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    “Posa, posa!”. Eduardo a Positano

    Appuntamento a Positano, dunque. Il 15 ottobre…
    Ma come nasce questa mostra? Cos’è scoppiato tutto intorno? Ascoltate come ce lo racconta Daniela Morandini…

    “Ho digitalizzato questi negativi quando la pandemia ha imposto di chiudere i teatri e, forse, anche le menti.
    Sono le foto di scena degli ultimi capolavori di Eduardo, 1979-80: Sik Sik, Gennareniello, Il berretto a sonagli. Maschere, sentimenti e voci di dentro che mi hanno accompagnato per quasi cinquant’anni.
    Eppure, rimettere a fuoco questi primi piani mi ha restituito segni che sembravano definitivi.
    Gli eredi De Filippo mi hanno autorizzato ad andare avanti.
    E’ nata quindi l’idea di una mostra a Positano, proprio davanti a questo mare, dove Eduardo, dalla sua isola di Isca, riscrisse in lingua partenopea La tempesta di Shakespeare.
    Mi ha dato fiducia Il Comune della città verticale. Mi ha supportato Peppe Desiderio dell’Associazione Iosiamo, che qui lavora per la bellezza e per la libertà d’espressione. Mi ha sopportato Roberto Staiano, il paziente grafico di Meta, che ha rimediato alle mie incertezze e ai miei errori.
    Insieme abbiamo costruito una mostra che vuole uscire, entrare nelle scuole e riportare nelle classi del Sud un po’ di quella magia che è andata perduta e che i millennial non conoscono.
    A questo progetto e’ arrivato l’abbraccio forte e discreto di chi, negli anni Settanta, ha costruito un capitolo irripetibile della nostra cultura.
    Cantore immenso della tradizione e della napoletanità contemporanea, Peppe Barra non può fare a meno di ripartire da sua madre, Concetta Barra:
    “Quante volte sono andato a vederlo a teatro quando recitava con mamma! Eduardo era un genio con gli occhi da bambino! Ho avuto la fortuna di conoscerlo bene e, anche se non abbiamo lavorato insieme, mi ha lasciato tante emozioni, tanti consigli saggi…Ecco, quelle magie ora sono qui…”
    E pare volerci portare in un cunto Giovanni Mauriello, Fondatore storico della Nuova Compagnia di Canto popolare, e fiabesco interprete delle danze di sfessania, quei balli dionisiaci dei comici dell’arte, che percuotevano, battevano, ripetevano fino all’ossessione

    Uno doie tre quatto
    cinche sei sette otto …
    o Lucia,Lucia,Lucia,Lucia mia
    (anonimo 1799)

    “Chissà perché noi napoletani continuiamo a mettere ‘a carne ‘a sotto i maccarùne ‘a coppa.. – si chiede Mauriello-. Vuol dire che sono saltate le regole, che qualcuno fa qualcosa che non sa fare, che le cose importanti stanno sotto e quelle da poco stanno sopra. Qualcuno di noi se n’è andato, qualcun altro non c’è più. Qui a Napoli siamo creativi, ma non ci sappiamo organizzare, o forse non è più il momento buono…Fatto sta che la rivoluzione della Nuova Compagnia di Canto Popolare è stata svilita…Pensate a quante persone appendono i tamburelli al muro, solo perché fa scic…!.
    E allora mi piacciono questi ritratti di Sik Sik, di Gennareniello , di Ciampa . Questi personaggi ci chiamarono a suonare al San Ferdinando, tra un atto e l’ altro. Eduardo ci aprì le porte per il primo concerto al Festival di Spoleto…E poi Roberto De Simone… La gatta Cenerentola…Mi voleva bene Eduardo…”
    E da allora, tra tammurriate e villanelle, non si è mai fermata Fausta Vetere, la Voce femminile della Nuova Compagnia di Canto Popolare:
    “Sono rimasta l’ultima della NCCP originale, e mi sento molto responsabile. E’ cambiato tutto, ma bisogna insistere a capire, ripensare. Erano gli anni ’70 quando Eduardo ci venne a sentire per la prima volta al Conservatorio, ma se ne andò quasi subito.
    Sono uscito – mi spiegò- perché la gente non ascoltava voi perché c’ero io.”

