Guardando, la copertina di Internazionale dell’ultima settimana, n° 1107, per intenderci. Su fondo scuro campeggia la scritta: “Ci sono infiniti ostacoli pratici all’idea che le persone siano libere di spostarsi. Ma gli ostacoli pratici non possono prevalere sugli imperativi morali”!
Eppure, agli imperativi morali si frappongono, oltre agli ostacoli pratici, comportamenti, paure… Eppure, quante nuove barriere, fisiche e non, ancora si innalzano, a murare vivi i nostri cari imperativi morali, quante leggi degli stati ne sanciscono la morte… La Bossi-Fini ancora serpeggia fra noi, con l’obbrobrio dell’invenzione del reato di clandestinità, tanto per fare un esempio. Qualcuno lo ha chiamato anche “reato d’immigrazione”, e di fatto per molti versi questo è stato.
Guardandosi dentro e guardandosi intorno, interrogandosi sul lato buio delle regole, quando capita che norme dettate da governi si traducano in comportamenti, o giustifichino comportamenti, che di fatto violano diritti umani, anche nei nostri ‘civilissimi’ paesi… Come è possibile?, a volte mi chiedo…
E’ possibile sì. A rispondere mi è venuta incontro la figura di Antigone,(…) ricordate?, l’eroina di Sofocle, che si oppone alla legge del re che vieta di dare degna sepoltura al nemico, a colui che ha tradito: che il corpo rimanga in pasto a uccelli e cani! Antigone, sappiamo, segue il comandamento morale, la legge degli dei, e pur sapendo di mettere in gioco la sua vita, copre di sabbia il corpo del fratello Polinice, che pure è stato traditore, celebrando così per lui il rito funebre. E Creonte la condanna a morire. Antigone, che davanti Creonte prende coraggiosamente la parola per negare la verità del despota, per affermare un’altra verità.
Antigone, eroina, figura intoccabile, almeno io credevo fosse diventata, del nostro orizzonte culturale. E invece non è esattamente così. Me lo ha definitivamente chiarito sono un episodio di due estati fa, durante una vacanza nel Cilento, quando ho assistito ad una bella iniziativa dell’Associazione ‘Identità mediterranee’, che con Velia Teatro ha organizzato la rappresentazione di un processo ad Antigone. Titolo: La ribellione della coscienza.
La cosa si è svolta così: c’è stata prima la rappresentazione di un testo tratto dalla tragedia di Sofocle, e poi il dibattimento in piena regola, con accusa, difesa, con tanto di avvocati e giuristi, una giuria per il verdetto finale, e una giuria popolare che eravamo noi del pubblico, circa 300 persone. Insomma: la giovane eroina, seppellendo il fratello, ha fatto bene o no a trasgredire all’editto del tiranno Creonte? La legge degli uomini o il comandamento morale?
Alla fine Antigone è stata assolta, da noi “moderni”. Voto della giuria e voto popolare sono andati nella stessa direzione. E, come spiega in un bel libro Laura Bazzicalupo ( Eroi della libertà, appunto), ancora una volta sono gli spettatori a riconoscere quel gesto, a riconoscere che c’è un’altra verità possibile, e che è possibile pronunciare una storia diversa. “La scelta nuova è libera perché non ribadisce, come tutte le comuni trasgressioni, la dignità della legge che viola, ma è una trasgressione etica, perché scardina la dignità morale della vecchia legge, una testimonianza che sommuove anche il coro”.
Dunque anche noi, pubblico di quell’estate, abbiamo riconosciuto il gesto e assolto Antigone. Tutto bene? No, niente affatto. Antigone, quel giorno è stata sì assolta dalla platea, ma non con la quasi unanimità che (forse troppo ingenuamente?) mi sarei aspettata. Ben oltre cento persone sulle quasi trecento presenti, hanno detto no. Uno su due di quegli spettatori era dunque pronto a mandare a morte Antigone in nome della legge del re, anche se quella legge ignora il comandamento morale. Più di un terzo, penateci un po’, non è affatto poco. In un pubblico in qualche modo selezionato, di professionisti, politici, avvocati, insomma la borghesia “buona” che va in vacanza in Cilento, che in buona misura fa parte di quella classe diciamo “alta o quasi” che le leggi in qualche modo le fa, che sicuramente vi è contigua. Venticinque secoli dopo Antigone, ritorna il lato oscuro delle leggi, cieco all’imperativo morale: che il corpo rimanga in pasto a uccelli e cani! Siamo ancora lì… guardandosi intorno, guardandosi dentro…
Mi viene in mente, ancora, una riunione di redazione in cui, era giusto il tempo della Bossi Fini fresca fresca, si parlava di clandestini e sanità, e qualcuno sussurrò, quasi con timore rappreso: “ma in un ospedale… un medico, un pubblico ufficiale non può che denunciare…”. Completamente trascurando l’esistenza di un’etica che detterebbe, e detta, a un medico comunque tutt’altra strada.
Insomma, ancora, in fondo, sotto sotto, la legge è legge e, anche se delle peggiori, tutti ci assolve: ‘è fuori dalla legge? Che il corpo rimanga in pasto a uccelli e cani!’ Noi, che alle leggi ci hanno insegnato bisogna obbedire, che possiamo farci?
Per fortuna non c’è nulla di più mutevole delle leggi, che è cosa che fanno gli uomini, e come tante cose degli uomini posso essere sbagliate… Ma nell’attesa che cambino, quando abbiamo il sospetto che ci sia qualcosa di sbagliato, mi permetto un suggerimento. Andiamo a rileggere le scandalose parole di Don Milani. Diceva che l’obbedienza non è più una virtù. Nel senso che intendeva don Milani, naturalmente, mi permetto di chiarire e sottolineare, in un paese che pure è stato regno di devianti e deviate “case della libertà”…