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    Racconti metropolitani, al tempo delle mascherine…

    Spostatevi con i mezzi pubblici, e guardatevi intorno… lo sostengo da sempre, nessun sociologo potrà meglio spiegarvi quel che ci sta accadendo…
    Ascoltate quello che mi ha raccontato il Gatto, l’altra sera, dopo cena, al rientro da alcuni suoi giri che non vi so dire. Due episodi piccoli piccoli, ma forse neanche poi tanto…

    “Il viaggetto sembrava promettere bene. All’andata – ha iniziato il Randagio – ero tranquillamente salito su un autobus lì all’inizio dell’Appia. Vettura semi vuota, cosa che non capita spesso, e ne ero abbastanza contento. Contento ancor di più notando che le persone erano compostamente sedute sui sedili dove è lecito sedersi. Rispettate le distanze, tutti con la loro brava mascherina sul volto. Insomma, mi ero accomodato sereno…”
    Fortunato, il Randagio, che vi assicuro non sempre è così…
    “Mi guardo intorno…- ha continuato – e ho notato che erano tutti, o quasi, anziani”.
    Certo che detto da uno non di primo pelo… Ma le scuole non sono ancora aperte, e chi va al lavoro in linea di massima si è mosso molto presto la mattina, quindi la popolazione, per le strade di un quartiere piuttosto anzianotto come San Giovanni, questa è…
    “Non mi interrompere, non è questo il punto” mi ha zittita.
    “Dunque, alla seconda fermata…cambio disciplinato fra chi sale e chi scende e, salito chi deve salire, si chiudono le porte. Ma l’autista le riapre, per aspettare un ragazzo che sbracciandosi e correndo correndo attraversa la piazza e con un balzo monta su affannato… così affannato che istintivamente teneva abbassata sul mento la mascherina per respirare un po’… una frazione di secondo e qualcuno urla- la mascherinaaaa! Devi mettere la mascherinaaaaaaa-…”.
    Il ragazzo, testimonia il Randagio, ha subito rassicurato tutti che certo che l’avrebbe messa la mascherina, conosceva le regole… ma era che (ha cercato di spiegare lui che, ah, fondamentale, aveva la pelle nera nera e affannava ancora) aveva corso tanto e proprio non riusciva a respirare…
    “Il poveraccio nel tentativo di giustificarsi perde del tempo prezioso, e un uomo, avrei detto sull’ottantina, che ti chiedi da dove l’abbia presa tutta l’energia per balzare su così, corre davanti per intimare all’autista di chiamare subito la polizia! Sostenuto dal borbottio degli altri anziani passeggeri, chissà se più arrabbiati o spaventati, mentre lui sembrava se lo sarebbe mangiato vivo, l’autista che molto civilmente provava a spiegare che non c’era motivo di chiamare la polizia…”
    “Io- il racconto del Randagio si fa accorato- un cenno al ragazzo gliel’ho fatto… che era inutile spiegare e che si coprisse subito naso e bocca! Cosa che ha fatto, pur continuando a voler spiegare che conosceva le regole, ma che proprio subito non aveva potuto…”
    Tutto a posto, dunque…
    “Macché!” è sbottato il Gatto. “L’ostinatissimo vecchietto, ribadendo il fatto che sarebbe stato ‘dovere’ dell’autista chiamare la polizia, ma non potendo più nulla contro il ragazzo ora in regola, forse più arrabbiato di prima ha biascicato un ‘vengono dall’Africa per infettarci!-… accompagnato da qualche oscillar di teste grigio-bianche in segno di assenso…”
    E si vede che anche per il civilissimo autista è stato troppo se, ha raccontato il Gatto, ha aperto la porta di vetro che isola il suo spazio, ha allungato sui passeggeri uno sguardo fra lo stupito e l’inquieto, e… “e che c’entra l’Africa? poteva venire anche da la Spezia ad infettarci, no?!”
    “Ti risparmio il borbottio, contro l’autista, in sostegno al vecchio… che è tornato cupo al suo posto borbottando a denti stretti: ‘buonisti del c***!’. Già, buonisti del caz**, gli ha fatto eco qualcun altro… Ti rendi conto? Invecchiando si diventa così acidi?”.
    Per evitare che arrivasse a facili conclusioni, ho provato a dire che di gente che ce l’ha con cosiddetti i “buonisti” ce ne è di tutte le età, e poi spaventati per questa storia del virus che ci vuole portare via forse lo si è in molti…
    “Ma non è finita qui!”.
    “Sempre questa mascherina di mezzo… sul percorso del ritorno. Mi trovo difronte a due signore, diciamo sulla settantina, piuttosto distinte, diciamo così, alla giusta distanza l’una dall’altra (e da me). Una delle due abbassa la mascherina sotto il naso… -se la alzi!- le intima l’altra con uno sgarbo che non ti saresti aspettato. -Io faccio quello che mi pare!- la replica sgarbatissima che mai avresti detto per una anziana signora vestita così a modo. – Lei se la deve alzare! – l’altra, ancora… -io faccio quello che ca*** mi pare!- la risposta sprezzante e, diciamolo, cafona. Al che la prima: – e certo che bisogna diventare vecchi per arrivare a dire parolacce!”
    “Ti risparmio- ha concluso il Gatto – lo scambio di sguardi e fulmini che ne è seguito. E mi sono sentito così imbarazzato, per loro, che sono sceso dal bus, senza aspettare di arrivare alla mia fermata…”
    Al Randagio le parolacce non sono mai piaciute (questione di educazione), ma pronunciate dai vecchi gli fanno ancora più impressione. Chissà, forse perché ci si aspetta che il tempo, l’età, il candore dei capelli… tutto ammorbidisca, anche i gesti, anche moti dell’animo…
    Mi ha risparmiato comunque considerazioni sociologiche a proposito della fragilità dei vecchi, delle loro paure, delle chiusure che ne nascono soprattutto in questi tempi minacciosi e confusi, e ha concluso…
    “Diciamo la verità, e permettimi la citazione: ‘non si trovano, o si trovano pochissime, anime che, invecchiando, non prendano sentore di acido e di muffo’. Montaigne…”
    Mi riservo, appena possibile, di smentirlo. Almeno spero…

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