    Eduardo tornò da quei musicisti al Teatro Esse, esse come sperienza , secondo il linguaggio di Leonardo da Vinci. Qui si muoveva la ricerca di Gennaro Vitiello, la voglia di aprire la cultura della città e di andare oltre la tradizione dialettale.
    “ Siete troppo bravi– continua Fausta Vetere- fuitevenne da Napoli , ci disse Eduardo con tanta amarezza-. Fu lui che ci fece andare al Festival dei Due Mondi e che ci aprì le porte del successo.
    Mi chiamava ‘a signora e, ogni volta che veniva in camerino: mi chiedeva:
    “ Me facite -Donna ‘Sabella?- ”, perché sua moglie si chiamava così, come la principessa di Salerno.
    Sono consapevole di essere l’ultima della vecchia NCCP, ecco perché credo che le vostre foto non siano normali. Dietro alla faccia del Maestro, alla maschera, dietro ad ogni ruga, c’è Napoli, le invasioni, i Borboni, i suoni, i vissuti, le storie. Queste foto scavano dietro…”
    La fiducia che il drammaturgo partenopeo diede a questi musicisti torna ancora più forte nelle parole della sua Compagnia, ora vecchi attori con il fare da galantuomini.
    Lucio Allocca, oggi popolare per un Un posto al sole, quasi si commuove, ci manda una locandina ingiallita e ci racconta:
    “La mattina del debutto di Sabato, domenica e lunedì, nel ’69, all’Eliseo di Roma, Eduardo mi disse:
    Lei oggi cambia personaggio: invece del dottor Cefercola, farà Federico, l’amico del figlio,perché l’altro attore se n’è andato… Tanto la parte la sapete,no…?”
    Quell’attore era Luca della Porta, cioè Luca De Filippo, allora sotto esame, in attesa che il padre gli concedesse il suo nome.
    “Così debuttai – prosegue Allocca con un sorriso di compiacimento-. Eduardo fu contentissimo, mi aumentò la paga ma, soprattutto, fece ristampare subito le locandine con il mio nome. Nessuna pecetta, come quando si sostituisce un attore! Quanta fiducia in quel gesto!”.
    Rimbalzano così i concetti di fiducia e di percezione del tempo. Marzio Honorato, anche lui ora tra i protagonisti di Un posto al sole, aveva ventisette anni, quando entrò nella Compagnia di Eduardo:
    “Ero giovane e, a volte, il Direttore, perché si faceva chiamare così, mi sembrava austero, scostante. Si lavorava e basta. Non mi rendevo conto che stava scartando l’inutile. Ho capito con gli anni cosa significa pulire, non perdere tempo per nulla, togliere il superfluo…Come nelle vostre stampe in bianco e nero”.
    Anche Sergio Solli, giovanissimo nelle foto di Gennareniello di questa mostra, ci parla di rigore e ci ricorda che “ Eduardo, prima di morire, disse:
    E’ stata una vita di sacrificio e di gelo: così si fa il teatro e io così ho fatto, mail cuore ha tremato tutte le sere. Anche stasera mi batte il cuore e continuerà a battere anche quando si sarà fermato.
    Infatti –continua Solli- il cuore di Eduardo continua a battere in tutti i teatri d’Italia e anche qui”.
    Quel modo essenziale di essere lo ribadisce anche Giancarlo Sepe, memore di quando, nel ’77 a Spoleto, si presentò al drammaturgo che, con Nino Rota, stava lavorando alla messa in scena di “Napoli milionaria”. Sepe gli spiegò che il suo piccolo teatro, La Comunità di Roma, stava subendo un processo legato alla vendita delle tessere dell’Associazione culturale, che consentiva l’ingresso a quello spazio.
    “ Cheste so’ cos’e pazze- mi disse solo Eduardo, poi preparò una lettera da leggere in tribunale e tutto finì bene. Io -aggiunge Sepe- ho poi ho messo in scena tante sue commedie… ma non è sufficiente a ricordare la grandezza di chi, insieme con Pirandello, è stato il più grande autore italiano del ‘900”.
    ”E non sottovalutiamo –aggiunge Marisa Laurito- anche quanto Eduardo ha fatto per i ragazzi, soprattutto per quelli a rischio: li chiamava bambini a metà “.
    Le idee si sovrappongono, i ricordi si amplificano, la nostalgia si fonde alla voglia di andare avanti. Con queste foto, sono arrivate emozioni, gratitudine. Abbiamo percepito anche un po’ di pucundria, quell’antico sentire partenopeo che non si può tradurre: solitudine…malinconia…tristezza…
    Ma ci è arrivato forte anche il sentimento urbano di Francesco Limite, un poeta di Napoli:
    “Vedo in copertina la faccia rugosa di Sik Sik: Io c’ero al San Ferdinando, affacciato alla balconata, proteso come a volerla accarezzare quella faccia… Eduardo è stato il mio primo teatro, i primi versi che ho letto..ma questa non è un’ eccezione, soprattutto non lo é per un poeta metropolitano…”

    Daniela Morandini









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