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    Disegnare il mito…

    1 Gilgamesh e il mostro Humbaba - CopertinaUna riflessione di Grazia Sotis sulle illustrazioni che Marco Lorenzetti ha fatto per la storia di Gilgamesh… un invito, che volentieri accolgo, a perdersi nel fascino di immagini che tessono racconti… ascoltate:

    “Marco Lorenzetti ha illustrato opere importanti, tra queste i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni raccontata da Umberto Eco, Il topo e la montagna di Antonio Gramsci, e Gilgamesh come narrata da Yiyun Li nella traduzione italiana dall’inglese nel Gruppo Editoriale L’Espresso – Scuola Holden, 2011. Gilgamesh era un re sumero dell’antica Uruk, la cui storia ed imprese sono state incise e tramandate su dodici tavolette d’argilla. Il poema epico che ha dato vita all’epopea di Gilgamesh, composto fra il 1300 e il 1100 avanti Cristo, è considerato il più antico del mondo. I Sumeri erano una popolazione che abitava parte del territorio compreso fra i fiumi Tigri ed Eufrate e, insieme ad altre popolazioni a loro succedute nei secoli seguenti, gli Accadi, gli Ittiti, gli Assiri, i Babilonesi, avevano creato la civiltà mesopotamica e mediterranea. La cultura sumerica è confluita tramandandosi in quella dei popoli sopramenzionati fino a giungere ai Persiani, ai Greci, ai Macedoni e ai Romani.
    Il poema di Gilgamesh è stato rinvenuto (…) nel XIX secolo generando un profondo interesse da parte di generazioni di studiosi, traduttori e filologi. Ne La favola dell’indoeuropeo, Giovanni Semerano attraverso il suo lavoro di filologo sfata la definizione di lingue europee investigando più profondamente l’apporto delle lingue sumerica, accadica, assira e babilonese. Nel termine gilgamesh possiamo discernere le matrici sumeriche di “mah”, grande e potente, “es”, tempio, “gam”, vincolo, unire. Gilgamesh è divenuto un eroe e un mito il cui valore si è ramificato, e così perpetuato, nelle culture successive trasferendo in esse aspetti della mitologia e progenie sumerica.
    Questo breve introduzione è volta ad avvalorare il lavoro di Lorenzetti quando illustra il racconto di Gilgamesh perché, attraverso i suoi disegni, opera un recupero della memoria, risalendo ad immagini che si proiettano da un passato così lontano senza ostacolare la nostra comprensione di un popolo con le sue credenze, i suoi usi e costumi. Lorenzetti discende nella storia diventata mito così da cogliere gli antichi segni e li rigenera con la sua capacità di artista. Quello di Lorenzetti è un viaggio virtuale, se così possiamo definirlo, lui elabora ed arricchisce il racconto con segni interpretativi che sono della civiltà occidentale. Ne scaturisce una sintesi di immagini che non solo conferiscono valore universale al contenuto, ma compiono un’ opera di innesto fra il mondo occidentale ed orientale di ieri e di oggi.
    Quest’ultimo aspetto è comprovato da Yiyun Li, la scrittrice cinese-americana che racconta la storia di Gilgamesh. Temi e messaggi nel racconto acquisiscono valori universali, riscontrabili anche nell’opera narrativa della scrittrice che diviene il “fiume-oceano” fra l’Oriente e l’Occidente: amore, amicizia, fratellanza, coraggio, rispetto, apertura verso altri popoli e culture diverse. Universalità di contenuti comporta l’abbattimento di barriere fra le genti. Come ieri, oggi Gilgamesh è divenuto soggetto e oggetto di questa consonanza ben interpretata nelle illustrazioni da Lorenzetti. Lo stesso Giovanni Samerano conferma l’intuizione storica di un vincolo di una vasta fratellanza culturale che legava da 5000 anni l’Europa e l’Occidente alla Mesopotamia, l’attuale Iraq, dove fiorirono le inarrivabili civiltà, le culture di Sumer, di Akkad, di Babilonia; ed è ancora oggi vivo il fascino nelle arti, nelle scienze e nel diritto.
    Una giovane ricercatrice americana, Molly Burns, nel suo lavoro dal titolo “Trends and Social Values in Contemporary Illustrated Children’s Literature”, facendo uno studio comparativo fra l’Italia e gli USA, raggiunge la conclusione che in Italia le illustrazioni dei libri per l’infanzia sono espressione della formazione artistica e dell’ orientamento culturale dello stesso illustratore. Le immagini spesso offrono interpretazioni più astratte e metaforiche che richiedono spiegazioni da parte degli adulti, quando esse dovrebbero essere di aiuto immediato nella comprensione del testo. Si riporta quanto affermato dalla Burns per un duplice motivo. In primo luogo per asserire il valore artistico delle illustrazioni di Lorenzetti e in secondo luogo per sfatare la mancanza di una interpretazione più fedele al racconto. Le illustrazioni diventano traduzione e interpretazione, esse riflettono il gusto e quindi le scelte operate dal disegnatore.
