C’è un grande tappeto, piuttosto vecchio, direi quasi antico, a segnare il cuore della mia casa. Il Gatto ci si rotola estasiato, e a volte si incanta a seguirne trame e disegni, e sicuramente vi legge quello che io ancora non conosco…
“Come la fiaba o la parabola- mi ha detto un giorno citando Cristina Campo- il tappeto non tratta, ostinatamente, che del reale e soltanto in virtù del reale tocca le geometrie dello spirito, le matematiche contemplative”.
Nei segni dei tappeti, messaggi di mani esperte che hanno tessuto parole, come per manoscritti in cui persone e intere società raccontano il proprio mondo. C’è da rimanerne incantati perdendosi nelle storie, grandi e piccole, che l’arte del tappeto comunica e tramanda…
Ma anche se so bene che la vita non è solo incanto, il mio stupore, e tremore, sono stati davvero grandi quando ho saputo di trame che raccontano la guerra. E sono guerre dell’oggi…
Le ho incontrate nei tappeti della straordinaria raccolta di Edoardo Marino. Appassionato del mondo dei tappeti orientali, e più in generale dell’Oriente, è fra le tante cose autore di una storia dell’Afghanistan narrata attraverso i motivi dei tappeti di guerra. Guerre a tappeto, il titolo. E vale la pena di leggerlo. E vedere come, per narrare il reale, sono cambiate nel tempo le trame…
Per tradizione il popolo afghano ha rappresentato nei disegni dei tappeti la storia delle proprie origini, simbologie religiose, credenze, tabù, superstizioni…
Poi arriva l’invasione sovietica. E’ il 1979. “E da allora i mujahidin iniziarono a far realizzare un nuovo tipo di tappeti” racconta Marino. “Non più alberi e uccelli, simboli ancestrali e talismani, preziose geometrie della scuola afghana, ma icone di guerra. Bombe a mano, proiettili, carri armati. In segno di protesta e anche di propaganda… Kalashnikov, per esortare la popolazione ad imbracciare le armi”. E la Storia segna le sue tappe, tessute fra trama e ordito…
Così il motivo di una fila di elicotteri e la scritta “i russi sono stati cacciati” celebra la ritirata sovietica, nel 1989. E all’alba del nuovo millennio tappeti narrano l’attentato delle Torri gemelle, e poi l’arrivo degli americani, la nuova occupazione… e i colori a tratti diventano cupi… le case, le cartine, le città, compaiono sotto cieli affollati di elicotteri, caccia, aerei spia, e poi carri armati e dettagli di armi che neppure voglio pronunciare…
Ricordate l’operazione Enduring freedom? E’ tutta narrata in un tappeto con la bandiera dell’Afghanistan e quella degli Stati Uniti sui cui vola una colomba…
Ma i tappeti bisogna saperli leggere. “Non è un messaggio di pace. Elementi subliminali- fa notare Marino- suggeriscono la via del terrorismo”.
Il dramma contemporaneo dell’Afghanistan sembra riassunto tutto lì, nelle cornici che prima rappresentavano cipressi e dove ora vengono rappresentati missili. Il simbolo dell’immortalità rimpiazzato da simboli di distruzione e morte.
Nodo dopo nodo…
Si può dire che sul finire del secolo scorso sia nata una nuova tradizione. Con un pensiero ai bambini impiegati nel lavoro di tessitura… “La cosa che più mi aveva colpito- racconta Marino che molto fra l’Italia e l’Afghanistan ha viaggiato- i bambini che ho visto lavorare in capannoni sotto il fuoco di tetti in eternit e che non erano in grado neppure di dire quanti anni avessero. E realizzando tappeti vengono così anche indottrinati”. Nodo dopo nodo…
Con i suoi tappeti di guerra Edoardo Marino ha anche girato l’Italia. Calpesta la guerra, il nome della campagna nata con l’associazione CooperAction, di cui Marino è presidente, per raccogliere fondi e realizzare, in Afghanistan, programmi di formazione professionale.
Oggi poco rischia di rimanere dell’antica tradizione del tappeto se, ci spiega, il mercato dei tappeti rivolto all’occidente (non gestito in maniera autonoma dagli afghani, che quindi poco e nulla ci guadagnano, ma che passa attraverso il Pakistan) chiede per le nostre case disegni semplicemente decorativi, e non più tradizionali. Una deformazione che CooperAction da tempo denuncia, promuovendo il recupero della tradizione, lo studio degli antichi simboli, l’identità autentica da ritrovare, il ritorno ad antiche trame e che mai più si narri di guerre…
Sembra un sogno lontano, guardando a quel che accade oggi.
Ma… “La vita di ogni uomo -mi aveva detto un giorno un artigiano, maestro tessitore- è come un telaio su cui tessiamo un tessuto”.
Su cui disegnare, anche, sogni… E meriterebbero più che queste poche righe i progetti che Edoardo Marino con la sua associazione sta tessendo, in attesa ora che le cose si tranquillizzino (il centro di formazione professionale messo in piedi per donne rimaste vedove ha subito recentemente serie minacce, mentre un attentato ha provocato la morte di persone impegnate nell’orfanatrofio). I progetti sono tanti. Fra l’Italia e l’Oriente. Dalla Sardegna all’Azerbaijan… Se volete dare un’occhiata: www.cooperaction.eu.
Tessendo tessendo… non sarà un caso che quest’anno ho incontrato la storia di Wali, dall’Afghanistan arrivato fino a noi (https://www.remocontro.it/2018/04/08/wali-e-lafghanistan-talebano-dove-ora-volano-i-bambini-bomba/). A questo punto sarà con un tappeto volante che domenica prossima andremo insieme in Sardegna, voleremo fino a Cagliari per l’appuntamento di Buon compleanno Faber, che quest’anno sarà dedicato a Riace… seguendo la rotta di De André…
Fila la lana, fila i tuoi giorni
illuditi ancora che lui ritorni …
e saranno storie di emigranti e di migrazioni, a provare a riannodare fili. E chissà che al ritorno non avrò imparato a leggere quel che per ora mi è nascosto, nelle trame del tappeto che è il cuore della mia casa…