Sangue, sudore e lacrime… un libro per restare umani.. Ascoltate che ne dice Daniela Morandini:
““ Blood, Sweat and Tears” (Sangue, sudore e lacrime) ,un libro “Per diventare un chirurgo migliore”.
E’ l’ultima pubblicazione di Philip F. Stahel, primario di chirurgia del trauma al Denver Health, in Colorado.
A sorpresa, il libro si apre con una fotografia di Positano: verso sera, la torre di Clavel, luogo magico per tanti futuristi.
“ E’ proprio nella spiaggia del Fornillo – scrive Stahel- vent’anni dopo un’esperienza terribile, che, bevendo un bicchiere di Greco di Tufo, ho finalmente avuto il mio momento di verità”.
“ Ero molto giovane, quando ho conosciuto Aniello Cappiello, il patriarca di questo pezzo di mare – ci racconta il dottore- . Mi aveva rimproverato in modo molto severo, per avere buttato in mare il nocciolo di una pesca:
-Rispetta il mare e ascoltalo sempre – mi disse”.
Quelle parole, il dottor Stahel non le ha mai dimenticate, e il nesso tra un chirurgo migliore, la torre di Clavel, e il nocciolo di pesca, e’ diventato sempre più forte.
Sono pagine, queste, che, con un rigore scientifico molto chiaro, illustrano casi clinici, analisi e statistiche, ma che, soprattutto, si basano sulla necessità di empatia, perché, prima di diventare un buon chirurgo, occorre essere una persona che sa ascoltare: ospedale non vuole dire automaticamente sicurezza.
“Mi hanno insegnato a tagliare, ad usare il bisturi, a rimuovere parti malate, ma io non sono un meccanico, non aggiusto automobili: quando i pazienti parlano, ci stanno già indicando la diagnosi”.
Il suo concetto di empatia e’ pragmatico: e’ la capacità di capire quello che sente l’altro, a prescindere dall’essere, o non essere d’accordo. Nulla a che vedere con la simpatia.
“Per esempio – scrive Stahel- sono empatico con un paziente sotto la maschera ad ossigeno, perché ha fumato crack, anche se non condivido quello che ha fatto. Sono empatico con un collega che ha sbagliato: potrebbe capitare anche a me”.
Ma sviluppare empatia e’ un processo graduale,lento,difficile. E l’equilibrio può sempre essere minato dal delirio di onnipotenza,dalla seduzione della fama e del denaro. Eppure,in ogni chirurgo, ammonisce Sthael, c’é un piccolo cimitero dove, di tanto in tanto, si torna a pregare.
Solo quando si conquista una consapevolezza positiva – aggiunge- si riescono a fare i conti con il tempo, la risorsa più importante.
Il tempo non e’ denaro: non lo puoi depositare e ritirare più tardi. Il tempo é sentire, capire, valutare i rischi, intervenire, salvare una persona, migliorare la qualità di una vita. Ma anche gioco, sentimenti, Montagne Rocciose, musica, mare .
E così Phil, che neanche in sala operatoria vuole farsi chiamare ne’ dottore, ne’ Sir, né professore, conclude questo viaggio nella medicina, iniziato al Fornillo.
Ci si chiede allora se “ Blood, Sweat and Tears” sia solo un testo per diventare un chirurgo migliore o, ancor meglio, per restare umani.
Daniela Morandini