Bellissimo intervento di Vittorio da Rios, che sono felice di ospitare su questa riva. A proposito degli intrecci che prendono la mente… ascoltate…
“Strani intrecci a volte prendono la mente e Francesca come sempre stimola in modo profondo ricerche curiosità sulle antiche cose del mondo e della vita che poi sono sempre un continuo riannodare i fili della storia. la ricerca delle origini e della necessità della poesia quando essa pone la bellezza e l’amore tra le cose imprescindibili alla vita stessa. Montale ammonisce: Spesso il male del vivere ho incontrato: Era il rivo strozzato che gorgoglia, era l’incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato… Quasimodo: Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito serra. E Ungaretti, Soldati: Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie. Poesia come catarsi estrema alla desolazione e barbarie della guerra. Ma poi nella Madre… E il cuore quando d’un ultimo battito Avrà fatto cadere il muro d’ombra, per condurmi, Madre, sino al Signore, come una volta mi darai la mano…E nel tentativo di riannodare i figli per comprendere le ragioni della nostra condizione e i cataclismi che hanno devastato la storia dell’ominide non possiamo non ricordare chi ha pagato con la vita la sua visione del reale contro tutto ciò che rende schiavi e non liberi.
Cecco d’Ascoli per esempio poco ricordato e studiato nelle prestigiose cattedre universitarie eppure a lui dobbiamo molto: L’Acerba opera didattica fortemente innovativa per eccellenza anti “divina commedia” dantesca, Filosofo, astrologo., medico dottissimo e colto da Socrate-Platone- Aristotele-Tommaso d’Aquino fino ai più grandi pensatori Arabi ne aveva fatto sintesi e metabolizzato il loro pensiero. Ma pago con il rogo il suo ardire e essere grande intelletto profetico. Fu arso vivo a Firenze dopo il processo della santa inquisizione nel 1327.Ecco che significa riannodare i fili della storia e scoprire il perché è cosi ancora stritolante il legno storto dell’umanità. Mencio come ci ricorda una antica leggenda cinese era un bimbetto di pochi anni quando suo padre mori. La madre riportò sul bambino tutte le sue speranze e le sue premure, desiderando di farne un uomo onesto, saggio e colto, di cui un giorno, esserne fiera. Con il suo affetto e la sua intelligenza, essa fece di tutto per supplire all’immenso vuoto che la morte del padre lasciava non solo nel cuore del fanciullo ma anche attorno a lui, nella famiglia che doveva educarlo; cosi, preoccupata che la vista del loro vicino di casa, un macellaio, potesse far diventare il suo bambino brutale e sanguinario, essa cercò un’altra dimora. Ma anche la nuova casa, secondo lei, non era adatta, perché era posta vicino a un cimitero e offriva troppo spesso l’occasione di vedere scene dolorose. Il piccolo, molto sensibile,diventava malinconico e piangeva per un nonnulla. Decise quindi di cambiare casa ancora una volta, ed ebbe fortuna: accanto alla nuova dimora c’era una scuola, e ben presto il piccolo prese a imitare gli usi degli studenti che andavano e venivano, cominciò a giocare alla scuola con i suoi amici, e presto volle andarci per davvero anche lui. In poco tempo Mencio apprese una infinità di cose, e divenne esperto in tutte le scienze in cui doveva essere istruito un letterato cinese in quei tempi, e cioè la musica, il cerimoniale religioso e civile, l’aritmetica, la scrittura, l’impiego delle armi, l’arte del condurre i cavalli. tutto questo faceva parte del corredo di nozioni che un saggio doveva possedere, oltre alle difficili scienze della filosofia e della morale. Presto Mencio fu in grado di seguire i corsi di un grande filosofo, Tseu–sse, ardente sostenitore della dottrina di Confucio, in tal modo divenne a sua volta il più grande seguace del grandissimo maestro. Era quello un tempo assai triste per la Cina imperatori inetti ed egoisti preoccupati solo di ammassare ricchezze nei loro sconfinati palazzi e di passare da un sollazzo all’altro incuranti delle condizioni del popolo. Mencio come avevano fatto Confucio e Lao Tse si prefisse di dedicare la sua vita alla felicità del popolo. La sua intelligenza e la sua cultura gli permettevano di comprendere i problemi e di suggerirne le soluzioni. Le sue doti di carattere, la sua sorridente fermezza di dire ai suoi concittadini le verità necessarie al momento opportuno e nel modo più efficace Fu ciò che egli fece in ogni momento incurante del pericolo a cui esponeva molte volte la sua vita.A una domanda fatta dal re Wei che gli parlasse di cose profittevoli Mencio rispose:A che pro parlare di cose profittevoli? Basta essere umani e giusti verso tutti gli uomini perché le cose vadano bene…Ogni uomo ha il dovere di compiere il bene. Molti oggi fanno il bene stanno dalla parte della verità e la verità è giustizia ed equità Ma l’umanità sembra andare non nella direzione del bene comune della serenità collettiva,ma bensì verso una irreversibile catastrofe. Ecco la stella del mattino disse Alce Nero a John G Neihardt che lo intervistava, vedrà di più perché sarà sapiente. E poi sollevo la penna d’aquila e disse: Questo significa Wahon Tonha ” il grande essere misterioso”: e significa anche che i nostri pensieri dovrebbero elevarsi in alto come fanno le aquile. Alce Nero molto probabilmente non aveva studiato “lineamenti della filosofia del diritto” di Hegel:”ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale sintesi e assioma dell’opera hegeliana ma possedeva la sapienza del discernimento e del giudizio tra cosa è bene per l’uomo e ciò che causa danno e morte all’uomo stesso. Un caro saluto.” Vittorio da Rios