    Il lavoro di Lorenzetti estrinseca sia l’aspetto narrativo sia artistico. Ne La storia dell’arte raccontata da E.H. Gombrich, a proposito dell’arte dei Sumeri, da quanto rinvenuto in alcune tombe, egli afferma che pur non sapendo “che cosa esattamente questi favolosi animali volessero significare, ma quasi certamente sono figure mitologiche di quegli antichi tempi, ricche di un significato profondamente serio e solenne anche se a noi ricordano le pagine dei libri per bambini …”. Ed è la capacità evocativa dell’immagine, la sua forza e apparente semplicità interpretativa ad illustrare la dinamicità della narrazione. La storia scritta o narrata oralmente si carica di mobilità visiva: i disegni del Gilgamesh di Lorenzetti sono una fedele trasposizione dell’eroe sumerico come narrato da Yiyun Li, impresa non da sottovalutare considerata la complessità del poema per chiari motivi temporali, geografici, storici, leggendari, culturali e tematici. La stessa scrittrice scorge nel poema sumerico la possibilità di una sua personale denuncia sul diritto alla vita, alla dignità umana, e un’accusa alla tirannia di ieri e di oggi, alla prepotenza dei governanti sui popoli: le pagine dei suoi romanzi e racconti evidenziano tale critica.
    Da ciò si evince la ricchezza di contenuti e di forma che Lorenzetti ha ben sottolineato con i suoi disegni volti ad aiutare i giovani lettori alla scoperta del mondo e del personaggio Gilgamesh con tutte le sue peculiarità. L’artista utilizza la china che gli consente di evidenziare i particolari di una massa armonica, come Doré illustra i capolavori della letteratura. Un riferimento al disegno di Lorenzetti del Paradiso evoca la pittura murale e le decorazioni del palazzo di Mari, una città mesopotamica e contemporanea a quella di Uruk. L’affresco è conosciuto come l’investitura o anche il paradiso, che in lingua persiana vuol dire giardino. Il disegno di Lorenzetti si avvale dei tratti essenziali degli alberi visti di lato, di animali e persone rappresentati di profilo, come pure i visi e l’occhio umano. I particolari sono presenti anche nei colori di pietre preziose. La prevalenza del colore blu nei disegni di Lorenzetti indica il significato di regalità che le antiche popolazioni mesopotamiche, e quindi anche i Sumeri, attribuivano al lapislazzulo. E’ interessante notare come Lorenzetti abbia impiegato questo colore più degli altri per rappresentare la regalità e la semidivinità di Gilgamesh. Qui anche il colore diventa elemento di comprensione di altre culture. La figura di complementarietà di Gilgamesh è Enkidu dai capelli biondi. Il colore dei suoi capelli fa pensare agli Ittiti che furono definiti “le avanguardie bionde”, come riportato da Semerano. Una nota che arricchisce la gamma di colori come una variante coloristica e interpretativa da un punto di vista storico cronologico.
    Gombrich, a proposito degli antichi egizi, ha affermato che per loro “la cosa più importante non era la leggiadria, ma la precisione … loro attingevano alla memoria”. Questa tecnica di rappresentazione è appunto riscontrabile nelle illustrazioni di Lorenzetti in quanto scava nella memoria dell’umanità. I suoi disegni s’innestano su capolavori quali La pietà di Michelangelo, ma anche quella del Carrisi, quando il lettore si trova ad osservare l’immagine della morte di Enkidu, compagno fedele di Gilgamesh, La deposizione del Cristo di Caravaggio e L’uccisione di Marat di Jacques-Louis David. A Michelangelo possiamo fare riferimento quando Lorenzetti disegna il momento della creazione, nel dito che infonde energia vitale e nascita di Enkidu ad opera di Aruru, la dea che plasma gli esseri umani. La fluidità dei disegni ci riportano alla progenie mitologica di William Blake e al suo dio Urizen, il riferimento è pertinente se teniamo presente quanto affermato da Harold Bloom che definisce la sua poesia e pittura “ossessionata da Michelangelo”. Personaggi e storie entrano a far parte della Bibbia così da delineare alcune fonti della civiltà cristiana nell’epopea di Gilgamesh e del mondo dei Sumeri.
    Il dito di un dio creatore trasmette energia e vitalità, lo pneuma che nell’antico gnosticismo è in ognuno di noi e rappresenta la parte più profonda della persona. Gilgamesh ed Enkidu assurgono a forze primordiali che si ripercuotono nella creazioni dei miti. La pietas che si rivela con la morte di Enkidu e la ricerca dell’immortalità da parte di Gilgamesh sono manifestazioni del recupero di antichi valori andati perduti o dimenticati, del bisogno dell’uomo di trovare risposte ai perché della vita e della ricerca dell’immortalità. Il racconto ripristina i sentimenti di pietas, amicizia, lealtà e autorevolezza, e le illustrazioni di Lorenzetti ben traducono e interpretano simili stati d’animo.

    Grazia Sotis
    Loyola University Chicago
    Rome Center

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