Conoscete la mia passione per le fiabe, che ovunque ne cerco… convinta, con Rodari, di quale utile strumento siano per “chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione e sa quale valore di liberazione possa avere la parola”. Così, anche da adulti, sì è ancora in cerca di quelle figure che così bene sanno agire “nel purgatorio, e nell’inferno, del presente”. E sapete bene quanti inferni siamo capaci di creare su questa terra… Per fortuna c’è sempre qualcuno che ci tende una mano, muovendosi lungo il sentiero tracciato dai grandi scrittori di fiabe, e in questi giorni, pensate, ho incontrato una fiaba scritta per quei bambini che portano nel cuore un peso davvero tremendo… bambini che hanno un genitore in carcere.
Ascoltate… “C’era una volta una compagnia di artisti che recitava nei più grandi teatri del mondo. Tra i vari artisti si esibiva un mago capace di far sparire uno spettatore in prima fila, per farlo riapparire in fondo alla platea. L’artista più piccola si chiamava Cora e aveva imparato dai suoi genitori a fare difficili numeri di giocoleria, come tenere tre palline in equilibrio sulla coda. Un giorno il suo papà sparì all’improvviso, e Cora capì subito che non si trattava di un trucco di magia. La mamma le disse che era andato ad esibirsi in altre città e che sarebbe tornato presto…”
Ma il papà di Cora non torna. Non torna e non telefona… E che può pensare allora un bambino se non che il padre sia arrabbiato con lui, per qualcosa di sbagliato che abbia fatto… e vivere il peso di una colpa che non ha…
Ma come pronunciare la tremenda verità di un papà in carcere?
Ai bambini viene spesso raccontata la favola del genitore assente per lavoro, a volte malato, o in viaggio, come il padre di Cora. E spesso sono anche loro, i figli, a raccontare questa “bugia” perché, come dicono gli psicologi, diventano “bambini con un segreto”, che è cosa terribile da sopportare…
“Il sogno di Cora” è fiaba, lieve come una carezza, che ha scritto Emanuela Nava, una delle più belle voci della narrativa per ragazzi. Un racconto rivolto ai più piccoli, bambini a cui non viene detta la verità, ma che non possono accontentarsi di una bugia, perché solo la verità può liberarli da ingiusti e dolorosi sensi di colpa. E in questa fiaba la mamma di Cora trova le parole per accompagnare con garbo la bambina fuori dal mondo nel quale tutti recitano qualcosa, e qui metafora ne è il teatro, e dirle infine che il padre non è libero, ma “vive in un castello murato con le torri e le porte di ferro… e se vuoi possiamo andare a trovarlo…”.
Una dolcissima fiaba per aiutare i bambini con un genitore detenuto ad avvicinarsi alla verità. Nata grazie all’incontro dell’editore Carthusia con Edy Marrucchi, direttrice dell’Associazione Girotondo intorno al Sogno, responsabile del progetto “Come a Casa”, e la Casa Circondariale di Arezzo. Che insieme hanno avviato un percorso per nulla semplice, con riunioni, confronti, cui hanno partecipato, insieme alle figure professionali che intorno al carcere lavorano, anche genitori detenuti. Sono stati ascoltati anche i bambini, con le loro struggenti testimonianze… E poi la penna e il cuore di Emanuela Nava e i disegni e i colori di Marco Brancato hanno compiuto la magia. Così la storia di Cora si aggiunge alle altre “Storie al quadrato”, collana creata dall’editore milanese per parlare di argomenti importanti e difficili con parole leggere. “Il sogno di Cora” è ora anche in un video, dove è la scrittrice, che è stata anche attrice, a narrare per noi… un bel regalo per tenere compagnia ai bambini, di questi tempi ancora chiusi… (https://www.youtube.com/watch?v=YpAZjmqDHpU&feature=share&fbclid=IwAR0JMyNXHNVsO-D36ZhYwhMMKY0zEPG0nbUGPjubf-KiLrMM5Q9DAjgo370 )
E proprio nella delicatezza e nella bellezza di un altro racconto, avevo incontrato anni fa Emanuela Nava e il suo “Gatto che aveva perso la coda”, scritto per bambini malati di tumore, per aiutarli a combattere la malattia raccontando il percorso della terapia con una fiaba, che come un mantra culla e acquieta, e tutto fa meno paura, grazie ai messaggi anche inconsci che arrivano… perché, come scrive l’autrice, “le storie sono ‘psicomagie’ potentissime che, grazie alle metafore con cui sono scritte, riescono a narrare ogni cosa, offrendo gli strumenti giusti per interpretare quello che stanno vivendo e affrontare con coraggio anche le prove più inaspettate”.
Sono convinta che la consapevolezza di questa “psicomagia” sia rimasta nel fondo dell’anima di chiunque da piccolo abbia ascoltato fiabe, e a tratti emerge. Per questo ho trovato struggente e bello incontrare anche in un carcere persone che, istintivamente, hanno trovato nel linguaggio della fiaba le parole per dire quello che altrimenti farebbero fatica a dire…
Per tutti, vi dirò di Giovanni Zito, il gigante buono, che inventa racconti che si aprono nei racconti… “E scrivo, per la mia nipotina, favole, che sono pezzi di me, ché altro non posso darle. Così… C’era una volta un nonno, un vecchio nonno che, per il gran bene che voleva ai suoi nipotini, per farli contenti inventava favole… Un giorno, quando il mondo ancora era allegro, bello e giovane così come lo ero stato anch’io, mi incamminai verso l’Etna, la montagna più alta della Sicilia. E i bambini: -Sì, oh! Oh! Oh! E come sei arrivato fin lassù nonno, a piedi?-”
Giovanni Zito, che … “sono Giovanni e cammino sotto il sole”, e alla fine del racconto, scritto per la nipotina, ma credo anche per se stesso, si rivolge all’Etna per una preghiera: “Meraviglia della tua isola, fai in modo che tutti i bambini possano rimanere lontano dal cerchio dei brutti racconti, fai in modo che questi tuoi figli abbiano un futuro prosperoso, dà loro coraggio e forza di vita. Io ormai sono un vecchio nonno e non vado oltre la mia età. Lo so, montagna, che non sono stato un buon esempio del mio vivere, ma credo che sia giunto il momento di cambiare per amore dei miei nipotini”.
Potenza delle fiabe e del narrare. Bisognerebbe ascoltarne di più, bisognerebbe ascoltarne sempre. Soprattutto quando i sentieri della vita s’intricano di rovi nei quali rischiamo di restare intrappolati…