Lui è un ragazzone alto. Alto alto e nero nero. Seduto un po’ traverso sul sedile dell’autobus difronte a me… Africa profonda, penso… Ha in mano un panino e una bottiglia … e dà morsi voraci a quel pezzo di pane farcito di salame… l’odore è forte, pungente… Mi guarda e: “tu sei una brava persona”. Sono spiazzata. Riesco solo a sorridere un grazie, e poi “e perché?”. Lui ripete” sei una brava persona”.
Poi realizzo che forse è perché ho uno scialle avvolto intorno al capo (l’avevo messo per via di uno spiffero di freddo), e poi indosso una gonna ben composta, lunga lunga, che appena si intuisce un tratto di caviglia, ma le calze sono ben nere…
E infatti: “Sei musulmana?” mi chiede?”
“No, e tu?”
“Sì”.
“E allora perché mangi il panino col salame?” dico sfrontata.
“Perché ho fame”.
Riesco appena a mormorare: “fai bene a mangiarlo, se hai fame”… affondando nella vergogna
Pensando a quanta lacerazione dell’anima ad ogni morso… a quanto amaro ogni boccone… ed è per sopportarlo, capisco, che affoga quello strazio in lunghe sorsate di birra.
Già. E che ne sappiamo noi? Di quanto amaro… Mi viene in mente quel che disse un giorno a Daniela un ragazzo della Mauritania. “Sai cosa vuol dire stare tre giorni in mare, avere sete e bere l’acqua salata?”.
“No- gli ha risposto Daniela- non lo so”
E quante cose non so neanch’io… Non faccio in tempo a chiedermelo che arriva la mia fermata… devo scendere… saluto … appena un ciao… e ancora mi sorprende, il ragazzo musulmano… che … “buon Natale”…