Difficile allontanare dalla mente le immagini dello sterminio dei visoni di Danimarca, uccisi per via di una versione mutata del coronavirus trovata in alcuni di loro. 17 milioni di bestioline da allevamento per pellicce. Uccisi, quelli malati insieme a tutti quelli sani. Per eradicare il virus mutato…
17 milioni. Numero enorme.
Leggo che in Danimarca la parola dell’anno è “Samfudssind”, che significherebbe “solidarietà pronta al sacrificio in nome degli altri e dell’interesse generale”. Solidarietà, si immagina degli allevatori, che sacrificano il proprio interesse privato in nome di quello generale. E le loro preziose pellicce da mercato andate in fumo…
Un pensiero, dal punto di vista degli animali, a proposito di questa “solidarietà pronta al sacrificio” di cui fanno le spese i loro corpi straziati, dopo la tremenda vita prigioniera di “animale da pelliccia”, che se appena appena ne conoscete le condizioni… se appena appena sapeste come comunque viene posta fine alla loro sciagurata vita… e tutto quello che non sappiamo, di visoni e non solo, perché non vediamo, e siamo ben lieti di questa nostra cecità… ché l’elenco sarebbe ben lungo…
Di fronte alle immagini dei visoni uccisi, c’è una parola che preme, e si fa fatica a pronunciare. Ma la pronuncio, anche perché in buona compagnia. Olocausto.
Sì, ritorno a quella che è stata definita l’ “oscena analogia” fra l’olocausto e il trattamento che riserviamo agli animali. Che è pensiero di Isaac Singer, di Primo Levi, di Charles Patterson…
Patterson, che nel suo forse più famoso libro, “Un’eterna Treblinka”, scrive: “Si sono convinti che l’uomo, il peggior trasgressore di tutte le specie, sia il vertice della creazione: tutti gli altri esseri viventi sono stati creati unicamente per procurargli cibo e pellame, per essere torturati e sterminati. Nei loro confronti tutti sono nazisti; per gli animali Treblinka dura in eterno”.
E Isaac Singer, che dell’Olocausto fu vittima insieme alla sua famiglia: “Dovreste andare a leggervi i rapporti sugli esperimenti che i nazisti effettuarono sugli ebrei nei loro laboratori e poi leggere i rapporti sugli esperimenti che vengono fatti oggi sugli animali. Allora vi cadranno le bende dagli occhi e sarà facile vedere la similitudine…. Tutto quello che i nazisti hanno fatto agli ebrei, noi lo facciamo agli animali. I nostri nipoti un giorno ci chiederanno: dov’eri durante l’olocausto degli animali?”. E ad essere sincera non riesco a non pensare, in questi giorni di affannata ricerca di vaccini, a quanti animali, prima di passare alla sperimentazione sull’uomo, siano sacrificati…
E via via scendendo lungo la scala delle nostre tante “necessità”… mi chiedo cos’è quella nebbia della mente che ci fa ignorare (a noi che vantiamo possibilità di accedere a informazioni come mai all’uomo è stato possibile) da quali lager arrivano quelle cotolette messe in fila negli scaffali dei supermercati… cosa palpitava dentro quelle pelliccette che fanno da bordo ai colli dei nostri piumini…
Evidentemente “informazione” non è necessariamente “conoscenza”… oppure proprio non ce ne importa nulla per via di quello che siamo convinti di poterci permettere nei confronti di chi riteniamo sia a noi inferiore e in nostro possesso. E la storia insegna quali trattamenti sappiamo riservare a chi, esseri umani compresi, riteniamo a noi inferiore…
E sempre interrogandomi sul nostro rapporto con gli altri animali, e cercando e leggendo, tempo fa sono incappata (forse ve ne ho già parlato) nel libro “In paradiso ad attenderci”, che è conversazione fra il sociologo Maurizio Scordino e il teologo e biblista Paolo De Benedetti. Dove la questione animale diventa anche questione teologica. Un libro che consiglio di leggere, perché anch’io sono convinta (fede o non fede) che se una possibilità di salvezza l’abbiamo, questa passa attraverso la conciliazione con tutti gli esseri viventi. Ma proprio tutti.
Pensatore profondissimo, De Benedetti, capace anche di “irriverenze”.
Certo l’uomo non ne esce benissimo. E c’è un punto, nel libro (che per altro tocca temi tanto complessi e importanti quanto poco discussi) nel quale ci si chiede “chissà quante cose sarebbero cambiate se Dio avesse salvato tutti gli animali, spazzando via la sola umanità”.
De Benedetti, secondo cui il dolore degli animali sarebbe più misterioso da comprendere rispetto a quello degli uomini, sa condire le sue parole con “quel po’ d’ironia jiddish che per sangue gli appartiene” e… : “Come spesso dico, anche a costo di sembrare irriverente, tutto deriva, diciamo così, da un guasto, da un difetto del processo creativo di Dio che, se avesse chiuso la propria officina il venerdì a mezzogiorno (l’uomo è stato creato nel pomeriggio…) tutto sarebbe andato benissimo. La prova la fornisce proprio la Bibbia, dove c’è scritto che quando Dio creò gli animali, le piante e il resto disse ‘che era cosa buona’, mentre quando creò l’uomo tacque”.
L’uomo, che degli animali dovrebbe essere custode e non padrone…
A proposito di custodia… non vi sembri fuori luogo, ma visto che a suo tempo ne abbiamo parlato… Vi siete chiesti come sta Papillon? L’eroico orso in cerca di libertà, infine catturato e “preso in cura” nel centro di Casteller? C’è una denuncia della LEAL, lega antivivisezionista, che ha diffuso alcune informazioni della relazione dei carabinieri del Cites (che si occupa di tutela delle specie di flora e fauna protette dalla Convenzione di Washington): M49 “ha smesso di alimentarsi e si scarica contro la saracinesca della sua tana”. Vi risparmio i gesti degli altri orsi prigionieri e del loro “severo stress psicofisico” per via dei maltrattamenti che si denuncia subiscono nella struttura che li dovrebbe accudire.
Il nostro delirio antropocentrico…
Ritorno a Paolo De Benedetti, che ci ricorda che la parola animale significa “che ha l’anima”, che è soffio di vita. E arriva a chiederci di credere nella resurrezione di tutto ciò che ha avuto la vita, perché “se ciò non avvenisse bisognerebbe riconoscere che la morte è più potente di Dio, che la morte vince in eterno la vita”.
“Non sempre serve dare una risposta a tutte le domande, a volte è sufficiente, se non meglio, porsele”, e m’interrogo dunque anch’io sull’anima degli animali, che spesso penso davvero meriterebbero un paradiso per tutto quello che scontano sulla Terra. E mi piace credere che lo avranno. Ma guardando a tanta sofferenza, a tanta morte che a piene mani intanto distribuiamo, e non solo agli altri animali, sempre meno certa rimango del fatto che ce l’abbiano gli uomini, un’anima… un’anima e un briciolo di cuore…