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    La disperazione dei Rom, gli invisibili che non vogliamo vedere

    La disperata condizione dei Rom, confinati senza alcun aiuto nei loro campi. Il razzismo è anche voltarsi dall’altra parte, rendere invisibili quelli che non vogliamo vedere, pensando che il diritto di essere curati, di vivere, non appartenga a tutti… ( e grazie a Salvatore De Rosa per la fotografia che vedete, tratta dal suo reportage ‘Viaggio in un campo Rom’) 

    “Ci vogliono morti…”
    Raggela il sangue leggendo le parole di Igor, a margine di un post sulla condizione dei Rom. I Rom al tempo del coronavirus…
    Già. Cosa ne è di loro, confinati in quei luoghi di esclusione nell’esclusione che sono i campi rom, incredibilmente abbandonati a se stessi… Ma riuscite a immaginare? Confinati in una quarantena che si traduce in una condanna definitiva. In campi affollati, in roulottes o container in cui abitano fino a sei sette persone, senza acqua potabile, energia elettrica, alloggi adeguati, risorse alimentari, protezione sanitaria… E come si mangia senza soldi? Senza le loro sia pur precarie attività… E i bambini? Un isolamento nell’isolamento, rotto il già tenue filo con le scuole, e senza neppur lontanamente poter pensare a “didattica a distanza”…
    Ma non importa a nessuno, quel che può accadere in un campo rom se l’epidemia vi si infiltra? Per non parlare degli insediamenti abusivi.Tutti ancora più lontani, nei già lontani ghetti nei quali li abbiamo respinti…
    “Ci vogliono morti” risuonano le parole di Igor.
    Il razzismo, come fa notare qualcuno, non è una cosa astratta. Ha nomi, volti, leggi. Il razzismo è fatto anche di silenzi. Come il silenzio delle non risposte che sembra aver inghiottito gli appelli di chi della condizione del popolo degli emarginati si occupa e grida la sua denuncia: “Nessuna misura di sostegno e soccorso di Protezione Civile, è stato promulgato a sostegno di Rom Sinti e Camminanti che vivono in condizione di assoluta emarginazione sociale (40.000 persone), senza fissa dimora (50.000 persone), vittime di tratta e schiavitù (10.000 persone), soggetti per i quali, lo Stato Italiano, ha ricevuto dalla Commissione Europea, per il periodo 2014 – 2020, 7 miliardi di euro, tramite Fondi Strutturali Europei, dopo ratifica di Accordi, in sede di Consiglio Europeo, nel giugno 2011”. Parole di Marcello Zuinisi, che della Nazione Rom è rappresentante legale.
    Agli appelli è seguita una richiesta ufficiale di incontro con chi dovrebbe e potrebbe decidere, per “soccorso e istituzione di una unità di pronto intervento governativo”. Ma la risposta è ancora solo il silenzio. “Niente di niente” mi ha detto ieri sera Marcello Zuinisi. “Nessuna risposta. A Roma le famiglie piangono dalla fame”. In provincia di Padova, leggo oggi, nel comune di Cadoneghe “si pensa di governare il territorio invocando l’utilizzo di “droni” per controllare i campi Rom e Sinti”…
    Sappiamo, 400 milioni di euro sono stati affidati ai Comuni per il soccorso alimentare, ma… “Ad oggi, nessun genere alimentare e di prima necessità ha raggiunto le nostre famiglie. Siamo di fronte al rischio di un nuovo Olocausto, alla morte di decine di migliaia di persone, uccise da fame, esclusione, emarginazione e Covid 19”. E stiamo parlando perlopiù di cittadini italiani. Ma, diciamolo, cittadini di serie z, questi rom (giusto un gradino più in basso di quelli che in carcere…). Il razzismo è anche voltarsi dall’altra parte, pensando che il diritto di essere curati, di vivere, non appartenga a tutti.
    Ma da dove viene tutta questa nostra indifferenza? Non poco penso abbia contribuito l’aver spostato “il problema” fuori dai confini delle città, proprio come è avvenuto con le carceri, rendere insomma invisibili quelli che non vogliamo vedere,
    Ho letto in questi giorni un intervento di qualche anno fa di Caterina Miele, studiosa di mutamenti culturali, “I confini nella città neoliberale”, dove si racconta dei territori “striati del presente globale”, dove “nascono campi”, dove si moltiplicano “dispositivi, discorsivi e non, volti a gerarchizzare l’inclusione nella cittadinanza”. Ripercorrendo le politiche abitative per la popolazione Rom a Napoli negli anni ’90, Miele racconta e analizza un percorso, simile a tanti altri, che inizia con le tensioni e i conflitti ( “in atto o potenziali…che sono comunque il prodotto di un sistema di relazioni ineguali”) che giustificano il trasferimento dei Rom dal centro urbano a campi lontani dalle case e da zone residenziali e quindi la ghettizzazione… Ha del grottesco, per raccontarne solo una, la vicenda del “Villaggio della solidarietà”, a iniziare dal nome. Era, quel villaggio, “una spianata di cemento circondata da un cancello e fornita di container, divisa da un sentiero che costituiva l’uscita di sicurezza del carcere di Secondigliano”. Pensate un po’… il progetto, che non era nuovo, era stato alla sua prima proposta accantonato per la sua inadeguatezza e pericolosità (vicino a una strada a scorrimento veloce, e ai piloni dell’alta tensione), ma poi con il susseguirsi delle emergenze… Solo una delle tappe di quella che Miele definisce una guerra pervasiva (la nostra contro i rom) a bassa intensità.
    E come non condividere la definizione di campo come “forma di esclusione assoluta che poggia sulla figura vuota dei diritti umani” (vi consiglio la lettura dell’intero saggio, che potete trovare nel libro “Briganti o emigranti” a cura di Orizzonti meridiani ed. Ombre Corte). E fra due giorni, l8 aprile, sarebbe la Giornata internazionale dei Rom e Sinti…
    Djelem Djelem, lungone dromensa
    Maladilem bakthale Romensa
    Camminando camminando, su lunghe strade / ho conosciuto Rom pieni di gioia…
    Djelem Djelem. E’ il canto, composto da Zarko Jovanovic, scelto quasi cinquant’anni fa come inno della nazione Romani, l’8 aprile del 1971, con il primo congresso mondiale dei Rom.
    Ma quale celebrazione… ai tempi del coronavirus…
    A Romale, a Chavale/ vi man sas /e bari familiya / Murdadas la e Kali legiya… Uomini rom, giovani rom, / un tempo avevo una famiglia numerosa / Ma la Legione Nera l’ha sterminata…
    Il riferimento è al Porajmos, lo sterminio di Rom e Sinti perpetrato dai nazisti, per essere precisi dagli Schutzen, la Legione Nera, appunto. E, in fondo, quanto grande è la differenza con l’oggi?
    Non saremo nazisti, ma la nostra disumanità è tanta…
    Già. “Ci vogliono morti”. Ma loro non vogliono morire. E quasi sorprende la scritta comparsa davanti al cancello di un insediamento romano: “Forza Italia, combattiamo insieme. Andrà tutto bene”.
    E se, come ci auguriamo per tutti, andrà tutto bene… se nulla, dopo, sarà più come prima, qualcosa dovrà pur cambiare anche nei “territori striati” di questo tremendo presente globale.

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