Domanda stravagante, eppure insistente, di una serata di mezza estate. Respinta, quasi d’istinto riaffiora, affidata a una poesia. Ancora una volta. Dunque, W.H. Auden: “…I manuali di storia ce ne parlano/ in qualche noticina misteriosa,/ ma è un argomento assai comune / a bordo delle navi da crociera; / ho trovato che vi si accenna nelle / cronache dei suicidi, / e l’ho visto persino scribacchiato / sul retro degli orari ferroviari. // Ha il latrato di un alsaziano a dieta, / o il bum-bum di una banda militare? / Si può farne una buona imitazione / su una sega o uno Steinway da concerto? / Quando canta alle feste, è un finimondo? / Apprezzerà soltanto roba classica? / Smetterà se si vuole un pò di pace? / La verità, vi prego, sull’amore”…
Ancora una volta versi di poeti. Che ritornano. Soppiantando ogni prosa. E viene da chiedersi perché. Una risposta, ritrovata con Vincenzo Consolo: essendo caduta la fiducia nella comunicazione “…non rimane che la ritrazione, non rimane che l’urlo o il pianto, o l’unica forza oppositiva, alla dura e sorda notte, la forza della poesia, della tragedia…” (da Fuga dall’Etna, Donzelli 1993) .