“Rosalia, poi. Non so se questo nome ora è il migliore per me. Forse mi piacerebbe essere chiamata Gaia. O Margherita. Mi piacciono i nomi dei fiori. Scriverai per me un nome nuovo?”
No. Non avrebbe distrutto con un gioco di sillabe l’essenza di quel miracolo.
“Non scriverai per me un nome nuovo!?” la bambina sembrò sull’orlo del pianto e lo fissò con rabbia. Poi con sfida: “ Immagino sei venuto qui per giocare con me”.
No. Per il momento non ne aveva il tempo. Era lì per alcune domande.
“Domande?! Ho anch’io tante domande e ancora nulla e nessuno…”
Ecco, il nulla, appunto. Il nulla di mezzo dal quale era arrivata. Dov’era il luogo…
Lei lo interruppe con uno sbadiglio annoiato: “Dormire. Voglio dormire…”
Ma lui l’aveva chiamata per sapere del luogo del passaggio fra la vita e la morte.
“Il luogo del passaggio? Ah! Il luogo del passaggio! Che supida domanda” lei rise rauca. S’incupì. “Ora basta. Sono stanca. Tornerai per giocare con me?”.
Sarebbe tornato, ancora con la sua domanda.
“Tornerai almeno con un dono per me?”
“Desidero un nastro nuovo”
La vide accennare a un sorriso.
“Un nastro di colore rosso. Questo rosa che mi hanno annodato sulla testa è troppo pallido, troppo…” la voce ora si allontanava, fino a diventare un’eco sottile, che non nasceva più dalle labbra della bambina, che vide a poco a poco scomparire.
Si voltò di scatto verso la teca e vide che lei era lì, composta come sempre nella piccola gabbia di cristallo.
Andò via, preso dall’improvviso timore di perdersi nel labirinto di corridoi che pure aveva percorso decine e decine di volte. Camminò in fretta cercando di non sollevare gli occhi sulle tibie nude, sui paramenti impolverati, sulle orbite cieche e i ghigni di mandibola, sull’esercito di sentinelle stecchite in attesa lì sul luogo del passaggio fra la fine e l’inizio. E che tutte insieme, ora, sembravano burlarsi di lui, con quel loro assordante sibilare.
“Tutto bene, professore?” il padre guardiano era in agguato sull’uscita. “Rischiava di rimanere dentro, questa notte. Troppo a lungo nel luogo dei morti. Non è bene per un vivo”.
Tutto bene, tutto bene. Era solo la sua vecchia asma. Tutto bene, tutto benissimo, salutò mentre varcava il cancello. Mentre l’aria veniva trafitta dal suono acuto di una sirena in corsa.
Ritornò la domenica successiva. Aveva comprato un bel nastro di seta rosso. Rosalia lo aspettava seduta sul bordo della teca.
(4- continua)