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    “Orizzonti Ristretti” sempre più. Per chi e perché…

    ristrettiLe domande, non finiscono mai…
    Ma perché mortificare una bella realtà che tanti buoni risultati ha dato e pure tanti riconoscimenti negli anni ha ricevuto? Perché… perché…
    Domanda che turbina intorno come un vento scomposto, mentre leggo di quel che accade a Padova. Nel carcere di Padova, il “Due Palazzi”, dove rischiano di essere drasticamente ridimensionati tutti i progetti di Ristretti Orizzonti.
    “Ristretti”, come familiarmente la chiama chi intorno al mondo del carcere gravita, è una redazione fatta di volontari e detenuti intorno alla quale, in più di vent’anni d’attività, sono nati progetti straordinari, percorsi culturali che tante cose in meglio hanno cambiato, nel carcere e nelle persone… non solo per chi è dentro, ma anche per chi, da fuori, vi è entrato in contatto… e da anni è importante punto di riferimento per tutte le persone che, in un modo o nell’altro, si occupano di Giustizia.
    Fra le tante cose, permettete l’ottica professionale, dalla redazione di Ristretti arriva ogni giorno una rassegna stampa unica in Italia. E quasi viene da piangere a leggere l’articolo, che è un editoriale, una denuncia, un appello… con il quale nei giorni scorsi ha aperto la rassegna Ornella Favero, che di Ristretti Orizzonti è direttore, e con grande determinazione e forza l’ha guidata e fatta crescere… leggete anche voi… (http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/nelle-carceri-si-sta-perdendo-la-speranza-nel-cambiamento-e-anche-ristretti-e-a-rischio).
    Un’altra triste pagina, viene da dire, dell’aria che tira… mentre sta morendo la speranza del cambiamento per cui pure in tanti hanno lavorato e, purtroppo, non penso solo a Padova. Temendo sia proprio vero quello che ha scritto Damiano Aliprandi, attento collega de “Il Dubbio”, che “il sistema penitenziario è un ottimo indicatore per capire in quale direzione sta andando il nostro Paese…”
    Questa tremenda aria che tira, che oggi ci fa guardare attoniti a una politica che si muove fuori dalla legge (vedi il Viminale)… che sembra volere mura sempre più invalicabili, e non solo quelle del carcere… Opporvisi significa anche continuare a testimoniare, spiegare…
    Io devo dirvi che se qualcosa del carcere (e della nostra società) ho capito, è stato anche varcando i cancelli di quel di Padova. Sempre più convincendomi del fatto che, per una seria riflessione sul senso della pena (e della società che vogliamo), il salto vero di conoscenza e riflessione si compie solo con il confronto diretto. Cosa che al Due Palazzi si fa da tempo anche attraverso incontri con le scuole, grazie al progetto che a Padova e nel Veneto ha portato migliaia di ragazzi a parlare, pensate, di legalità in carcere.
    Ascoltate le parole di Sofiane…:
    “Credo che il carcere e la scuola sono lontani e diversi tra di loro, ma condividono lo stesso fine, l’educazione dell’uomo. (…) noi raccontando le nostre storie è come se regalassimo una specie di “sfera di cristallo” dove i ragazzi possono vedere un futuro pieno di sofferenza, se si segue un percorso di vita sbagliata come quello che abbiamo fatto noi… Così spieghiamo loro che ci sono tanti motivi che possono portare a scivolare in comportamenti rischiosi, scelte sbagliate, (…) anche se io ritengo che siamo responsabili unicamente noi delle nostre scelte e che dobbiamo accettare le conseguenze di ogni atto, parola e pensiero per tutto il corso della nostra vita..”
    E ascoltate Massimiliano…
    “Oggi ho per la prima volta capito che tutti hanno del bene e del male insieme, e che bisogna nutrire la parte di bene che ognuno di noi ha. So che questa potrebbe sembrare una conclusione piuttosto ovvia, ma per me, senza il vostro aiuto, non sarebbe stato nemmeno lontanamente concepibile. La mia idea di carcere è cambiata, non voglio (non vorrei) che fosse un luogo che impoverisce le persone, che le fa crescere nel rancore e fa passare la voglia di vivere. (…) La mia domanda su che cos’è la giustizia si è di nuovo aperta…”
    E Lorenzo:
    “Una giornata particolare, oggi. Abbiamo incontrato una classe di ragazzi sordomuti, il loro silenzio non lo sentivo. Certo può sembrare un controsenso, la realtà è che vederli comunicare con il loro alfabeto è stato straordinario”.
    Ancora uno studente, al termine di un incontro:
    “… sì, sto riflettendo… sul valore della libertà”…
    Anche questo oggi si vorrebbe “drasticamente ridimensionare” (cosa che poi rischia sempre di essere l’inizio della fine). Eppure quest’esperienza in particolare mi ha sempre fatto pensare che gli incontri fra studenti e persone detenute andrebbero piuttosto in qualche modo “istituzionalizzati”, che dovrebbero entrare nei programmi di tutte le scuole… Sarebbero, per tutti, veri laboratori di conoscenza e di relazioni e di vita… per chi è dentro e per chi è fuori…
    E vi invito ad affacciarvi sulla realtà tutta di Ristretti Orizzonti, e a sostenerla… Pensando a quel che ha scritto il professor Giuseppe Ferraro, che è docente di Filosofia della Morale e anche in carcere tiene corsi di filosofia e parla del carcere come specchio infranto della società, quello in cui la democrazia si infrange: “Pericle si vantò della democrazia parlando con orgoglio di come avesse fatto della sua città una scuola. Questo manca sempre alla democrazia per essere tale. Anche il carcere reclama di diventare una scuola, dalla quale ci si può licenziare con merito o essere detenuti per ripetizione, ma dove non si può ripetere sempre la stessa classe quando si è stati promossi a essere se stessi a pieni voti…”
    “Se le scuole fossero meno carceri, se le carceri fossero più scuola…”, una scuola come quella alla quale “Ristretti”, con il suo lavoro e tutte le sue iniziative, ha dato vita. Perderla sarebbe una grave regressione. Per tutti noi.

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