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    C’era una volta… la terra delle acque

     

    C’era una volta… la terra delle acque. Con il racconto inviato da Salvo Nicosia, per parlare di Sicilia, seguendo le lezioni del professor Calì… La Terra della Acque, dunque. Un racconto nel racconto.

    Piove a dirotto. Il professor Calì arriva a scuola in ritardo, ed è rimproverato dalla preside, per fortuna interrotta da un tuono fortissimo. Il professore entra in classe e trova i suoi alunni alunni ad aspettarlo… Tutti presenti. Quasi se ne stupisce. “Ma professore, oggi ci deve parlare di suo zio Santo, se l’è dimenticato?”, già, lo zio Santo, che si occupò di acqua in Sicilia. Attacca, Janu. “Carusi, questo bene preziosissimo è stato la base del ricatto sociale e mafioso mai perpetrato ai danni di un popolo. Con la sete, si sono vintidecenni di elezioni! Caso ancora più grave: solo poco tempo fa, un ministro si è accorto che la nostra terra è in costante emergenza per l’acqua e lui, il ministro, si è scusato con un: “nessuno me ne aveva mai parlato”.

    La lezione continua… La Sicilia era terra d’acque… “Perché vennero i greci, duemila e seicento anni fa, se non per l’acqua? Le città che fondarono non erano vicino all’acqua? Mi fate un esempio?” I carusi ci pensano, poi: “A Kamarina non c’era un fiume che oggi si è prosciugato?”, “A Eraclea Minoa, vicino non ci sfocia il Platani?”. Un altro: “A Selinunte c’è il Belice, a Himera c’è l’Imera”, ancora: 2A Siracusa, l’Anapo e il Ciane”, “Catania, con il Simeto, idem a Bronte e Adrano”. Cntinuano. “A Randazzo e Naxos, l’Alcantara”. L’acqua, si rendono conto, era dappertutto… Il professore racconta. In Sicilia lavorarono i migliori ingegneri idraulici di quel tempo e costruirono acquedotti, usarono mulini per sollevare l’acqua e portarla dovunque, scavarono canali per irrigare le terre. In Sicilia, coltivarono quello che non poteva nascere nelle loro regioni, e vi portarono ortaggi, agrumi, arance, mandarini, cedri, limoni… Portarono magari il riso… e nacquero gli arancini…
    Leimmagini della Sicilia scorrono… Il Castellodella Zisa, la sala della Fontana, dove la fontana c’è davvero; un tempol’acqua partiva dallaparete centrale e poi si divideva in tanti rivoli che alimentavano cascate e vasche…. Negli occhi dei ragazzi incantati una Sicilia che non c’è più, quasi si sente la voce delle sue acque che c’erano una volta, dei fiumi un tempo navigabili… come in un racconto da fiaba… “Mi sapete spiegare, a questo punto, com’è possibili ca na ‘sta povera terra, nonostante le dighe, i sbarramenti, n’avemu mai acqua e semu sempri sicchi, assitati frischi? Ci piace molto questo professore che sa far sognare i ragazzi, e li invita a immaginarsi magari seduti in un localino ad ascoltare musica jazz… affacciati sul Lungo-Simeto, e mentre scivolano silenziosi i battelli con la ruota a pale. “Ma lo sapete che a Palermo c’era un fiume, si chiamava Papireto. Ora c’è una strada, la via Papireto, ma del fiume, nessuna traccia”. I ragazzi a questo punto sanno di saperne più del professore. “Professore, professore! Si è dimenticato del lago di Pergusa!”  , “Bravo, Gennaro! Hai ragione. Il lago di Pergusa, dove Persefone giocava con le sue amiche ninfe, e oggi è ‘na paludi, fangusa, sicca, morente.

    Ma questa lezione, come le fiabe, non può finir male.. E la voce del professore si abbassa, fino a un sussurro, mentre racconta della Sicilia nel mese di Aprile, quando questa terra selvaggia si prende la rivincita… ed è tutta un fiorire di giardini di aranci… e profumo di zagara  che fa stordire… La primavera nella terra delle acque negate… Intanto ha smesso di piovere. Con la luce torna in classe anch ela preside, con voce da strega cattiva. “L’ho sentita, sa?… da dietro la porta!… Non doveva spiegare Torquato Tasso, oggi? Che c’entra l’acqua? Non le basta che diluvi?”

    Già, che c’entra l’acqua…

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