Questa settimana, dopo che si è ricordato dell’assurda fine di Federico Aldrovandi, il 25 settembre di dieci anni fa, morto a 18 anni per “asfissia da posizione”, con il torace schiacciato sull’asfalto dalle ginocchia dei poliziotti… sono andata a rivedere “E’ stato morto un ragazzo”, il documentario di Filippo Vendemmiati che ha ricostruito quella terribile vicenda. E ve lo consiglio. Ha vinto nel 2011 il David di Donatello, come miglior documentario di lungometraggio, e intreccia inchiesta, stralci del processo, le parole della famiglia… lavoro rigorosissimo, lucido e straziante, che molto ci aiuta a interrogarci sul paese nel quale viviamo. A partire dalla frase di un testimone, che compare su fondo nero prima che inizino a scorrere le immagini del film, che tanto di noi racconta: “Non ho visto niente e non voglio sapere niente. La polizia si deve anche difendere delle volte, le forze dell’ordine fanno il loro dovere la notte. E che dovere che fanno. Delle volte ci rimettono anche la pelle e delle volte purtroppo ci sono anche delle vittime. E ci sono e non c’entrano niente”. (…)
Parlandone con Filippo Vendemmiati, ci conosciamo da trent’anni e più, che insieme iniziò la nostra avventura in Rai… “In fondo, mi ha detto, con questo film ho fatto i conti con un mestiere che mi piace sempre meno, il giornalismo”.
E perché sempre ancora m’interrogo e prendo appunti su questo nostro mestiere, l’ho ‘interrogato’.
Per ricordare, come nasce un racconto, che frughi nella verità… “Nella vicenda di Federico- mi ha confidato Filippo- il primo impulso è stato quello di riscattare le forme quasi vigliacche del giornalismo, che nei primi mesi si non era occupato della vicenda, ignorandola totalmente”.
Già. “… e siccome a questa vigliaccheria non è che io fossi stato estraneo, io ne ero in parte connivente e coinvolto, per motivi diversi, è vero… però anch’io nei primi mesi ( vuoi perché non abitavo più a Ferrara, vuoi per altro) ho sottovalutato questa storia, nonostante fin dal primo giorno un amico incontrato allo stadio, a Ferrara, mi ha detto: ‘guarda, ti consiglio di considerare bene quello che c’è dietro questa morte, temo che ci siano dietro cose molto grosse’”.
Questo amico, sapete?, non faceva il giornalista, ma l’edicolante. E gli edicolanti sbirciano magari titoli, sfogliano giornali, ma soprattutto ascoltano, confrontano, raccolgono le voci della gente, le chiacchiere. Come quella domenica mattina ( poche ore dopo quella morte nel parco di Ferrara)… ‘ma hai sentito… c’è la polizia, è morto un ragazzo…’. Aveva anche amici fra i carabinieri l’edicolante.
“Fatto sta che il giorno stesso l’edicolante mi ha detto: ‘Guarda i giornali, domani diranno che è morto per overdose. Non è morto per overdose, per malore… io ho sentito… vedrai ..’. E l’indomani i giornali titolavano come lui aveva previsto”.
Suggerimenti che rimangono ben stampati in mente, quelli di un edicolante che sa ascoltare, guardarsi intorno… “Così tornai su quella storia, memore di quel consiglio. Quando andai per la prima volta alla conferenza stampa dell’allora procuratore capo in dieci secondi cominciai non solo a dubitare, ma si aprì un mondo completamente diverso, e man mano che si andava avanti compariva un mondo sempre più intrigante e sempre più.. diciamo falsificato”.
Nel film, che racconta, indaga, confronta… tutto questo mondo falsificato viene piano piano sbugiardato. Vedrete, le registrazioni che smentiscono le dichiarazioni, le bugie, l’arroganza, le coperture, le “distrazioni”… E una famiglia, quella di Federico, un dolore immenso, ma che non si arrende.
“Ho seguito il caso per diversi anni. Per tutte le udienze del processo quotidianamente, giorno per giorno, facendo quello che da un po’ non si faceva più… E capii che poteva essere lo spunto per una piccola storia emblematica che poteva riguardare non solo un caso tragico di mala polizia, ma anche di mala informazione. Un caso emblematico di tanti altri, che conteneva in sé tutte le forme si insabbiamento, di depistaggio, che hanno i grandi misteri italiani. Insomma c’erano tutti gli ingredienti … Ma qualcuno della mia azienda non capì, non volle capire il valore simbolico, democratico e civile di questa storia”.
Già. Che mestizia, il nostro servizio pubblico… “E quando proposi alla Rai di farlo insieme, l’allora direttore di testata mi rispose: ‘ma a chi vuoi che interessi questa piccola storia che è successa a Ferrara’ ”.
In realtà, come ormai tutti sappiamo, non era una piccola storia successa a Ferrara, ma una grande storia italiana che meritava di essere raccontata.
Ascoltando, il racconto di Filippo Vendemmiati, e rivedendo il suo film, sempre più mi convinco che sono documentaristi, oggi, a riempire il vuoto lasciato dal giornalismo d’approfondimento, sempre più raro, soprattutto nell’informazione mainstreem. E molto svelano di questo nostro paese, che non sappiamo vedere. Come la vicenda della morte di Federico Aldrovandi, che qualcuno avrebbe voluto archiviare in fretta.
Molto racconta dell’Italia anche il fatto che lavori come questo difficilmente entrano nel giro della grande distribuzione. Eppure “E’ stato morto un ragazzo” sul web ha avuto cifre pazzesche di contatti. E lì invito ad andare a vedere. Per capire, se abbiamo ancora qualche dubbio, anche perché fa tanto orrore, non è accettabile, che chi è stato responsabile di quella morte indossi ancora una divisa… E magari ci interrogheremo su altre morti, di persone nelle mani delle forze dell’ordine, ci verrà il dubbio che non siano solo questioni private… che quella che è messa in gioco è la democrazia, di questo confuso paese…