni foglia ha i suoi colori, i suoi segni, ogni foglia ha il suo racconto“. E c’era una volta, e c’è ancora adesso, a dispetto di chi non crede più nelle fiabe. A dispetto di chi pensava che il paese degli uomini integri avesse dimenticato il sogno di Sankara. La battaglia vinta contro le multinazionali dell’acqua ci dice che non è così… Una storia da rileggere, di qua dal mare. In attesa del milione di firme, perché l’acqua, che come ha sottolineato Stefano Rodotà non è un bene pubblico ma un bene comune, non si vende.