Se devo essere sincera, avrei preferito restare nel mio letto di melma e ombre, senza incamminarmi di nuovo attraverso tutto lo spazio dell’acqua per riaffiorare quassù. Ma poi, non ho resistito. Non ho resistito al richiamo di quello sguardo puntato sulla superficie del mio lago. Ne avvertivo il raggio freddo, implacabile. Indifferente, forse, al fastidio che mi dava. E così l’ho visto: un occhio perfettamente rotondo. Nero. Senza battito di ciglia. Aveva la fredda determinatezza delle cose morte. L’ho fissato. Ho sorriso. Ma il riflesso di me che l’occhio di vetro ha catturato è solo un’evanescente curva stralunata. Comunque è stato divertente, poi, sentirli arrivare. Tutti gli altri. In comitive, in coppia, in solitudine. Tutti a puntare sulla superficie quei meccanici occhi di vetro. Spaventati e attratti da me. Dal mostro del lago. Riflesso dell’inconscio buio del loro cuore. Ma nessuno, non così, coglierà mai la verità della cosa mostruosa che sono condannata ad essere. Io, Nessy. Nessuno potrà vedermi, come davvero solo mi hanno vista gli occhi di chi ho abbracciato, stretto stretto fra le curve del mio corpo. Qui, sul letto di melma di questo fondale.