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    I tesori della nostra memoria

    A proposito di storie che ritornano… Paolo Rausa ricorda… e ci regala questo piccolo garbato inno alla memoria del tempo che è stato e a quello che ci ha lasciato rendendoci umani..

    “C’è qualcosa che non riusciranno mai a cancellare di noi: la nostra umanità, fatta di cose semplici, un sorriso, una battuta, i nostri piccoli difetti e il nostro amore, questo sì grande per i nostri cari, gli amici, i concittadini, non solo della nostra città, ma della città mondo, non solo quelli che vediamo, ma quelli che non vediamo, gli emarginati, i reclusi, gli ebrei e i comunisti, avrebbero detto i nazisti, e poi gli omosessuali, gli zingari, i diversi… Ma è proprio quella la nostra forza: la diversità, anzi la biodiversità! E cosa temiamo dagli altri, che ci rubino il pane? Se volete bere ad un fiume, diceva il poeta Orazio, fatelo. Lasciate che noi beviamo almeno da un bicchiere d’acqua. Non rischiamo di essere travolti dalla corrente. Delle ideologie fatte Stato ci restano le oppressioni, le persecuzioni, le stragi non solo degli oppositori politici ma anche della povera gente, che non ha nessuna colpa se non quella di esistere e di lottare per la sopravvivenza. In questo sta il loro/nostro eroismo: il non darsi mai per vinti! E questo ci hanno insegnato i nostri genitori e i nonni: vivere del poco ma sempre con dignità, tasche vuote, credenze senza tanti generi alimentari ma quanta dignità… Quella di mia nonna, la madre di mia madre, vedova di guerra con quattro figli che si mostrava sempre in ordine e non chiedeva mai nulla a nessuno. A chi le chiedeva se avesse bisogno di qualcosa, diceva di no, che i figli avevano tutto il necessario. Lei era una tabacchina e coltivava un piccolo orto per i bisogni della famiglia. Ci riunivamo nella sua piccola casa di una stanza e cucina in più di una trentina tra figli e nipoti, mangiando qualcosa, soprattutto per stare insieme… Ecco forse è questo che ci manca del tempo passato, il senso di comunità, lo stare insieme e affrontare insieme le difficoltà della vita, rispettando tutti, accogliendo le diversità che ci sono fra noi. Non invidiavamo chi aveva di più o chi sfoggiava un’auto o un vestito nuovo, no, ma guardavamo alla ricchezza dentro, alla saggezza che ci dava gli strumenti per connettere le nostre anime. Per questo rimangono nella nostra memoria e nei nostri cuori perché erano uomini e donne che vivevano nella pienezza la loro vita. La musica, un ballo con la ragazza più bella, un bicchiere di vino… Ci chiamavamo tutti per nome, ci auguravamo nei giorni di festa, Natale, Pasqua e Capodanno, un buon futuro, una buona vita, traguardando le campagne per vedere se il raccolto avrebbe mantenuto le promesse che ora si vedevano germogliare e ondeggiare al primo alito di vento. Questo mondo morente è stato decantato da Pasolini che aveva temuto il rischio della società dei consumi, ma prima ancora la morsa dei regimi totalitari che hanno massacrato qualsiasi forma di diversità politica e sociale. Sono tutti presenti nei nostri cuori i parenti e i i vari paesani che mantenevano viva la piccola comunità con le loro arti e mestieri, una danza al suono della fisarmonica o del tamburello che intonavano una pizzica o un tango mellifluo dolceamaro o una cumparsita gioiosa, vociante e scalpitante… ❤”Paolo Rausa

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