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    Incipit…

    Ve lo assicuro, di tutto il via vai è la scena più bella. Me la porto nel cuore durante l’intera giornata. Mi aiuta a cancellare lo sconforto dei momenti di noia, che non sono pochi, in questo mio andare avanti e indietro, avanti e indietro. Dall’alba a notte fonda,  sul binario di una linea, fra il centro e la periferia. Arrivano con le prime corse della mattina. In gruppi di dieci, dodici e anche di più. Appartengono tutti alla stessa tribù. Scendono dai vagoni lanciandosi fra loro poche parole. Più spesso in silenzio. Gli occhi che frugano lontano. Anche, sospetto, nel tempo. Ma non so se sia il passato o il futuro, quello che vedono. Gli uomini, in molti, vecchi e giovani, con le stampelle. Le loro donne, molte di più, tutte, vecchie e giovani, con bambini. Spinti in carrozzelle, tirati per mano, avvolti in stracci colorati annodati al collo. Ti aspetti che scompaiano nel fiume dell’altra gente, che corre via in fretta, ognuno gia’ incupito del giorno che verrà. Invece ecco che prima di inoltrarsi verso l’uscita le donne si fermano…  Come a un comando dell’anima, in un movimento che è, vi assicuro, coreografia di passo di danza, tutte insieme ruotano verso il fondo della stazione, verso il muro che divide le due gallerie, li’ dove c’e’ la cappelletta. Mezzo giro di gonne, un inchino, un segno della croce e un bacio mandato alla Madonna. Una preghiera, l’ho sentita, alita nell’aria. Sospese anche loro, quelle donne, con le gonne a un soffio da terra, come ai tempi in cui avevano le ali. Sì, gli zingari. L’ho letto da qualche parte. Avevano le ali e per vivere non dovevano mendicare e rubacchiare. Volavano, lo so per certo, con gli altri uccelli, e quel che mangiavano gli uccelli mangiavano anche loro. Ma questo, oggi, non lo ricorda più’ nessuno. La preghiera dura l’incantamento di un secondo. Poi tutto si scioglie, e via, a sciamare per le strade, confusi all’altra gente, ad attendere il presente. Piu’ di una volta ho visto inchinarsi e segnarsi anche un vecchio. Quando ci ripenso mi si stringe ilcuore. Per quel gento che io non so mai compiere, e ancora a tratti invidio la sua bellissima barba bianca… (continua)

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