Invito, da oggi, in via dei Tigli… nel sito di Stampalternativa, aprendo il banner in basso al centro… per un viaggio, che si racconta così:
“E’ d’estate che ci si accorge dell’universo-carcere. Quando il caldo è così caldo che dentro le celle diventa tortura che si aggiunge a tortura. Nulla attenua l’aria bollente che passa tra le sbarre, e sembra che tutto si esasperi. Come se non fosse già tutto un oltre i confini dell’umanamente accettabile. Così qualche notizia in più arriva, d’estate, insieme al profumo dei tigli… Per me, è profumo che da sempre mi riporta all’ansia di pensieri in catene, per via dei tigli del viale alberato che fiancheggiava il carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove sono nata e per un po’ cresciuta. Si passava spesso sotto le mura del massiccio impianto borbonico, a un passo dal centro, e d’estate quel profumo rimaneva appiccicato addosso come lo sguardo delle guardie che dalle garitte immaginavo guardassero feroci anche noi bambini. (…) Ora l’edificio è sede d’università, e il carcere è stato costruito più in là, lontano dal centro, come si usa con tutto ciò che vogliamo allontanare dagli occhi. Non so, se nei dintorni del nuovo carcere ci siano altri alberi di tiglio. Ma per me ogni estate quel profumo ritorna, denso di sbarre.
Così, via dei Tigli, mi viene da immaginare il nome di un percorso, che quelle e nuove mura costeggi. Anche se non deve essere idea originale se scopro che a Biella proprio in via dei Tigli si trova il carcere. E chissà di quanti viali di altre specie alberati ammantiamo le nostre nefandezze.
Ma restando all’ombra dei tigli… leggevo, in quel luogo della libertà e della prigionia di questi nostri tempi moderni che è internet, di un albero millenario, che si trova a Steinfurt, in Germania, un tiglio dalla chioma tanto ampia che è stato necessario costruire un’impalcatura che la sostenga. L’albero della danza, lo chiamano, perché all’ombra della sua chioma si svolgono da sempre balli e feste. Ma quale danza all’ombra dei nostri tigli? Le mura che sul nostro viale s’affacciano pulsano di voci urlate a bassa voce… Ne arriva un lamento come di violino scordato, proprio come quello che suonava la Morte nella danza macabra ispirata al tema di goetiana memoria. Un suono che ci sembra insopportabile, come stridore di lama su ferro. Ma l’invito è a non tapparci le orecchie, a lasciare che quel suono limi le grate dei nostri pensieri, i tanti luoghi comuni che diventano mura, di una contenzione che, a ben vedere, è anche la nostra. Guardandosi dentro, guardandosi intorno…
buona passeggiata a tutti…
e grazie infinite a Pietro Garau per la bellissima, eloquente, introduzione del logo…