Sull’autobus, nel tardo pomeriggio di metà settembre. Attraversando Roma, dal centro al centro, comunque prigionieri dentro le mura… e la periferia è lontana… C’è piuttosto ressa, qualcuno spinge, qualcuno ride, qualcuno di nuovo sale. Ed esplode un urlo, di fastidio, di rabbia, di chi quasi, sentendosi soffocare, sta per scoppiare. Ed è voce di donna, che reclama il suo diritto di “fare quello che le pare”, che rimprovera, accusa, si difende da qualcuno. Che non è alcuno delle persone che, appena scostandosi, la guardano un pò spaventati o non la guardano quasi ostentando di non vederla, di non sentire le sue parole feroci. Urla, quella donna, contro qualcuno che è il fantasma della sua ossessione, che magari è stato l’ossessione della sua vita, o che ossessione della sua vita lo è ancora, e che magari sa, che incontrerà, appena scesa dall’autobus. Intorno, più avanti, qualcuno sorride, qualcuno sospira… la vita, sa essere davvero dura… Accanto alla porta c’è un uomo, un anziano signore che duetta con un giovane straniero, dalla pelle orientale, profondo Oriente, sembra… e gli dice, l’anziano al giovane, che sicuramente lui non ne sa nulla di “bunga bunga”, benché, gli spiega, sia pratica che chi ci governa ha appreso da gente colorata come lui… il giovane, che sa che il suo colore appartiene ad altre latitudini, quasi ride, del riso timido di chi si schernisce e lascia che l’altro continui con le sue cronache di un paese malato, o meglio, della malattia di chi lo governa, il paese dove le correnti della vita lo hanno portato infine ad approdare… e chissà quale sarà qui il suo futuro… chissà quale il suo presente. Il presente… il presente e l’immediato futuro, su cui scuote la testa la signora seduta accanto. Sfogliando le pagine di un quotidiano, mormorando di conti e sacrifici, mentre sulle pagine del giornale, che mostra sventolandole nell’aria, infuriano cronache di sconsiderate volgarità… Più avanti, dietro due giovani ragazze vestite per la sera della festa, si intravede un vecchio malandato. Dorme riverso sul finestrino, e a tratti oscilla e sembra sia lì lì quasi per cadere in terra, ma neppure raddrizzandosi riapre gli occhi, e chissà se si sveglierà alla fermata giusta. E chissà se ha una fermata giusta dove fermarsi… Ah, gli autobus… bisognerebbe su di loro attraversare le città, almeno a sera, almeno tornando a casa… per sapere davvero del paese in cui viviamo…