A proposito della storia di Ram Lubhaya. E forse il nome neppure ci dice niente, che per tutti, è solo “l’indiano” che il giorno dopo ferragosto “ha tentato di rapire una bambina”, sulla spiaggia di Scoglitti, nel Ragusano. Ma sicuramente ricordate il gran baccano che se ne è fatto, le urla e gli strepiti e le accuse, soprattutto contro il magistrato che dopo il fermo e l’interrogatorio l’aveva rimesso in libertà. Tanto che il ministro della Giustizia si era trovato a dover chiedere accertamenti preliminari sulla vicenda. Ma la notizia, ora, è che più approfondite indagini e testimonianze dimostrano che Lubhaya non ha mai avuto alcuna intenzione di rapire la bimba. “Forse leggermente alterato da uno stato d’ubriachezza, l’avrebbe solo per qualche istante presa in braccio”, ma non avrebbe neanche tentato di allontanarsi.
E salta fuori persino che in zona qualcuno lo ricorda per aver una volta aiutato il bagnino a salvare un turista travolto dal mare grosso…
L’avevate saputo? Temo di no. Non me ne sarei accorta neanch’io, se non avessi letto all’inizio della settimana un articolo dal sito della Gazzetta del Sud che Giulia De Cataldo, giornalista di Radio uno, ha fatto girare in rete. Con un commento fra l’irato e il mesto: “Quest’uomo è innocente. INNOCENTE, capito? E per caso avete visto su altri giornali questa notizia? Io no. Dopo aver messo alla gogna lui e la pm che non l’aveva arrestato, nessuno che si sogni di rettificare”. Le rettifiche… e a chi importano? Riesco a immaginare la frustrazione, che tante volte è stata anche mia…
Così, nel buco nero della nostra indolenza e malafede, viene inghiottita ancora una volta la verità, insieme allo sguardo dolce e impaurito di Ram, che ancora sembra chiedersi “ma cosa ho fatto?”. Che ancora sembra chiedersi il perché delle aggressioni e delle minacce, anche di morte, avute per strada. Che ora ha paura e, leggo, è in attesa di essere rimpatriato…
Ma quando pure sarà partito, rimarranno, siatene certi, la notizia dell’accusa, mai rettificata, e l’eco delle urla scomposte che abbiamo sentito. E chissà che piano piano non cominci a diffondersi l’idea che gli indiani rapiscono bambini. Sì, anche loro, a far concorrenza agli “zingari”. Che pure ci starebbe, se anche questi sarebbero un tempo venuti dalle terre dell’India del Nord… in fondo per costruire stereotipi e pregiudizi non ci vuole molto.
Il meccanismo è sempre lo stesso. E grande la responsabilità di chi racconta le cose a metà. La metà, solo quella, funzionale al bisogno di avere sempre da qualche parte, a portata di mano, un mostro intorno al quale catalizzare le nostre paure.
Come accade per “gli zingari”, appunto. Paradigma che meglio non si può.
Ricordate il rogo del campo rom di Ponticelli e lo sgombero che ne segui? Reazione di inaudita violenza all’allarme, che tanto aveva agitato la periferia napoletana e noi tutti, dopo la “notizia”, poi risultata falsa, che una giovane rom aveva tentato il rapimento di una bambina. Angelica si chiamava la ragazza. Chi ne ricorda il nome? Quanti hanno poi parlato dell’innocenza di Angelica, del suo lungo tempo nel carcere di Nisida…
La sua storia l’ho conosciuta qualche tempo dopo dal racconto dell’allora corrispondente in Italia de El Pais, Miguel Mora, che aveva denunciato un progetto di speculazione edilizia proprio nella zona del rogo. Sembrava, insomma, che lo sgombero dei rom fosse programmato da tempo. Bisognava, forse, solo trovare una scusa per sgombrare il campo. Cosa più facile che non tirare fuori la vecchia storia dei “ladri di bambini”?
In fondo, sappiamo tutti delle notizie di denunce di presunti rapimenti e scomparse di bambini a opera dei rom. Nulla dell’esito delle inchieste che hanno smentito accuse e sospetti. Mentre ce ne freghiamo di sapere che molti bambini rom vengono sottratti alle loro famiglie dai tribunali dei minori a causa delle condizioni materiali di indigenza delle loro famiglie, ad esempio…
Sappiamo, o crediamo di sapere tutto delle asperità del loro mondo, ma non vogliamo sapere che
si tratta di asperità e violenze che sono in qualche modo intrecciate alle nostre. Viene in mente un’altra brutta pagina di cronaca…
Fu sventata qualche anno fa nella periferia romana un’organizzazione che “forniva” bambini rom a pedofili. Peccato, che i clienti eravamo noi, bravissima gente di “etnia” (?) italiana. Fiori nel fango, il nome dell’operazione di polizia. E immaginate un po’ voi in quel caso chi erano i fiori e chi il fango. Ma sempre e solo al fango pensiamo parlando di rom…
“Italiani ladri di bambini”, titolava quest’estate un’inchiesta dell’Espresso, a proposito di minori sottratti ai genitori in Congo per darli a ignari genitori italiani. Forse abbiamo già dimenticato, ma tutti conosciamo il volto di Ram, l’indiano “ladro di bambini”.
Ritorna, l’interrogativo dei suoi occhi lucidi. Guardandoli e riguardandoli… non sembra anche a voi uno sguardo tanto simile a quello di quell’altro “ladro di bambini”? Il dolcissimo e buon carabiniere del film di D’Amelio ( Enrico Lo verso l’attore), che alla fine dovrà persino difendersi dall’accusa di aver rapito i ragazzini che gli erano stati affidati, lui che aveva solo cercato di ridare a quei bambini un po’ dell’infanzia che fino ad allora era stata loro negata. Ma per tutti, e per sempre, solo ladro di bambini.