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    Dove è sempre venerdì di passione…

    bambino valigAvrei voluto parlare di Pasqua e di resurrezioni, ma proprio non trovo ragioni..
    Pensando piuttosto a Maria… ché alle immagini luminose, agli sfondi azzurri di cieli e spume di nuvole, al volto trionfante di luce dell’iconografia a cui rimanda la Pasqua dei cristiani, si sovrappone un volto di lei, che non riesco a mandar via… Ed è ancora il volto del venerdì santo, di quando, come si legge nel racconto di Nicodemo, Maria diede in un gemito profondo… “ma ormai figlio mio anch’io morirò con te”… e poi gridò di nuovo a gran voce… ai piedi della croce del figlio che muore…
    Tutto sembra rappreso nel momento di quel gemito, e sembra difficile andare avanti a sfogliare le pagine del racconto, dopo aver visto e rivisto immagini che arrivano dalla Siria… e ascoltato quel grido da Ghouta… “vediamo i nostri figli diventare cadaveri”… Ghouta, e tutti quegli altri posti intorno e i confini vicini, dove oggi altre madri piangono i figli della Marcia del ritorno, sulla terra di Palestina… E poi quegli altri figli che non vediamo, e tutte quelle altre madri il cui grido non sentiamo…
    Quale resurrezione nei luoghi, così vicini così lontani, dove la vita sembra essere un solo eterno venerdì di passione… dove solo la morte trionfa… un massacro così vicino, così lontano, che solo a tratti riesce ad avere uno sprazzo d’attenzione e poi tutto subito si richiude…
    Come partecipare alla gioia della resurrezione, come leggerne le pagine… mentre laggiù (rileggo titoli dalla Siria) “infuria l’apocalisse”..
    Ma l’Apocalisse, quella con la “A”maiuscola, è libro delle vittime che si fa denuncia. Libro definitivo. Libro spietato, se spietata è la violenza degli angeli che si fanno giustizieri. Ma in questo mondo sembra non ci sia ancora giustizia… Questo gridano le madri e i figli di quelle terre nel giorno eterno della loro passione…
    “E se fosse tuo figlio?”. In rete, nella pagina di Futura, incontro le parole di Cecilia, figlia di Teresa Sarti, fondatrice con Gino Strada di Emergency. “Teresa, mia madre, diceva che alla fine capire la guerra era tutto qui. E da quel capire viene l’agire, perché se fosse tuo figlio faresti qualcosa, giusto? Trent’anni fa io e la mia mamma abbiamo visto insieme il nostro primo ferito di guerra, un bambino che aveva la mia età. Quella notte abbiamo guardato insieme la faccia della guerra; io non ho pianto, lei sì. Il nome del suo pianto, l’ho saputo dopo, era “E se fosse mia figlia? E se fosse il tuo?”.
    Parole di verità. Ma la nostra interessata ignavia ci impedisce di farci questa domanda, e chi potrebbe, dovrebbe, ad alta voce parlare, “codardamente tace”…
    C’è un passo dell’Apocalisse di Giovanni che più di tutti sempre mi colpisce e inchioda. “E all’angelo della chiesa di Laodicea scrivi: -Conosco le opere tue, e che non sei né frigido né fervido. Così, perché sei tiepido, né caldo né freddo, sto per vomitarti dalla mia bocca…-
    E’ per la nostra tiepida ignavia che saremo vomitati dalla Sua bocca… ?
    Nell’attesa della giustizia che gli angeli dell’Apocalisse promettono… quale consolazione, per i troppi figli che non torneranno dalla morte…
    Un pensiero, un desiderio impossibile… vedere tornare sulla terra “un piccolo angelo di dio”, il Gesù bambino di uno dei vangeli apocrifi, quello dello pseudo Tommaso… che racconta di un giorno che nel vicinato di Giuseppe morì un bimbo malato, e sua mamma piangeva disperata… “Gesù sentì che c’erano grandi lamenti e agitazione e corse lì in fretta, e trovato il bambino morto gli pose una mano sul petto dicendo: -Dico a te bimbo, non morire, ma vivi e resta con la tua mamma!- E subito quello si guardò attorno e sorrise. Vedendo questo le persone che erano presenti si stupirono e dissero: -Davvero questo bambino è un angelo di Dio perché ogni sua parola è un fatto compiuto.”
    Poi il piccolo Gesù uscì da quella casa e si mise a giocare insieme ad altri bambini.. E questo non fu il solo bambino restituito alla vita, come racconta Tommaso ismaelita, che “tutte queste cose ho visto”…
    Ma oggi, rimane il dolore impossibile delle madri delle nostre guerre… sullo sfondo di cieli grigi e polvere, e pietre aspre che sono ossame. Nessuna resurrezione per i figli di queste madri (e dei padri)… quando non sono anche loro a morire… quando non riescono a fuggire…
    Ci siamo tutti commossi e inteneriti per la foto del bambino nella valigia, diventato il simbolo dell’esodo da Ghouta. Sembra dormire di un sonno smarrito, innocente e vittima, e pure dolce, come un cucciolo indifeso. Come un capretto… di quelli che portiamo, a pezzi, al tavolo della nostra indifferente ingordigia …
    buona Pasqua a tutti…

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