“Caro Ninni, grazie per averci dato la tua amicizia, in tutto questo tempo ci hai insegnato tanto, forse non siamo stati in grado di apprendere di piu’. Sono passati tre anni… veloci come un attimo di vento che in un attimo ti scompiglia i capelli e subito dopo è già lontano, ad accarezzare qualcos’altro con un soffio leggero… Ma i ricordi ci sono ancora, nessuno li porta via…”. Un brano, dalla lettera di una compagna di classe di Ninni, al termine della terza media. E i tre anni di scuola media di Ninni, che e’ un ragazzino autistico, tessono la trama di “Un mondo a parte”, pubblicato da Arkadia, e scritto da Bruno Furcas che da tempo si occupa del recupero di adolescenti con diverse problematiche. Una storia vera, che narra il percorso anche difficile di un bambino che nei primi anni di scuola ha avuto una davvero brutta esperienza, fatta di rifiuti e incomprensione. Di cattiveria, anche. Ed è storia che purtoppo spesso ricorre. Ninni, ha ricevuto una brutta accoglienza nelle scuole elementari, e colpisce la durezza e la brutalita’ delle situazioni descritte. Anche il primo impatto nelle scuole medie non e’ stato semplicissimo, perche’ come si legge nel libro, Ninni e’ “uno sbriciolature di lezioni frontali, irrompe nella tranquillita’ di un istituto come uno tsunami”. Ma quello che Furcas vuole raccontare e’ la bella esperienza di una scuola che ha saputo accogliere questo tsunami. Come? Costruendo, spiega, un percorso che è riuscito a coinvolgere tutti: insegnanti, di sostegno e non, assistenti, i compagni di scuola. E c’è Fabio, che segue Ninni in questo suo percorso. Fabio che in realtà è l’autore del libro, questo Fabio/ Furcas che spiega subito ai compagni di scuola: “Ninni non è un pacco. E’ un ragazzo come voi, ma molto più complesso. L’unica cosa che dovete chiedervi è come potrò essere utile per lui, e poi, se volete, potete anche domandarvi : in che modo lui sarà utile per noi?“. Ed è straordinario come reagiscono i ragazzi… (…) I bambini, ancora una volta, ci insegnano come può essere anche naturale, semplice, vivere in situazioni non consuete, non facili. Riescono presto a gestire questo nuovo strano compagno, anche i suoi momenti di violenza, che è la cosa che all’inizio fa più paura. Quello che Furcas racconta a questo proposito è davvero sorprendente: i ragazzi in qualche modo hanno fatto da tutor a questo loro compagno. Superata la paura sono stati loro gli artefici del percorso di Ninni, sono stati loro che hanno saputo osservare, capire, dire, a volte, agli insegnanti, “guardate che così non va bene… che non è questo il comportamento da adottare con Ninni..” I ragazzi … forse l’età, forse la capacità di mettersi in ascolto che i grandi hanno perso, spiega Furcas. Certo, forse, anche, ma sicuramente la testardaggine e la capacità di chi li ha guidati, di chi Fabio/Furcas, ha tessuto insieme a loro la fitta rete di relazioni che hanno “salvato” Ninni. C’è un’immagine bellissima, che mi è sembrata il cuore del libro. Il cerchio maieutico. Che l’autore ha imparato a conoscere e gestire nell’incontro con Danilo Dolci, e al ricordo ancora sembra commuoversi. Mettersi tutti insieme, e in circolo sciogliersi, parlare, confidarsi, toccare il cuore dei problemi. Cosa non facile, sottolinea Furcas, nel mondo della scuola, dove i ragazzi sanno che ogni loro momento viene giudicato, valutato… E ce li fa proprio vedere, come una tribù di piccoli-grandi saggi.
Con questo libro Bruno Furcas sta girando nelle scuole. Un’occasione per parlare di percorsi di integrazione. Di questo percorso che ha davvero dell’eccezionale, se continua oltre i limiti temporali delle pagine del libro, che si ferma alla terza media. Ma Ninni ha avuto la fortuna di poter essere seguito dal suo Fabio/Furcas anche nel percorso successivo. Ce ne saranno ancora di cose da raccontare… e noi aspettiamo il seguito, magari nel prossimo libro. “Un mondo a parte“, dunque, da leggere come un racconto, ma anche come un manuale, per capire quali possono essere le strade per costruire un ponte fra il mondo di un ragazzino autistico e il nostro. Questione di “lingue”, dice Furcas, questione di gesti e di linguaggi, da scoprire e costruire giorno dopo giorno…