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    La bella estate

    Salutando luglio, ancora, con parole dal carcere. Provando a dare un briciolo di voce a chi ne ha talmente poca…

    “Dalla Rassegna Stampa di Ristretti Orizzonti: Bari, 27 giugno. D.S., persona detenuta di 28 anni, si è impiccato nel pomeriggio all’interno del bagno della sua cella. Teramo, 30 giugno: detenuto di 31 anni si impicca in cella: è il trentesimo suicidio del 2011 nelle carceri italiane.

    Uccidersi non è facile, ma vivere nelle patrie galere italiane è ancora più difficile. Per questo nelle carceri italiane si continua a morire. E nessuno fa nulla. Nelle carceri italiane c’è una vera e propria guerra fra la vita e la morte, ma i mass media preferiscono occuparsi delle guerre degli altri paesi. Ai nostri governanti i suicidi in carcere fanno paura per questo cercano di nasconderli. L’Assassino dei Sogni (come chiamo io il carcere) non vuole che fuori si sappia che suoi prigionieri hanno più paura di vivere che di morire. Più nessuno parla e scrive del  perché in carcere sono così in tanti a togliersi la vita. L’Italia spreca lacrime di coccodrillo per la pena di morte negli altri paesi, invece i suoi prigionieri li mura vivi senza la compassione di ammazzarli prima, perché vuole che i detenuti abbiano il coraggio di ammazzarsi da soli. I nostri governanti dovrebbero sapere che per rimanere in vita bisogna amare la vita, ma come si può amarla chiusi in una cella di cemento e ferro, giorno dopo giorno, notte dopo notte, un anno appresso all’altro a vegetare? I nostri politici dovrebbero sapere che in carcere in Italia si muore in tanti modi: di malattia, di solitudine, di sofferenza, di malinconia, di ottusa burocrazia e d’illegale legalità. E poi si muore perché per alcuni detenuti vivere nelle galere italiane è diventato un lusso che molti non si possono più permettere. Per questo ammazzarsi diventa una vera e propria necessità. (…)

    E questa non è una libera scelta, come alcuni cinici di turno potrebbero pensare, ma è una legittima difesa contro la sofferenza e l’emarginazione.

    La verità è che ormai in carcere in Italia t’impediscono di vivere, per questo alcuni detenuti decidono di non vivere più.

    Come dargli torto?

    Io spero sempre che in carcere nessuno si tolga la vita, ma non mi sento di condannare chi non ha il coraggio di vivere come un animale in gabbia.

    Ricordo che chi in carcere si ammazza non desidera proprio farlo, piuttosto vuole solo protestare per attirare l’attenzione su di se.

    E che ci si uccide soprattutto per le restrizioni sociali e affettive.

    Proporzionalmente al “fuori”,  in carcere si muore di più  non solo perché ci si toglie la vita da soli,  si muore più spesso semplicemente perché si è dimenticati dalla società, o non si viene curati bene.

     

    La figlia di un uomo ombra, di un ergastolano che è morto qualche giorno fa, ha scritto a un nostro compagno:

    -Mio padre è mancato con l’unica consolazione di morire accanto ai suoi figli. Nei pochissimi giorni trascorsi insieme mio padre raccontava sempre di voi tutti. Gli ho promesso che vi avrei scritto per avvisarvi, eravate per lui la seconda famiglia. Lui era molto malato, solo nel carcere di Parma dopo un’infinità di istanze hanno scoperto che era affetto dì carcinoma polmonare in metastasi con la complicazione di diverse infezioni, una di quelle era l’enfisema polmonare, non ha fatto una lunga agonia è crollato di colpo, in due giorni se ne andato per sempre.

     

    Quando qualcuno muore di carcere, in carcere o fuori, il caso non esiste.

    L’Assassino dei Sogni è una fabbrica di morti. Intanto fuori i “buoni” continuano a fare i “buoni” lasciando che le carceri italiane si trasformino in lager. Buona morte  ai “cattivi” che decidono di togliersi la vita perché dimenticati dalla società. E buona vita ai “buoni” e agli ignavi  che non fanno nulla per evitarlo.

     

    Carmelo Musumeci

    Carcere Spoleto, 30 giugno 2011

     

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