Una madre. Che è davvero difficile levarsela dalla testa. L’avrete vista… in qualche spezzone di tg, negli anni passati, al tempo delle denunce e poi del processo per l’omicidio di suo figlio. Peppino Impastato. E oggi che cade l’anniversario della morte di quel suo figlio, ritorna in mente, con forza, il volto di lei. Felicia Bartolotta Impastato. Alla sua figura, alla sua fierezza, sono stati dedicati libri, filmati. Un nuovo lavoro proprio questa settimana andrà in onda in tv…
Ancora un pensiero oggi, a Felicia, che era moglie di un uomo di mafia e madre di un militante di sinistra che la mafia volle combattere. Quale più grande, intima, lacerazione. Ma presto, prima ancora della scelta inequivocabile dopo l’uccisione del suo Peppino, non vede compromessi di sorta. Ed è Madre. Non era, non è, una scelta scontata. Che troppe sono le gabbie, dentro e fuori di noi.
Andate a riascoltare oggi, che si celebrano le madri, questa mamma Felicia. Basta sfogliare le pagine di youtube…
Osservate. Il suo viso minuto e morbido, gli occhi spalancati dietro le lenti che ancor più dilatano lo sguardo. Dentro il cerchio della montatura sembrano ancora più stupiti, mentre lei parla della più lacerante delle lacerazioni…
“C’era l’infermo in questa casa.. (…) non ci posso pensare… quando lo voleva buttare fuori di casa…“ La casa nei guai… nei guai… nei guai… me lo buttava fuori”. Già, il marito… E ancora punta il dito contro di lui “No!”
E la tenerezza con la quale ricorda come ancora nutriva il suo Peppino, come lo accudiva, con i gesti con cui sempre accudiscono le mamme…
“Di nascosto lo facevo mangiare … poi si affittò una casa… di mattina ci portavo la biancheria”. Di nascosto e contro il marito. Per quel suo figlio ostinato, alle cui ragioni piano piano anche lei si stava avvicinando.
Parole tra loro leggere… “Sai Peppino, gli dissi, voglio mandarti in California, da una cugina mia, per un periodo di riposo… non ti farò mancare niente”. “Io ci vado in California, accetto questo tuo regalo… ma mi porto in municipio…”
E ancora lei si spaventa raccontando: “Non può essere figlio… che sei un elemento scomodo… Ti ammazzano figlio! Tu sei un ragazzo, hai la vita davanti. Ti laurei… ti rinforzi con il partito… con l’età.. poi puoi fare tutto…”
E mai lo sguardo di madre si è allontanato dal figlio: “Non era solo lui, erano quindici ragazzi.. certo, il mio era più intelligente degli altri… e faceva i comizi… Lo immaginavo, lo immaginavo che me l’ammazzavano.. e ce lo dicevo…e ce lo dicevo… Peppino sta’ attento… lo sai a quale famiglia appartieni”.
Ha gli occhi ancora increduli, Felicia, mentre racconta il più dolente dei dolori.
“I colpi di pietra in testa… l’hanno trascinato sul binario… come si fa a sopportare, come si fa…”
Felicia Impastato è stata fra le prime donne a costituirsi parte civile, insieme al figlio Giovanni, in un processo di mafia. Una forza incredibile, la sua, che non si è mai fermata
“Ho difeso mio figlio e lo difenderò sempre finché avrò gli occhi aperti”
E gli occhi rimangono sbarrati: “Certo la ferita mi restò aperta… ma sono orgogliosa!”. Guardate il suo sguardo fiero mentre per un giornalista venuto da fuori ancora racconta: “Adesso di lui tutti, tutti ne parlano… vengono a parlarne anche dalla Palestina, dal Marocco, dall’America. Un prete dal Perù oggi prega per noi. Dal Perù…”
Un pensiero a questa madre, che ha continuato fino agli ultimi giorni a testimoniare le parole del figlio, contro la mafia “che non si combatte con la pistola, ma con la cultura”.
Guardando e riguardando il volto di Felicia Impastato, che è morta nel dicembre di dodici anni fa, la sua fermezza dolce, che mai urla, mai alza la voce, che mai diventa lamento. Ma procede e ribadisce, e denuncia lucida. Sorride persino, e le sue labbra sembrano ferita su volto di luna, mentre con fiero garbo rinnova parole di un racconto tremendo.
Non urla, non si lamenta. Il suo è il ritmo di un cuore che batte, come tamburo sommesso… Come, ho pensato riascoltando, voce di tammorra… Che, ho letto, se viene impugnata con la destra e percossa con la sinistra, si dice che viene suonata alla maniera femminile, ed è l’indice della mano sinistra che Felicia punta a un tratto a sottolineare il suo “no!”.
Sì, voce di tammorra. Che è nato strumento antico della tradizione campana, ma ha poi accompagnato, nelle sue varianti, canti alla terra di tutto il Mediterraneo… Pensando a “Mamma Tammorra”, un canto ascoltato dalla voce roca di Luca Rossi (eccellente, istrionico percussionista), che narra, in un suo spettacolo, essere quel largo tamburo voce della terra libera. Che come una donna s’abboffa e sboffa. Come le donne lievita e sgrava… Sollevata in alto, sul ritmo del battito della sua voce, diventa profilo di luna piena, a illuminare, nella notte, sentieri…