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    L’Iliade di Mario Trudu. Fra eroi e battaglie, una vita che non conosce resa

    Su’ scriere est bellu unu donu / ti prenat de amore e de bellesa / est romanticu rumorosu sonu / est poesia est vida chene resa. // In costu logu si no l’area connotu / su tempus are passadu tristemente / chene risu, ma lagrimas a fiotu / ca in profundhu vivendhe so comenten // a Tiresia in su regnu de su scuriu / agantu no esistit ne note ne die / ca passadu de s’oltretomba su riu / ite terrore, su logu fritu, est che nie…

    Lo scrivere è un bel dono / ti riempie di amore e bellezza / è un romantico, rumoroso suono /
    è poesia, è vita che non conosce resa. // In questo posto se non l’avessi mai conosciuto / il tempo l’avrei passato con tristezza, / senza sorriso, ma lacrime a fiumi, / perché nel profondo sto vivendo come// Tiresia, nel regno dell’oscurità, / dove non esiste né il giorno né la notte / perché attraversato il fiume dell’oltretomba, / che terrore, il posto è freddo, è come la neve…

    Difficile, per me, trattenere il pianto, rileggendo questi versi con cui Mario Trudu (ne ho parlato tanto… l’eterno ergastolano che un sistema feroce e ingiusto ha lasciato morire dopo quarant’anni di carcerazione assoluta, senza la pietà di lasciargli rivedere la sua casa, nemmeno per il respiro di un attimo, quando già gravemente malato…) chiude il suo ultimo libro. Che è struggente e inconsapevole (forse) testamento, ma anche potente manifesto letterario…
    Quale più bella definizione dello scrivere, questo “romantico e rumoroso suono”, che è “vita che non conosce resa”. E la forza dell’animo che non conosce resa tutta esplode nelle pagine di questo suo ultimo libro di cui voglio parlarvi oggi: “La mia Iliade. Un’odissea di quarant’anni a inseguire la vita”, edito da Strade Bianche di Stampa Alternativa.
    Mario conosceva a memoria il poema di Omero, ammirava gli eroi di quel tempo lontano. Sempre capace di vivere con la mente una vita parallela a quella buia del carcere, tenendo vivo in sé un ricordo del mondo tanto forte, violento persino, da percepirne gli odori, i sapori, i colori…, compie ora un salto stupefacente. Attraversando le pareti dello spazio e del tempo entra nel mondo dei suoi eroi e ne diventa parte…
    “Parlare di questi uomini fortissimi con un coraggio da leoni, mi fa sentire la pelle come fosse un formicaio dall’emozione. Immaginatevi un po’ poterli incontrare di persona e discutere con loro come se ci conoscessimo e fossimo amici da sempre”.
    E la sua vita si intreccia con quella dei suoi eroi. Incontri che, come lui stesso scrive, “mi hanno accompagnato e reso meno insopportabili i decenni passati chiuso dentro queste mura”.
    Così, ad esempio, mentre si trovava all’Asinara… “spesso capitava che in quelle colline m’incontravo con gli eroi di quella incredibile e più che sanguinosa guerra narrata da Omero. Io mi ritenevo una persona fortunata, potevo incontrare tutte e due le parti in guerra senza problemi, e avere il privilegio di poter incontrare personaggi dell’una e dell’altra parte, senza creare gelosie e malumori, mi faceva sentire un eroe al pari loro. Alle volte le nostre discussioni erano accese, ma regnava sempre il massimo rispetto fra di noi”.
    E lo vediamo consigliare Priamo, consolare Clitemnestra sulla tomba di Ifigenia, sedere a un banchetto di dei… e si incanta e ci incanta narrando le imprese dei suoi eroi. Esaltandone la forza, confrontandosi con la lealtà, la pietà, la vita e la morte…
