“Avevo solo voi figli miei/ mio sereno aprile /mio colmo di melodia/ Io ero la sposa senza autorità/ una fa le tante sottomesse/ la debole / la senza voce nel palazzo di Saul…”
Conoscete la storia di Rizpà? Concubina di Saul, cui diede due figli. Morto Saul, durante il regno di Davide ci fu una carestia lunga tre anni, punizione, si disse, mandata da Dio per un giuramento che Saul aveva violato, torto che solo il sangue della sua discendenza avrebbe riparato… Così i figli di Rizpà, Armonì e Merib-Baal, furono impiccati insieme ad altri cinque discendenti di Saul. Impiccati a sette alberi e lasciati esposti. Rizpà li vegliò per mesi e mesi…
Rizpà, personaggio femminile fra i meno conosciuti della Bibbia. Che io ho incontrato nei versi di Grazia Frisina, che le dà voce in “Madri”, tre drammi brevi, che sono il canto di Rizpà, ma anche di Sara, Agar, Maria… E di queste madri e delle loro potenti figure, oggi che le madri si “festeggiano”, voglio parlare. Quelle donne che “mulieres taceant in ecclesia” qui si riprendono la parola…
La parola di Rizpà è un grido che lacera l’aria:
“La loro sola colpa, dunque / essere gli eredi di Saul/ Oh! Quale esoso pegno han dovuto pagare/ per essere nati nella dimora di un re…”.
E per cinque mesi Rizpà rimase su una roccia del monte Gelboe, ferma a guardare i corpi che erano stati lasciati lì, sospesi… a proteggerli, per impedire che animali e uccelli rapaci ne facessero scempio. E va oltre il legame materno, perché veglia e protegge tutti quei sette corpi di giovani immolati alla ragion di Stato, o di Dio che è la stessa cosa…
“Quale dio è colui che per placarsi/ si disseta col sangue degli innocenti?”
“quale giustizia è quella che ha/ le sue fondamenta sull’efferatezza/ quella che impone d’immolare la giovinezza nel nome/ di una nazione di un onore di un patto di una bandiera/ o di estinguere un debito di sangue/ nel nome di un Dio?”
Meno cruenta, ma non meno crudele, la ragione che oppone Sara, moglie di Abramo, ad Agar, la serva costretta ad unirsi al vecchio Abramo per dargli il figlio che Sara ancora non aveva partorito.
Sara e Agar, vittime entrambe della legge patriarcale di cui sono di fatto entrambe schiave, si fronteggiano:
“La grazia, la leggerezza dei tuoi gesti, la rotondità dei tuoi fianchi mi riconsegnavano impietosamente alla mia sterilità…”
“Mi dicevi sgualdrina, negra del Nilo, lupa affamata e senza coscienza. Eppure, eri stata proprio tu a volere tutto questo…”
“Perché si compisse il patto, l’alleanza”
Burattini, dunque, l’una e l’altra nelle mani di Dio…
Sara, poi, un figlio, pur vecchissima, lo darà ad Abramo che, inutile dirlo, ripudierà Agar, che fuggirà nel deserto…
E poi Maria, che tutti conosciamo. Maria che, davanti a Cristo morto: “le mie fibre tessute nelle tue e ora nelle tue sfilacciate” (nello Stabat Mater di cui abbiamo parlato… https://www.remocontro.it/2021/04/11/stabat-mater-il-dolore-delle-madri-e-di-chi-nel-dolore-rimane/ )
Rizpà, Sara, Agar, Maria… storie di madri a confronto col volto disumano di un dio che le mette alla prova su quanto hanno di più sacro. Lo spiega bene Marinella Perroni, teologa, che firma la bella prefazione a questo “Madri” (Ed. Oèdipus). E d’altra parte, aggiungo, questo Dio si era già rilevato ben poco umano quando disse poi alla donna: “moltiplicherò i tuoi travagli e le doglie delle tue gravidanze, nella sofferenza partorirai figliuoli” (Genesi… 3, 16)…
Donne, madri del tempo della Bibbia. Ma non sono storie da noi così lontane…
Quale festa oggi per tante altre madri…
“Ho perso mio figlio! Ho perso mio figlio!”… l’avete sentito anche voi quel grido, della mamma che vede il suo piccolo Joseph risucchiato dalle onde, nel video del novembre scorso che la Open Arms ha voluto rendere pubblico, perché tutti sappiano cosa succede nei nostri mari… ( https://www.askanews.it/video/2020/11/12/video-shock-del-naufragio-madre-di-joseph-ho-perso-mio-figlio-20201112_video_16543546/ ) e quante altre madri, e quanti altre grida che non abbiamo udito…
Torna il pensiero a quella da cui siamo partiti, Rizpà. Che dalla roccia sul monte Gelboe ci racconta il dolore di tutte le persone vittime della logica del potere e dei potenti, e ne chiede conto ai governanti del mondo. Come chiede oggi conto ai governanti del mondo il grido della mamma del piccolo Joseph…
Ma c’è anche un bellissimo messaggio che viene dalla storia di Rizpà.
“Niente potrà avvolgervi nel sudario del nulla”, dice. E vince. Vince perché alla fine fa che l’uomo scenda dal “piedistallo d’arroganza” su cui poggia il piede. Colpito dal comportamento di quella donna, lì sul monte da mesi, a vegliare i corpi dei suoi figli, e anche quelli dei figli di altri… Davide decide infine che sì, che quei corpi vengano seppelliti.
Grazie a lei, che riesce a ottenere che la morte non abbia l’ultima parola, quei morti diventano motivo di riconciliazione.
Permettetemi di ringraziare Grazia Frisina, che questa storia me l’ha fatta conoscere… e auguri a tutte le madri, anche a quelle che magari madri di figli propri non sono se, ancora Marinella Perroni riferendosi alle donne che hanno fatto la storia biblica, “ciò che rende una donna protagonista della storia di Dio… non è la maternità in sé, ma la capacità di viverla, perfino quando ingenera conflitto e porta in sé le stigmate del dolore, nella pienezza dell’umano… Solo così si diventa madri. Non soltanto dei propri figli…”
Dei propri figli, di un figlio d’altri, di un ricordo calpestato, di un cucciolo abbandonato, del segmento d’un fiore violato… che tutto, della vita del mondo, va difeso dall’arroganza dell’Uomo…