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    rose di Jericho

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    L’augurio per quest’anno nuovo è che fioriscano rose di Gerico. Ne avete mai avuta una tra le mani? Ha la bellezza misteriosa di un rovo d’inverno… la pensi ormai morta, ma bastano poche gocce d’umido a compiere il miracolo della sua rinascita… La chiamano la pianta della resurrezione… Con l’augurio, quindi, che possa ritrovare nuova vita un pensiero, un desiderio, un progetto, che magari si pensava già arreso.
    E il pensiero va a una storia che proprio dalla Palestina arriva, da Betlemme La storia di Hamdan Jewei, della sua disperante, impossibile condizione, che poi, un giorno… Ascoltate.
    Hamdan, che ha vissuto sulla sua pelle cosa significa essere emarginato, invisibile quasi. Chiuso in casa fino all’età di undici anni, perché di un bambino disabile c’è solo da vergognarsi, soprattutto se si vive in un povero villaggio, in una famiglia che, come Hamdan racconta, non aveva “gli strumenti per capire come comportarsi con me, non erano abbastanza ‘civili’ per capire il concetto di integrazione sociale”. Dove, anche, guardandosi intorno, è difficile trovare aiuto, strutture che aiutino, e aiutino a capire. Eppure, quando mi ha raccontato la sua storia, (…) non c’era rimprovero, nessun astio, nella voce di Hamdan, pur parlando di “prigionia”, dei problemi psicologici, della violenza che quella condizione aveva fatto crescere in lui, tanto che un giorno che la madre aveva aperto la porta della stanza in cui era rinchiuso, l’aggredì e fuggì via… Ma, davvero, nessun astio. Molta tenerezza, invece, nel ricordo dei giorni della sua mamma-bambina, che era stata sposa a quattordici anni, che dopo la sua fuga, ritrovandolo e riaccogliendolo, gli chiese… “aiutami, aiutami a capire…”
    Un riabbraccio, come le poche gocce d’acqua, che pure nutrono una nuova fioritura. Ed è allora che è iniziata la nuova vita di Hamdan. Che ha frequentato un centro sportivo che accoglieva anche persone con disabilità, che ha incontrato alcuni volontari italiani di Moire Terrena, un’associazione che di inserimento di persone disabili si occupa. Di questa, e di altre associazioni Hamdan è ora attivissimo collaboratore. Occupandosi dei molti ragazzi disabili, in luoghi dove se i disturbi psicologici, come racconta, fanno ancora tanta paura, e spesso ancora vengono negati. Impegno importante e difficile, se alla lotta contro pregiudizi e povertà di mezzi, si aggiunge il fatto che il numero delle persone con disabilità aumenta per via della pesantissima situazione nei territori occupati…
    In questi mesi Hamdan fra l’altro collabora come guida ad un progetto di turismo alternativo presso i campi profughi di Aida, di Deisha, e nella città di Gerico. Anche se per lui camminare per molte ore una dietro l’altra su stradine in discesa e in salita, su terreni scoscesi, su strade sconnesse è davvero faticoso. Per via delle sue gambe malformate e doloranti. Ma la sua voglia di vivere e comunicare è sempre stata davvero grande.
    E la storia di Hamdan, ancora è ritornata in queste settimane, per via del suo matrimonio che ha tenuto ad annunciare agli amici italiani… per via del bel regalo che in questi giorni gli è arrivato, grazie ad una raccolta di fondi che suoi amici hanno organizzato per lui: uno scooter (modello assistito per disabili) per andare a lavorare.
    A volte basta davvero poco per iniziare a rinascere… poche gocce di un abbraccio… Ma naturalmente i miracoli, perché interamente si compiano, hanno bisogno di attenzione e cura. Come ne ha bisogno, tornando alla nostra pianta della resurrezione, la rosa di Gerico. Muore, se magari la disidratazione è stata troppo rapida, o se magari non le si lascia il tempo di prepararsi alla rinascita…
    E permettetemi una nota molto personale, un ricordo molto intimo… Ma c’è un filo rosso che per me lega Gerico, le sue rose, e un gomitolo di rami addormentati che ebbi tra le mani che ancora ero bambina.
    Perché la rosa di Gerico me la mostrò un’infinità di anni fa la mia zia Carlotta, la più cara, che mi era anche madrina e, come la madrine un po’ fate, aveva tante cose da insegnare… Un giorno tirò fuori da un cassetto una piccola scatola e dalla scatola un velo, e dal velo quello che mi sembrò un pugno di rametti morti e mi parlò del miracolo di quel fiore del deserto. Ma la ripose subito via, spiegandomi che come tutti i miracoli non bisogna avere fretta di vederli fiorire… Sussurrando appena, con la stessa stupita passione di quando mi prendeva da parte, apriva cassetti, e mi narrava storie e misteri della nostra vecchia casa.
    Ed è per questo che adesso anch’io ho, in una scatola, un piccolo rovo di rami d’inverno… E’ un po’ che a tratti la prendo, osservo la piantina che so solo addormentata, esito un po’… ma quest’anno, promesso, proverò a farla rinascere…

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