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    Quale amore, dunque…

    frammenti 1Quale amore, dunque. Vittorio da Rios indica la strada… Ascoltate:
    “Vi è sempre una giustificazione filosofica e culturale al caos. E quello attuale è un caos del tutto anomalo, di cui ancora non ce ne rendiamo conto della vastità. Nel nostro paese travagliatissimo, tragedia che inizia nel secolo breve con la Prima Guerra Mondiale, paradossalmente “l’emancipazione” femminile parte anche da lì, il lavoro nei campi, in fabbrica per sopperire alla mancanza degli uomini mandati come carne da macello in trincea. Poi la più grande catastrofe umanitaria della storia dell’ominide determinata dall’evento del nazifascismo. Ma quello che ha radicalmente modificato i rapporti tra la donna e l’uomo, ma in generale l’amore tra le creature umane a prescindere, è stata la cannibalizzazione da parte della cultura industriale, “abbandonato il grande progetto industriale di Adriano Olivetti”, della Grande civiltà agricola-contadina. E ora in piena era post-industriale, l’uomo e la donna si dimostrano smarriti spesso primi di entità oggetti inermi della devastante era dei telefonini e del digitale. L’uomo tecnologico robotizzato sta vivendo una tragedia mai prima sperimentata. Il mostro tecnologico di potenza è sfuggito al controllo all’uomo stesso. Vi è tutta una vasta letteratura in materia con specialismi vari: sociologici, psicologici, ermeneutici, ecc. ecc. ma nulla cambia la sua irreversibile essenza: “la scomparsa della nostra umanità”. La brutalizzatone dei rapporti tra le creature, la mercificazione come paradigma di valori. L’altro vale in quanto entità economica. La depravazione e modificazione antropologica compiuta o quasi dalla nefasta cultura tecnologico-industriale nei confronti dell’ominide odierno. E dentro questo paradigma fondato sulla violenza e prevaricazione, sull’avere e non sull’essere, che si consuma lo stesso rapporto amoroso tra le creature umane. Il femminicidio e la precarietà spesso dei rapporti di amore sono l’epilogo della metamorfosi del concepire l’amore. Non come straordinario dono: il donarsi e il rafforzarsi del dono e dell’amore nell’incontrare le immancabili difficoltà della vita, ma ritenere l’altra o l’altro un mio possesso. Il possedere, quindi non amare. Lo sterminio prima della donna poi della intera famiglia da parte dell’uomo dimostra tutta la tragica vulnerabilità odierna non solo della coppia ma dell’amore e del vivere i sentimenti dentro il tragico e inumano paradigma del possedere che è in antitesi e causa degli odierni cataclismi, rispetto all’amore e al donarsi. Amore e dono strumenti indispensabili per comprendere e gestire anche la fine di un amore o la modificazione di una storia amorosa quando diventa altra cosa. Il tradimento è costante della nostra condizione umana. Tradiamo spesso, nei fatti economici, nelle scelte ideali, nei rapporti quotidiani con l’altro. E quindi anche nei rapporti amorosi. Siamo fondamentalmente portati a “tradire”. L’incoerenza è ancora strutturale nell’attuale ominide, pre-sapiens nonostante la sua presunzione di onnipotenza rimane miseramente tale, imbarbarito dalla consapevolezza della sua precarietà e finitezza biologica. Chi e come si può all’ora salvare, si chiede Cacciari, visto che il paradigma attuale della “ragione” e del sapere si dimostra inadeguato, quanto quello della religione e della fede? Solo l’amore oserei dire totale e infinito. La consapevolezza che l’altro è te stesso una parte irrinunciabile di te potrà salvarci da sicura catastrofe. E, aggiungo, un’alta consapevolezza del sapere filosofico-scientifico su basi planetarie, sintesi dei migliori saperi fin qui elaborati in millenni di storia dell’ominide. Vittorio da Rios

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