    Un libro meraviglioso e immenso, lo definisce Natalino Piras nell’introduzione, “un romanzo-poema dove il narratore-poeta traspone la sua guerra di giusto contro l’ingiustizia”. E sottolinea che “è soprattutto con Ettore, il forte eroe troiano, l’unico capace di tenere testa ad Achille e da Achille ucciso, il suo corpo profanato e trascinato nella polvere, che Mario Trudu si identifica. Con la forte capacità di guerra dello spietato combattente, Ettore odia la guerra ma la guerra deve sostenere in difesa della sua città. (…) Mario Trudu vive nella dimensione etica di Ettore, lo sconfitto, in realtà il “vero vincitore”, “il fuoriclasse d’Asia” come canta un altro grande poeta nostro contemporaneo, Pierluigi Cappello, prigioniero del suo corpo costretto su una sedia a rotelle”.
    Anche nel racconto del tempo e degli spazi della sua pena, Mario ci regala pagine immense, dove riesce a stupirci ancora, raccontando, per esempio, della gioia provata quando per la prima volta dopo tanti anni viene trasferito in una cella dalla quale riesce a vedere un albero. Incontenibile…
    Se mai ho dei rimpianti, l’ho già detto, e come i rimpianti più grandi forse mai me ne libererò, uno è quello di non essere riuscita a portare in tempo a Mario così, bella impaginata e stampata, la sua visionaria, straziante, incantevole Iliade… corredata fra l’altro di disegni, con i quali sempre Mario, che durante il periodo di carcerazione a Spoleto si è diplomato all’Istituto d’Arte, accompagna i suoi lavori.
    La mia Iliade. Un libro, e una scrittura, dove scorre il sangue… che è quello che fa la vera letteratura. Un libro talmente fuori dall’ordinario che Marcello Baraghini, innamorato fin dai primi testi che di Mario, ormai una decina di anni fa, gli avevo portato, non solo ha accolto, ma proclama “La mia Iliade” vincitrice della terza edizione del premio Stregone. Un premio provocatoriamente anti-Strega, trasparente, senza rituali e controcorrente, idea che solo un editore che da mezzo secolo si muove in direzione ostinata e contraria poteva avere. Così, la sera del prossimo giovedì, 2 luglio, se volete seguire una serata davvero alternativa, collegatevi con Radio radicale. Saremo lì a parlare di Mario Trudu, dei suoi eroi, della sua infinita pena…
    “Cantami o diva dell’arzanese Mario, la pena perpetua…” scrive Monica Murru, che ha seguito la vicenda di Mario negli ultimi cinque anni. Ma subito si corregge: “No, credo di no. nessuno oggi invocherebbe la Musa per cantare la storia di un comune mortale condannato a vivere la tragedia di giorni senza speranza… I poeti non la canterebbero e la musa non li ascolterebbe. Non è argomento che va oggi di moda, troppo scomodo, impopolare… Faccio l’avvocato da abbastanza tempo per sapere che, nonostante l’articolo 27 della Costituzione, nel nostro paese le pene sono prevalentemente volte più ad affliggere che a rieducare, secondo una normativa/prassi/trattamento che consiste nel rinchiudere il colpevole in una scatola di cemento armato, senza prospettiva e talvolta senza proporzione”.
    In una delle lettere che sempre mi affidava da leggere alle presentazioni dei suoi racconti, Mario, cui è sempre stato negato di parteciparvi, scrive: “Se fossi stato presente mi sarebbe piaciuto passare fra voi e magari abbracciarvi ad uno ad uno, sarebbe stato il modo più naturale e sincero per ringraziarvi…”
    Sono sicura che lo Stregone, farà la magia… giovedì sera Mario sarà lì, davvero, con tutti noi…
    Intanto un regalo. Marcello Baraghini, convinto com’è che la cultura sia di tutti (e condivido in pieno), in anticipo sulla stampa, invita a scaricare gratis, leggere e diffondere l’Iliade di Mario:
    http://www.stradebianchelibri.com/trudu-mario—la-mia-iliade.html
    E mentre leggete, per non disturbarvi, per qualche settimana Gatto Randagio si tace…

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