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    dirottatori, cicogne e spaesamenti…

    foto dirotDivagazioni assolutamente arbitrarie. Per salutare aprile, il più crudele dei mesi. Che ancora genera, come disse il poeta (S.T. Eliot, ricordate?) Lillà da terra morta, confondendo / Memoria e desiderio, risvegliando / Le radici sopite con la pioggia della primavera …
    Scherzandoci un po’ sopra, ma forse neanche troppo, è alle radici sopite risvegliate dal tempo a ridosso d’aprile che ho pensato leggendo di Seif Eddin Mustafa, il dirottatore del volo dell’Egyptair che martedì scorso per qualche ora ha gettato nel panico un pezzetto di mondo. Seif Eddin Mustafa, che si teme sia terribile terrorista, ma poi si svela solo persona piuttosto confusa, che vuole andare a Cipro per incontrare la moglie, ormai ex, e per lei ha una lettera…
    Le prime voci dicevano avesse anche farneticato qualcosa a proposito di (…) donne prigioniere da liberare, salta poi fuori che sarebbe un pregiudicato, piccole truffe piuttosto che terrorismo, mentre una hostess del volo smentisce la versione romantica: ma quale moglie, ma quale amore! Quell’uomo non sembrava affatto psichicamente instabile, non farneticava, non aveva nessuna lettera da mandare ad alcuna donna! Si sarebbe invece comportato come da manuale del buon dirottatore. E poi, e poi…
    Ma a un gatto randagio piuttosto romantico (che qualche giorno fa ha visto per l’ennesima volta ‘Jane Eyre’) piace credere al commento di uno dei passeggeri che pure per qualche ora l’hanno vista brutta: “Era solo una questione d’amore”.
    Ah! aprile, il più crudele dei mesi. Cosa avrà risvegliato nel cuore di Seif Eddin Mustafa, che dall’Egitto vuole raggiungere la donna che in qualche modo pure gli sarà rimasta nel cuore, la madre dei suoi quattro figli… Quali lillà ha pensato per un attimo di poter veder rifiorire dalla morta terra che “l’inverno mantenne al caldo”… E come provare ad andare a coglierli quei lillà se non volando, visto che l’amato bene abita di là dal mare, a Cipro? Guardandosi dentro, guardandosi intorno… un pensiero stravagante gli avrà suggerito di fare quel gioco lì, quello di cui avrà visto e sentito parlare in televisione. Qualche volta, gli avrà sussurrato qualcosa in testa, funziona. Volare, dunque. Anche se, per correre ad abbracciare l’illusione di quel suo amore, forse avrebbe preferito poter prendere libero il volo come le cicogne, che proprio in primavera pure immagino avrà visto passare sulla sua terra d’Africa…
    Che è stato proprio un aprile di un pugno di anni fa, che avevo letto di un maschio di cicogna che aveva percorso ben tredicimila chilometri in volo, dal Sud Africa fino a un tetto di un villaggio della Croazia. Per raggiungere la sua compagna, conosciuta, su quel tetto, cinque anni prima. Lei, che ferita da un cacciatore non era più in grado di migrare verso climi più caldi. Lui, che da quando l’aveva conosciuta ogni anno tornava puntuale e fedele. Rodan e Malena, li aveva battezzati il biologo che si è occupato di lei, testimone dell’incontro con lui. Invidiabile amore lungo tredicimila chilometri… E se il volo di Rodan non è stato fermato da qualche bracconiere appostato ai passi, c’è da giurare che questa primavera ancora le due cicogne innamorate si incontreranno su quel tetto di Croazia… Un pensiero aux animaux, e alla loro festosa leggerezza…
    Ma torniamo al nostro dirottatore, ma sì, per amore, forse un po’ pazzerello… Forse piuttosto persona esasperata, dall’inverno della sua vita dal quale ha pensato in qualche modo di uscire…
    Di Seif Eddin Mustafa e della sua mesta storia già non parla più nessuno. Inghiottita da ben altre storie e da ben altri drammi. Ma una cosa rimane ancora come impressionata nell’aria: l’immagine della foto che avrete visto tutti, e che ha fatto il giro soprattutto dei giornali britannici…
    Guardatela bene. Ha un che di lieve, surreale e struggente insieme. Sono lì, piazzati fianco a fianco davanti all’obiettivo, il dirottatore e uno dei passeggeri presi in ostaggio, l’inglese di Leeds, che di quell’avventura ha voluto immortalare l’attimo, facendosi appunto fotografare accanto al “terrorista”, con tanto di fili penzolanti dalla cintura che si supponeva esplosiva.
    Il dirottatore un po’ perso e quasi stupito, guarda verso l’obiettivo ma quasi a proteggere in sé il suo stesso sguardo. Il passeggero -ostaggio con le labbra come stirate nello stesso sorriso che avrebbe potuto avere, che so, in posa accanto a un centurione davanti al Colosseo, o appoggiato a una colonna del Partenone.
    Ripensando a Roland Barthes, che ha scritto “quando so di essere fotografato mi trasformo in immagine”… Come fanno i due uomini che qui ci consegnano la stramba fissità dei loro occhi. E, “se è insistente ( e a maggior ragione se dura, se con la fotografia attraversa il Tempo) lo sguardo è sempre virtualmente pazzo: è al tempo stesso effetto di verità ed effetto di follia”.
    Verità e follia, sospesi nell’attimo della posa. E non so quale dei due volti, ciascuno col suo carico di verità e follia, dia più da pensare. Se quello smarrito del dirottatore che già sembra vedere la fine della sua avventura, o quello dell’inglese, pure a un drammatico bivio della propria esistenza e che… ‘che volete? non avevo niente da perdere’, dicono abbia risposto alle polemiche scoppiate a proposito appunto dell’idea di quella foto.
    Entrambi, mi sembra, dicono tantissimo di questo nostro tempo stralunato. Confuso di memoria e desiderio…

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