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    E un altro giorno è andato…

    Arriva in libreria un nuovo libro di Guccini, “IL dizionario delle cose perdute”  ( acc… e c’era proprio bisogno che rinvangasse…?)  e sul libro arriva questo pensiero di Daniela Morandini. Come dire, Bologna e dintorni…

    “Se c’è una cosa  che si può rimproverare a Guccini, è di aver fatto rimpiangere il tempo andato anche a chi, in quegli anni, il tempo non sapeva ancora cosa fosse. “Vedi cara –ammoniva con quella sua erre anarchica -, è difficile spiegare, è difficile capire, se non hai capito già…”. E allora calava lo sconforto. Ora, con il “Dizionario delle cose perdute”,  Guccini ricorda ancora. La copertina è potente. E’ uguale, più grande, ad un pacchetto di Nazionali senza filtro, quello verde col veliero: un simbolo quasi come la falce e il martello ( simboli, perché, allora, i loghi non c’erano). Perché “abbiamo fumato di tutto (o quasi tutto, sia chiaro)” – ammette Guccini, e snocciola quell’archeologia di piccole cose che, dalla via Emilia, sarebbe arrivata al West. Come le siringhe di vetro, grosse, con l’ago di ferro, da bollire ogni volta in una scatoletta di alluminio. Poi “ si ricorreva ad una conoscente, ad una vicina di casa che sapeva fare le punture”: Già, era così e faceva male. E i pennini delle elementari dove sono finiti? C’era il “gobbino”, piccolo, nervoso. La “torre”, che ricordava vagamente la Tour Eiffel. La “manina”, a forma, appunto, di mano chiusa, con l’indice puntato, alla quale nessuno associava significati volgari. E il telefono nero, attaccato al muro, in ingresso. E la mamma che, quando voleva fare due chiacchiere, prendeva la sedia. Torna in mente anche quella “pulce“ che speravamo di avere scordato. “Era un gioco da bambine di solito regalatoti da vecchie zie zitelle – ricorda con precisione Guccini-. Consisteva  nel far salire un dischetto di plastica sopra l’altro, cliccandolo con una sbarretta oblunga. Una noia mortale. Ma piaceva appunto alle bambine, le quali oggi, da ex bambine, si illuminano ancora d’immenso al ricordo e fanno – ah sì, la pulce, clic- e torna in me il malcelato maschilismo di allora”. E  che dire poi del dentifricio? Per il tubetto di una volta, che si arrotolava come quello di un pittore,  sarebbe  anche  disposto a pagare qualcosa in più. Guccini scrive e ride. E ridiamo anche noi. E, questa volta, ci si rende conto, veramente, che un altro giorno è andato.”

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