Senza mezzi termini Magistratura democratica parla della condizione drammatica delle nostre carceri, che le politiche repressive e di inasprimento sanzionatorio nei confronti degli autori di reato di lieve entità non possono che peggiorare…
Il documento:
“Il carcere è uno dei luoghi in cui un paese democratico misura il suo tasso di aderenza ai diritti universali dell’uomo. È il fulcro in cui l’uso della forza, regolato dallo Stato nel processo, cerca il suo più difficile equilibrio con l’umanità del trattamento sanzionatorio e con la risposta rieducativa che la Costituzione affida alle pene.
Il 10 novembre 2023, tuttavia, le presenze in carcere nel nostro Paese hanno di nuovo toccato quota 60.000, a fronte di una capienza regolamentare di poco più di 51.000 unità. Siamo vicini al numero di detenuti che, nel 2013, condusse alla sentenza pilota (Torreggiani c. Italia, 8 gennaio 2013) con la quale la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo condannò il nostro Paese per i trattamenti inumani o degradanti subiti dai detenuti ristretti in carceri strutturalmente sovraffollate. Al 31 dicembre 2022, data di entrata in vigore della riforma Cartabia in tema di pene sostitutive, i numeri attestavano la presenza in carcere di 56196 persone, circa 4.000 in meno di oggi.
Al dramma del sovraffollamento, si aggiunge quello della carenza di personale, certificata dalle rilevazioni del Ministero: il numero totale degli educatori effettivi è pari a 803 unità – a fronte delle 923 previste in pianta organica – con la media di 1 funzionario giuridico pedagogico per 71 detenuti e punte di 1 educatore per 334 persone detenute, come rilevato nel XIX Rapporto Antigone.
In molti istituti si riscontrano fatiscenza edilizia, promiscuità di percorsi trattamentali, impossibilità di un effettivo accesso al lavoro e alle offerte rieducative, assenza delle basilari condizioni igieniche, insufficienza dell’assistenza sanitaria. Il carcere rimane un luogo dove si cerca di sopravvivere al nulla, dove i problemi principali sono quelli relativi all’igiene, allo spazio e al cibo, dove il tentativo di soddisfare i bisogni basilari, quelli che dovrebbe essere lo Stato a garantire a ciascuno, prende il sopravvento sull’impegno personale a sviluppare o ricucire il senso del bene comune e la voglia di migliorarsi.
Un carcere ridotto in queste condizioni produce soltanto un disagio allarmante. Alla frequenza tragica dei suicidi – in media uno ogni cinque giorni, come ha rilevato il Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà – si somma il dato relativo ai due milioni di euro all’anno spesi per somministrare psicofarmaci ai detenuti: il “carcere sedato” sta prendendo sempre più il posto del carcere rieducato. In questa condizione, la tutela dei diritti umani delle detenute e dei detenuti, nonostante gli strumenti dei reclami giurisdizionali, diventa sempre più difficile e il reinserimento sociale, all’esito del percorso detentivo, un miraggio.
È una situazione che Magistratura democratica ha toccato con mano nel corso delle visite – organizzate assieme ad Antigone, alle Camere Penali e a Giuristi democratici e grazie all’apprezzabile collaborazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e dei singoli direttori – ad alcuni significativi istituti penitenziari: la Casa Circondariale di Sollicciano (25 novembre 2022), la Casa Circondariale di Napoli Poggioreale (4 febbraio 2023) e la Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino (9 giugno 2023).
Questa situazione rischia di essere ulteriormente pregiudicata dalle politiche repressive e di inasprimento sanzionatorio nei confronti degli autori di reato di lieve entità in materia di stupefacenti: aumenterà ulteriormente l’area della detenzione sociale – quella che non accede alle alternative al carcere per mancanza di risorse essenziali – senza alcun vantaggio nella prevenzione del consumo delle droghe, nella tutela della salute dei tossicodipendenti, nella riduzione del danno.
In questa congiuntura difficile, ai magistrati democratici preme ribadire l’importanza di una presa di coscienza all’interno della magistratura sull’assoluta necessità di una immediata e diffusa applicazione delle pene sostitutive. Si tratta di pene che, ove possibile, dovranno prendere il posto della pena carceraria e non delle misure alternative, al fine di garantire una reale decarcerizzazione.
Magistratura democratica, inoltre, auspica che fondi e risorse siano destinati, invece che a progetti di costruzione di nuove carceri (idonee solo a perpetuare i problemi dell’oggi e incapacitare un maggior numero di persone), agli Uffici Penali di Esecuzione Esterna, agli enti territoriali e del terzo settore – questi ultimi fondamentali nella costruzione di una giustizia di comunità che, attraverso le pene sostitutive, può essere declinata fin dal giudizio di cognizione – al fine di implementare possibilità alternative al carcere anche per i condannati privi di risorse economiche. Allo stesso tempo, in un periodo di nuovo allarme per il sovraffollamento, pare necessario riaccendere nel dibattito pubblico una riflessione sul numero chiuso degli istituti penitenziari e sulla possibilità e di stabilire seri e rigorosi criteri di priorità che sanciscano chi, nell’ambito della prefissata capienza delle carceri, debba iniziare l’espiazione intramuraria e chi invece debba iniziare l’esecuzione della pena in detenzione domiciliare, in altre misure alternative o permanere in libertà. Rilevante attenzione dovrà essere prestata alla proposta di legge (A.C. n. 1064, presentata il 30 marzo 2023) di istituzione delle case territoriali di reinserimento sociale, volta a permettere, in casi di ridotta pericolosità sociale e di limitata entità della pena, che la detenzione possa essere scontata in specifiche strutture appositamente istituite, di dimensioni ridotte e caratterizzate da programmi di trattamento espressamente finalizzati alla ricollocazione sociale del condannato.
Magistratura democratica auspica che il legislatore attribuisca ai tribunali e gli uffici di sorveglianza – penalizzati dalla esclusione dal PNRR – delle risorse di personale necessarie ad affrontare il delicato compito della giurisdizione rieducativa e sui diritti dei detenuti.
Magistratura democratica, infine, auspica una rapida messa a regime della disciplina organica della giustizia riparativa, unica in Europa. Una giustizia della riparazione che, per quanto per ora solo modello complementare e parallelo, nella sua sostanziale contrapposizione alla tradizionale giustizia punitiva, ha un che di indubbiamente rivoluzionario, in quanto modello di giustizia fondato esclusivamente sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro.“
Magistratura Democratica