La Storia, le storie…
“Siamo tutti protagonisti del Racconto Universale, ognuno con quello che può dare…” mi scrive accompagnando il dono del suo ultimo libro Gabriella La Rovere, medico, scrittrice, che ora restituisce alla Storia una storia ricca di tenerezza e compassione (compassione, che non è pietà, ma quel sentimento che è slancio dell’anima di chi sa percepire la sofferenza altrui e in qualche modo vuole sollevarla…)
La Storia di Francisco, “il matto buono dei frati” recita il titolo del libro (edizioni Augh!), che ci porta nella Spagna della seconda metà del Cinquecento. Francisco che, nato a Villapalacios e vissuto ad Alcalà di Henares, la terra di Cervantes, alla sua morte viene proclamato venerabile e giusto il 16 di questo mese in Spagna viene festeggiato. Il primo venerabile della storia con una probabile neurodiversità, suggerisce Gabriella La Rovere.
E chi poteva raccontarlo meglio di lei che è medico, che, come dice sempre, è ‘forse l’unico medico italiano con un solo paziente’, sua figlia, Benedetta, che soffre di una malattia rara ed è affetta da autismo, e che da sempre indaga il mondo complesso, doloroso, ma anche ricco di stupefacenti sorprese che è l’universo dell’autismo, la sua folla di persone che “… non dicono cose fuori dal mondo e probabilmente vedono quello che noi ancora non riusciamo a vedere. Magari siamo solo troppo presi per vederle ma dobbiamo avere l’umiltà di non sentirci superiori”.
Francisco, dunque, il frate probabilmente autistico…
La diagnosi deduttiva nasce dall’analisi di un libro scritto da un abate francese nel 1867 nel quale Gabriella, nella ricerca di vicende umane che l’aiutino ad approfondire e allargare lo sguardo sull’autismo, s’imbatte nove anni fa. “Vie du vènèrable frêre François de l’enfant Jésus de l’Ordre des Carmes-Déchaussés”. Nella sinossi che accompagnava il titolo, spiega, si raccontava di un omicidio commesso dal giovane Francesco, ma che non lo aveva minimamente turbato, e si sottolineava una sua passione per una statua di Gesù Bambino con il quale parlava e si confidava…
“E’ stata un’illuminazione: sembrava Benedetta con Harry Potter!”
Ne abbiamo parlato ( https://www.remocontro.it/2016/07/24/hello-harry-potter-hi-benny-magheggi-mamma-straordinaria/), di Benedetta e quel suo amato personaggio, con il quale la ragazzina immagina di parlare, per confrontarsi, per consolarsi nei momenti di dubbio… l’amico nel quale a tratti si trasforma per sfuggire a una realtà che la spaventa.
Così, Gabriella, studiando e rielaborando quella preziosissima fonte, ci racconta il suo Francisco.
E intenerisce quel bambino nato prematuro che “poteva passare intere giornate trastullandosi con un pezzo di legno che rigirava tra le mani per ore come a valutarne ogni singola parte (…), e qualsiasi tentativo di prenderglielo provocava urla di rabbia”. Che piangeva e urlava al fischio del vento e al rumore dei temporali, e si calmava solo se dondolato dalla madre, e ancora dondolandosi, più grande, riusciva a controllare le sue paure. Che non sa difendersi dallo scherno dei coetanei e, cresciuto, l’unica cosa che sa fare è badare alle pecore, e lo fa alla perfezione, e a ognuna dà un nome, ognuna riconosce… e il suo sguardo fisso e vacuo, e i suoi misurati passi…
Accade poi che un giorno Francisco uccide un uomo, perché è certo gli abbia rubato una pecora, Anita per la precisione…
“Francisco uccide un uomo senza provare alcuna emozione. Il padre lo lascia nel bosco e lui vi rimane fino a che torna a casa perché ha finito il pane. Nessun rimorso per quello che aveva commesso. Si comporta come se non fosse mai accaduto. Parla tranquillamente, senza alcuna emozione, con le guardie che erano andate a casa sua”. I segnali indicativi di neurodiversità…
Il padre comunque lo allontana dal paese, lo affida ad una donna ad Alcalà di Henares, e qui in uno dei suoi vagabondaggi entra in una chiesa… “rimase a fissare il soffitto col naso all’aria, non riusciva a spiegarsi come non crollasse…”. Inizia a frequentarla, quella chiesa, a fare dei piccoli lavoretti che gli vengono affidati e sarà poi accolto presso l’ospedale di Antezana, gestito dai frati domenicani, questo strano giovane che sembrava poco intelligente, ma che “avrebbe portato a termine ogni lavoro, anche il più lungo e stancante”…
“Le cose che capitano -spiega Gabriella- sembrano non toccarlo, non ha alcuna remora a dire ciò che pensa, subisce atti di bullismo senza ribellarsi e senza capirne la ragione, addirittura pensa che la colpa sia sua”. I segnali indicativi di neurodiversità…
E poi l’incontro con la statua di Gesù Bambino, e… “allungò una mano e la toccò con la punta delle dita… era visibilmente emozionato, gli occhi gli brillarono come se avesse appena ritrovato un amico che non vedeva da tempo”.
Un amico in cui confidare, proprio come l’Harry Potter di Benedetta…
“Francisco è molto agitato… il bue non c’è ancora. Manca poco a Natale a bisogna preparare la grande festa. Forse l’uomo (che doveva portare il bue ndr) non ha trovato la strada. Puoi dirgli la strada? Il povero Francisco è molto nervoso…”,
A pazze e a peccerille dio l’aiuta. Come non pensare al detto napoletano con cui Basile chiude, ne “Lo cunto de li cunti”, il racconto dell’orco. Perché a dispetto di tutti gli orchi che si possano incontrare questo Dio-bambino i miracoli sembra proprio farli, ogni volta che Francisco si rivolge a lui…
Tante cose accadono nel racconto, drammi, malattie, guarigioni, incontri, belli e meno belli. Incontra, Francisco, persino il re. E tutto, nel bene e nel male, attraversa con l’aria fiduciosa e innocente di un bambino, mentre tante cose inspiegabili accadono, piccoli e meno piccoli miracoli che lui aspetta e in cui crede. Tutto costruisce intorno a lui una certa aura di santità…
Ci restituisce questa storia, Gabriella la Rovere, come raccontandoci, spiega, di un Forrest Gump ante litteram. Un Forrest Gump che fiducioso a suo modo avanza, determinato, stupito e lieve, sullo sfondo della storia della Spagna di Filippo II e Filippo III.
“Ho studiato molto in questi nove anni… Alcalà di Henares è la patria di Cervantes, contemporaneo di Francisco; il padre era medico ed abitavano vicino all’hospitalillo…è presumibile che il padre sia stato chiamato dai frati per qualche caso più grave e chissà che non si sia portato appresso il figlio e abbia visto Francisco. E’ certo invece che Francisco incontrò Giovanni della Croce che alloggiò al convento per qualche giorno”.
Una piccola nota. Il libro fa parte della collana Khorakhané, e mi è subito sembrato rimando all’essere vento del mondo zingaro che, ci piaccia o no, molto ha da tempo capito dell’essere vento delle vite di ciascuno, che pure volando e incontrandosi e intrecciandosi portano ognuna il proprio contributo, cito ancora la bella dedica di Gabriella, al Racconto Universale…