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    Il disordine che abbiamo dentro…

    giardini-cubi-copAprendo, a caso, una pagina da “La provincia dell’uomo”, di Elias Canetti…
    “Nell’ordine c’è qualcosa di micidiale: nulla deve vivere dove non gli è consentito. L’ordine è un piccolo deserto che si è creato da sé. E’importante che sia delimitato, affinché chi possiede autorità su di esso possa prestare tutta la dovuta attenzione. Si sente povero l’uomo che non possiede alcun territorio deserto di questo genere, nel quale abbia il diritto di estirpare con furore cieco ogni cosa”.
    C’è qualcosa di magico in questo libro di riflessioni e appunti raccolti negli anni da Canetti. Pagine dove davvero abita la grandezza.
    Sfogliandolo, ogni volta, ti tocca sul vivo. E’ un po’ come lanciare in aria le monete dell’I King, il libro dei mutamenti, e stupirsi di leggere, nell’esagramma che ne nasce per indicare la via, l’istantanea dell’animo di chi interroga.
    Così, questa riflessione dal quaderno degli appunti di Canetti del 1956, a proposito dell’“ordine”, sembra rispondere esattamente alle inquietudini, di questi giorni…
    C’è qualcosa di malato nel bisogno di ordine, pensavo giusto ieri mattina, affacciata sul giardino del condominio dove abito. Esasperata forse un po’ dal rumore del tagliaerbe e di quell’altra diavoleria a motore di cui la tecnologia ha fornito i giardinieri per spazzare via le foglie morte, che ormai non vengono più lasciate sul terreno a divenirne, marcendo, nutrimento… Per carità, troppo sporco, troppo disordine… E poi via con seghe e falciasiepi, per irreggimentare arbusti e alberi in forme squadrate… Che nessuna foglia, per carità!, esca dal perimetro che alla pianta è stato assegnato…
    Nel furore del rigore geometrico, capita che cadano rami ancora in fiore. Sarà pure vero (ma secondo quale scuola di pensiero?) che ogni due anni vada potato, come mi ha obiettato il giardiniere, ma il cespuglio del gelsomino giallo era un’esplosione di gettiti luminosi. Si stringe il cuore a vederlo ora ridotto a un piccolo bozzolo verdolino. Passandovi accanto, la sua voce arriva esilissima, e sa di pianto…
    Non è solo ‘follia’ di una signora stravagante, credetemi. Le piante piangono. Me lo ha confermato, insieme ai gatti che gironzolano intorno, anche il Randagio, che con me ora osserva mesto dalla finestra tanta pulizia e tanto ordine che sembra soddisfare i più.
    “Troppa pulizia, troppo ordine… ha un che di vicino alla morte..” ho sentito borbottare il Gatto, che ora cerca di consolarsi, e consolarmi, ricordando quanto la capacità delle piante di rinascere sia più ostinata della voglia di pulizia degli uomini.
    Vedremo. Ma non posso che ripensare alla frase di Canetti: “C’è qualcosa di micidiale nell’ordine… nulla deve vivere dove non gli è consentito”. E quanta più confusione e paure
    abbiamo dentro, di tanto più ordine esterno sembriamo aver bisogno. Per tranquillizzarci. E per non sentirsi così poveri da non possedere neanche un piccolo deserto dove si sia padroni di estirpare con furore cieco…
    Scusate il salto, ma dalle piante agli uomini il passo è breve…
    Guardo le aiuole, che il furore dell’aspiratore ha ripulito del più piccolo sterpo… e non riesco a non pensare al furore cieco che solo ieri ha sguinzagliato le forze dell’ordine che hanno fatto pulizia a Roma negli spazi occupati da chi cerca asilo, e ieri e ieri l’altro nelle case occupate da chi casa non ha… Penso all’ordine tetro che sempre segue al passaggio delle ruspe nei campi rom… alla pulizia che sa di morte che immagino regnare nei centri sociali sgombrati negli ultimi tempi… a Roma, a Bologna… ché le attività che pure vi fiorivano, erano forse troppo vive e libere e confuse di colori, come l’esplosione di rami di gelsomino che ora non sono più…
    E chissà che dallo stesso grumo dell’animo non nasca il furore cieco che ha sguinzagliato parole … stupide e irresponsabili, per far pulizia di zanzare e presunti trafficanti di malattie e insetti annidati in valigie migranti…
    “Quasi quasi mi viene da pensare”, mi ha soffiato all’orecchio il Randagio, “che è stato lo stesso bisogno di ordine, e di controllo e di pulizia dello spazio in proprio potere, ad armare di furore cieco le mani dei buttafuori che hanno ucciso quell’uomo all’uscita della discoteca. Colpevole di aver violato l’ordine del caos che pure vi regnava…”.
    Si è fatto pensoso, e ha continuato: “e quanto micidiale è l’ordine degli eserciti in marcia…”
    Basta, basta così! A seguire il concatenarsi dei suoi pensieri, non si sa mai dove si va a finire e già quasi manca il respiro.
    Tornando al nostro giardino, si parva licet…
    D’accordo con il Randagio, abbiamo chiesto una consulenza, e un aiuto, a un architetto dei giardini. Una gentile architetta, a essere precisi, e a un botanico, suo collaboratore. Stanno studiando il caso. E non mancherò di aggiornarvi sull’esito della nostra piccola battaglia contro l’ordine delle siepi.
    Ma come?!, immagino l’obiezione… consultarsi con un architetto! Che è maestro dell’arte che per definizione è un’attività che mette ordine.
    Vero. E falso. Giancarlo De Carlo, affermato architetto del dopoguerra, raccontava che, quando andava a visitare una città, si stancava presto di ammirare le grandi ‘avenues’ dell’ordine e ( come tutti noi, diciamo la verità) subito si perdeva nei vicoli del disordine, “dove brulicano le attività, si intrecciano i sistemi organizzativi e fioriscono le forme”.
    Perché nell’ordine, spiega De Carlo, “c’è la noia frustrante dell’imposizione, mentre nel disordine c’è la fantasia esaltante della partecipazione”. Bisognerebbe, solo, stabilire le condizioni in cui il disordine possa liberamente manifestarsi.
    E’ dal caos (bisognerebbe ricordarlo sempre) che nasce spesso la vita. Come quella che il Randagio sta sognando di ritrovare, tuffandosi nella baldoria di cespugli infine restituiti alla natura, splendida e libera, delle loro forme.

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