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    Se Dante salva la vita…

    dante-divina-commediaIeri, Gatto randagio (RemoContro)… un consiglio per la lettura un pò fuori dall’ordinario…. Ascoltate…
    “Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai in una selva oscura…”
    Leggendo, qualche giorno fa, di Andrea, 19 anni e uno sconfinato amore per la Divina Commedia, che conosce quasi tutta a memoria… Ripensando alla piccola Jasmine, (ve ne ho raccontato la storia, ricordate?) che va a scuola portando nel suo zainetto un’edizione del poema, da sfogliare durante la ricreazione. E chissà cosa vi legge… Ripensando, alle immagini ardenti come il fuoco, esaltanti come un volo d’aria, che tutti un po’ ci portiamo dietro dai tempi del liceo… Mi gira per la testa, insieme al caldo di questi giorni, una domanda. Ma esattamente cos’è che fa amare tanto la Divina Commedia? E magari sperando possiate aiutarmi a trovare risposte, vi propongo di portare sotto l’ombrellone, o dove diavolo siate, il poema del nostro sommo Dante.
    L’Andrea sopra citato dice di essere stato fulminato dal canto ventiseiesimo dell’Inferno(…) , sentendosi, lui anche scalatore di montagne, un Ulisse dantesco… A me, piaceva tanto quell’ “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”, fulminante, profetica, negli anni mai, ahinoi, smentita… Una mia amica conosceva a memoria il canto di Paolo e Francesca, e intorno a un amore impossibile è poi girata tutta la sua vita. Insomma, a ognuno la catena delle sue terzine… Ma mi ha colpita al cuore la risposta che mi è arrivata qualche giorno fa dal carcere di Opera. Avevo fatto questa stessa domanda ad Alfredo, Alfredo Sole, che in quell’istituto si trova, al quale avevo scritto della piccola Jasmine e che mi aveva confidato di amare anche lui molto questo libro (si era anche affrettato a mandarne alla ragazzina un testo per ragazzi, entusiasta per quella giovanissima passione).
    Mi ha confidato, Alfredo, che il testo, che ha ancora con lui, porta scritta a penna una data. 1997. Anno in cui era sottoposto al regime del 41bis. Vi risparmio la predica su cosa sia questo regime di detenzione, degno d’altra parte di un paese barbaro come per molti aspetti è il nostro (e il fatto che ancora lo si ritenga “utile” penso sia uno dei motivi per i quali c’è tanta opposizione all’introduzione del reato di tortura). Ci vuole una gran forza per sopravvivervi. Provate a immaginare. Capita di pensare di non farcela più, di essere stanchi dei continui soprusi, delle torture psicologiche… Succede che si rischia di perdere il controllo del corpo e della mente.
    Ogni notte, mi ha raccontato il mio amico di penna, il suo sistema nervoso si bloccava, una sensazione che descrive devastante. Immaginate. Qualcosa inchioda il corpo al letto, non riuscire a muoversi, non riuscire neppure a chiamare aiuto. Una sensazione di totale paralisi. Immaginate… Condizioni in cui si arriva ad avere la sensazione che la morsa possa continuare a stringerti fino a soffocarti. Fino a ucciderti. E devi essere più forte di lei. Immaginate… Si maledice la notte. Si ha paura di addormentarsi, perché il sonno è dormiveglia e la mente crea stati paurosi. Non ci sono molte vie d’uscita. E allora succede che la mente arrivi a maturare pensieri tristi.
    Immagino benissimo quella notte del 1997, che Alfredo decise che sarebbe stata quella giusta. Stop. Fine. Chiudere il sipario.
    Ed ecco che entra in scena la Divina Commedia. Era sul tavolo. Un libro che fino ad allora aveva aperto una sola volta, senza in verità, mi confida, aver capito nulla. Ma quella notte, aspettando che si facesse notte fonda e passasse l’ultimo controllo, prima di compiere il gesto definitivo… l’aprì di nuovo e iniziò a leggere. “Stranamente la capivo! Non so cosa successe realmente, ma comprendevo ogni passo. Continuai a leggere senza rendermi conto che ormai era l’alba. Sì la Divina Commedia mi salvò la vita e io sono in debito con Dante”. E da allora decise che sarebbe stato “il mio libro” e che lo avrebbe imparato a memoria. Per la cronaca Alfredo Sole è stato in regime di 41 bis, per altri otto anni, fino al 2005.
    Sono contenta che sia sopravvissuto. Studia fra l’altro filosofia, e scrive sempre cose interessantissime, anche piene di ironia e di curiosità, alle quali per rispondere spesso (io che di filosofia so poco o nulla) devo studiare… Non so cosa abbia combinato nella vita prima di finire in carcere, e forse non mi importa neppure, mi importano moltissimo invece i pensieri della persona che è oggi, e che sia stato proprio Dante a salvargli la vita. Dante, che “mai poema ebbe più vasto respiro creativo a cantare la vicenda dell’uomo per tutti gli evi terrestri e l’aspirazione di eternità” ( parola di Francesco de Santis).
    Cosa ha trovato nelle sue pagine quella notte? Il suo racconto mi risponde che vi ha trovato, nel bene e nel male, la vita. La vita nella sua potenza. Vi ha trovato la vita e la bellezza, contro le regole della morte e della bruttezza di cui sappiamo così bene circondare chi non ci piace. E di cui alla fine circondiamo anche noi…
    E voi, che avete letto Dante o lo state leggendo ( mi auguro in questo momento sopra un scoglio, sotto un cedro, al tavolino di un bar… o dovunque siate), avete una risposta migliore?

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