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    Quel bambino di vetro…

    “Caro diario, quando arrivasti eri un regalo come gli altri, non mi aspettavo da te nessun tipo di consolazione. Eri una delle tante cose che chi viene in visita a mia madre porta a me. No! Tu da subito fosti addirittura di meno: un pacchettino colorato nella borsa della signora Eloisa. Un libro, pensai contento quando ti vidi, un libro d’avventura magari, sperai, temendo come al solito, con una parte di me, che tu fossi semplicemente una scatola di biscotti. E invece eri ancora di meno. Eri un quaderno vuoto”.

    Ma questo quaderno vuoto si riempie presto del racconto di un anno molto importante della vita di Pino, bambino di vetro, e “Il bambino di vetro ” è il titolo del libro scritto da Fabrizio Silei, pubblicato da Einaudi ragazzi. Ma chi è questo bambino di vetro? E’ quel bambino, spiega Silei, che appartiene all’infanzia di ciascuno di noi… quel bambino che vedevamo sempre dietro i vetri della finestra delle sua stanza, della sua casa, e mai abbiamo incontrato, mai è sceso a giocare con noi, e noi mai abbiamo saputo perché. Immagina ora, Silei, che quel bambino sia un bambino malato. La malattia di Pino, si intuisce, è l’emofilia, malattia che però non viene mai citata, perché Silei in realtà vuole parlare anche di qualcos’altro che pure considera un male del nostro tempo, la fine delle infanzie libere e un pò scapestrate di noi ex ragazzi, oggi quarantenni e più. Infanzie e adolescenze libere che non esistono più. Che esistono, anzi, sottolinea Silei, solo per ragazzi che vengono da altri paesi, da altri mondi, dove diverso è il senso che viene dato alla vita. Infatti dopo una delle sue piccole-grandi fughe, il protagonista scrive nel diario: “una volta a casa mi hanno lavato e sistemato, come per togliermi di dosso il profumo del mondo”.. e questo bambino malato in fondo aiuta a vedere e sentire il profumo dove la mamma vede solo pericoli…

    La voglia di vivere di Pino è grande, nonostante la malattia vuole essere come i ragazzi della banda che spia dalla finestra della sua stanza. Marco, ad esempio, che sembra rappresentare la vita piena di chi non è malato. Marco rappresenta piuttosto, spiega Silei, l’amicizia, che sola può aiutarci ad orientarci nelle strade del mondo, e proprio grazie a Marco Pino riescere a rompere il vetro che lo separa dal mondo e vivere, come oggi riescono a vivere anche i bambini emofiliaci, finalmente “rotta” la cultura degli anni passati che li voleva prigionieri di una vita senza vita. Nel libro accadono tante cose, avventure che non sveliamo, però l’idea della morte è sempre in agguato, ed è pensiero grave, troppo pesante per un bambino, pensiero che rende comunque adulti, e Pino, quando parla della morte ha cenni da adulto. E straordinariamente bene Silei riesce a immedesimarsi e trasmetterci la vita e il sentire di un bambino emofiliaco, che è bambino di vetro, e se si muove rischia di rompersi… Basta davvero poco a rompere un bambino di vetro, un urto, una ferita, una corsa… e più di una volta il protagonista rischia la vita, però Silei fa dire a un medico “non è poi così facile morire, la vita è tenace anche nelle piante più fragili”. Una bella lezione, per tutti… E infatti il diario di Pino a pagina 207 finisce, ma non finisce la sua vita.. lo incontriamo, Pino, adulto e con i suoi bambini, che ritrova il diario di un tempo… e si commuove al ricordo di Marco, quel ragazzo forte e robusto che tanto lo ha aiutato, e che invece, proprio lui, è morto… insomma, la vita è sempre una sorpresa…

    Sulla copertina del diario c’è un pavone che combatte contro un drago. Dedichiamo allora questo libro a tutti i bambini-pavoni che, dice Silei, hanno cento occhi come cento sono gli occhi della coda del pavone per abbracciare il mondo, e questa è forse la cosa più bella dell’infanzia. E forse missione dello scrittore, scrivere anche di queste storie, parlare di questi bambini, eroi sileziosi, eroi tutti i giorni …

    Il bambino di vetro“, Fabrizio Silei, Einaudi Ragazzi.

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