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    Mi ritorni in mente…

    Domani, ottanta anni fa, nasceva Lucio Battisti… e ci ritorna in mente. Ci ritorna in mente oggi anche grazie a una lettera indirizzata nel 1992 al nostro editore preferito, Marcello Baraghini, e scovata da Daniela Piretti che la storia di quella lettera racconta, fra infinite altre cose, in “Balla coi libri”, il suo libro sulla vita dell’editore che, in Italia, ha fatto la storia della controcultura.
    E sentite Daniela Morandini cosa ne dice…

    “Per non sentirmi un verme, sono costretto a partecipare a queste fottutissime elezioni e a darti il mio fottutissimo voto”.
    Finisce così una lettera di Lucio Battisti a Marcello Baraghini, l’editore di Stampa Alternativa e dei libri Millelire, l’editore che per primo ha pubblicato Goliarda Sapienza. Daniela Piretti trova questa lettera tra le bozze e gli appunti di Baraghini, candidato nella lista Pannella alle elezioni del 1992, e lo racconta nel suo “Balla coi libri”, la storia di questo protagonista di cinquant’anni di controcultura. Tra le battaglie di quell’epoca, il volume mette a fuoco una questione aperta negli anni Sessanta.
    Sono tempi di impegno e Lucio Battisti, che ha dieci ragazze solo per lui e che per una lira si venderebbe tutto, anche i sogni, é considerato un qualunquista. La sua voglia di guidare come un pazzo a fari spenti nella notte viene interpretata come il ghiribizzo di un borghese annoiato. La diffidenza cresce quando il musicista intona una storia finita con un colpo di fucile: un amore con una ragazza dell’Est, forse al di là del Muro. Con “La canzone del sole”, che evoca un mare nero e si chiede se la fiamma sia spenta o accesa, il Movimento studentesco lo ritiene un fascista. Ancora critiche per la copertina de “Il mio canto libero”: una fotografia di mani alzate che viene letta come un riferimento al saluto romano. Mentre ne “La collina dei ciliegi” Battisti canta planando su boschi di braccia tese, girano voci che sia uno dei finanziatori dei gruppi di Azione nazionale di Mario Tedeschi e Gianna Preda, direttori de “Il borghese”.
    Mogol, che scrive le parole di queste canzoni, smentisce. Battisti tace. Bruno Lauzi sostiene che l’idea di finanziare qualcuno lo avrebbe fatto stare male, visto che faceva fatica anche a pagare il tram. Nei cortei di estrema destra si scandisce o mare nero mare nero mare ne... e “Re Nudo”, giornale di musica e di controcultura, insiste sul legame tra la destra eversiva e il musicista. Dario Fo, in “Ci ragiono e canto”, demolisce i suoi testi. Ma “anche se non tutti sono capolavori”, come dice Nanni Moretti in “Bianca”, tutti ascoltano Battisti e lo sanno a memoria. Mina duetta con lui a Teatro 10, una trasmissione televisiva del 1975. L’Ansa del 16 aprile 2016 riporta che molti suoi dischi sono tra gli oggetti sequestrati a Milano, nel covo delle Brigate rosse di via Monte Nevoso. Le frasi delle sue canzoni entrano nel parlare comune: ancora tu, ma non dovevamo vederci più?”. Non c’è scampo per chi si chiama Francesca: no, non può essere lei! Non c’e tregua per tutte le Anna: quanti e quanti sì! Molte bambine si chiamano Linda, come quella fanciulla che balla, ride sempre, non parla mai d’amore, però non sa mentire mai. E’ primavera se ci sono i fiori rosa, fiori di pesco e se piove non può essere che una giornata uggiosa. Se qualcosa va storto, è meglio prenderla così… non possiamo farne un dramma! Quando ci si deve alzare presto, la sveglia deve essere alle sette e quaranta. Presto presto
    Dagli accordi della sua chitarra escono figurine con le calzette rosse, vestite di fiori o di fari in città. Nell’immaginario collettivo passa il carretto di un uomo che grida “gelati!”.
    Sono musiche e parole che attraversano schemi e generazioni, si riproducono trascendendo gli autori e le loro vere o presunte posizioni politiche, così come accade, anche se il paragone è iniquo, per i film di Don Siegel, di John Ford, o di Clint Eastwood.
    Finito il sodalizio con Mogol, Battisti si ritira alle scene e compone temi surreali con Pasquale Panetta: vuole che le sue note vadano avanti da sole. E così è stato. Ora che il musicista avrebbe compiuto ottanta anni, Daniela Piretti racconta come questa dichiarazione di voto riesca a farsi spazio tra le vecchie carte. Le ritorna in mente il cantautore tanto amato dalla ragazzina che sarebbe diventata la militante di un altro suo libro, “La vita trema”. Tira un sospiro di sollievo nel sentire il compositore lontano dalla destra, ma lascia al lettore il giudizio su questa pagina, che si apre con un paradosso perché, scrive Lucio Battisti, votare Baraghini non serve assolutamente a niente:

    (…) Non serve a far tacere Cossiga.Non serve a sferzare la letargica sinistra italiana. Non serve alla politica. (…) Ti posso enumerare da subito quali nefaste conseguenze potrebbe avere la raccolta di un numero di adesioni sufficiente a spedirti al parlamento:
    -uscire dalla semiclandestinità per rimarcare il tuo passato di militante della libertà (137 procedimenti giudiziari per reati d’opinione) non omologato e non irreggimentato.
    -(…) riaffermare la libertà di musica
    -(…) ripulire l’etere dalla monnezza consumistica e rincoglionente

    stimolare i vecchi e i nuovi scrittori
    (…)
    P.S. maledetto rompicoglioni avevo deciso di non andare a votare: sono stato costretto a ragionare per scriverti questa lettera ( e ragionare, di questi tempi, è pericoloso). Per non sentirmi un verme sono costretto a partecipare a queste fottutissime elezioni e darti il mio fottutissimo voto.


    Quel voto non arrivò mai, perché Baraghini si ritirò dopo alcune divergenze con Pannella. Eppure, questa lettera resiste e Daniela Piretti non solo mette un punto alla questione Battisti, ma dimostra con leggerezza come sia possibile un approccio rigoroso e laico per ogni prodotto dell’industria culturale che sappia mantenere la propria unicità.

    Daniela Morandini

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