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    Caserta Decida

    Quando mi hanno detto che a Caserta c’è un candidato sindaco di 27 anni, da emigrata dalla mia città al nord del Garigliano quando neppure avevo la sua età, ho sentito il cuore già un po’ cominciare a battere… e sono subito andata a cercare di saperne di più, di Raffaele Giovine, questo giovane uomo che, a capo di Caserta Decide, affronta una sfida non da poco.
    Spulciando qua e là, ho letto della sua vita fra movimento e volontariato, ho ascoltato alcuni suoi interventi…
    Beh, notevole. Tanto per cominciare, per la freschezza. Quasi un sogno…
    Poi subito, la prima cosa che viene in mente è un richiamo a quello straordinario “ottimismo della pratica” che Basaglia opponeva al “pessimismo della ragione”, quel “cambiare il mondo attraverso il nostro specifico”, proponendo quei cambiamenti radicali che solo dalla capacità di immaginare il futuro possono nascere. E Raffaele Giovine di questa capacità di immaginare il futuro, un futuro radicalmente nuovo, ne ha davvero molta. Un’immaginazione che ha basi solidissime.
    Mi sembra dica molto, su questa sua capacità, la vicenda di Villa Giaquinto, che a Caserta penso tutti conoscano. L’aver restituito a suo tempo alla città uno spazio pubblico che rinasce dall’abbandono, grazie alla volontà del fare. E mi sembra abbia, quella vicenda, quasi i termini di una parabola. Parabola della rinascita… a cominciare dall’albero caduto e dall’accetta e poi dalla motosega offerti da due cittadini ben lieti che qualcuno iniziasse a occuparsi del parco, fino alla rete di persone che piano piano si è coagulata intorno a chi ha saputo immaginare la rinascita di uno spazio pubblico che sembrava perso, cosa che pure era evidentemente desiderio di molti.
    Parabola anche dell’ottusità di chi a questo ha provato a opporsi: verrebbe da ridere, se non venisse piuttosto da piangere, leggendo di quanto la burocrazia si è ingegnata per ostacolare in qualche modo quel progetto che proponeva un metodo-linguaggio nuovo e forse proprio per questo “pericolosamente rivoluzionario”. A cominciare dalla denuncia per “furto di legna” che per prima è arrivata…
    In nuce, in questa storia, mi sembra ci siano anche alcuni punti cardini del progetto che il giovane candidato sindaco ha per la sua città, come il recupero della tradizione degli usi civici… e perché non affidare il patrimonio dismesso di Caserta, i beni confiscati alle mafie, a cooperative di giovani che possano farne un impegno sociale… questi giovani cui tanti “no” sono stati opposti nel tempo…
    E racconta bene, quel che è accaduto intorno a Villa Giaquinto, anche un’idea bellissima che Raffaele Giovine ha di sé: un sé che non è mai “io”, ma è sempre un “noi”.
    Ascoltando i suoi progetti, viene da pensare all’idea della “città che cura”, che è partecipare insieme, da ruoli e professioni diverse, a un progetto che poi diventa patrimonio collettivo. Ancora l’idea di una pratica che nasce dal pensiero di Basaglia, che sarebbe ora venisse trasposta dall’ambito socio-sanitario alla gestione complessiva delle città, come pure da più parti si chiede e si indica, quando si parla di “città della prossimità”, ad esempio…
    Modello utopico? Rivoluzionario? Per fortuna c’è chi le rivoluzioni ancora riesce a immaginarle…
    La rivoluzione immaginata per Caserta da Giovine, partendo dalle persone e dai bisogni dei singoli, e parlando di cose ben concrete (lavoro, economia, ecologia), sembra allargarsi costantemente in un respiro che abbraccia la città intera, e poi il paese tutto, e poi l’Europa… che è lo sguardo nuovo che si oppone a quello vecchio che stenta a morire e ancora spesso intralcia. Nuovo, anche nell’umiltà e nella ricerca del confronto che si sentono forti nelle parole di Raffaele, rari da trovare così sincere.
    Qualcuno, leggo, lo ha definito un ingenuo.
    La sua risposta? Essere ingenui è una categoria per sognare.
    Insomma, Raffaele Giovine “ha fatto un sogno”… Bellissimo, direi, e immagino sia lo stesso di tutte le persone che lo sostengono. Scorrendo le liste… età media 34 anni, e si pareggiano uomini e donne, e questo in un moto spontaneo, mi sembra, che non ha bisogno di “quote rosa” per trovare bilanciamenti “politicamente corretti”, che tanto sanno (perdonatemi, so che vado in questo controcorrente) di vecchio e paralizzante. E tutti questi giovani sostenitori sono, immagino, la prima cellula di quel “noi” che, per quel sogno da tradurre in realtà, si candida a essere l’anima pulsante della città.
    Fra quel “noi”, con gran piacere scopro solo ora (le zie sono sempre le ultime a sapere) che c’è un mio nipote, Enrico. Enrico de Carolis, che così racconta quel “noi”: “Siamo dei visionari. Ma questo non fa di noi degli illusi. Abbiamo molto chiaro cosa significhi lavorare per il Bene Comune. Sappiamo che dovremo confrontarci con delle procedure amministrative che a noi possono sembrare oscure e complesse. Questo non ci scoraggia. La nostra è la visione, appunto, di una città fatta a misura d’uomo che trovi soluzioni per le politiche sociali e culturali, che, attraverso uno sviluppo ecosostenibile, metta in essere progetti, su cui già stiamo lavorando, che creino lavoro e socialità. Noi siamo il futuro di Caserta e, per questo, abbiamo deciso di cominciare da adesso a contribuire per rendere vivibile e “Bella” la nostra città. Lo facciamo già da tempo nella gestione dei beni comuni, nelle pratiche politiche che incidono nelle problematiche sociali. Era arrivato il momento di fare un salto di qualità, di non delegare ad altri le nostre istanze e i nostri sogni. Il nostro attivismo politico si traduce in due parole: Visione e Concretezza”.
    E allora, evviva i visionari e la loro concretezza…
    Vi dirò… oggi che qui a Roma, giuro, non so proprio a chi dare il mio voto, ché voci così radicalmente nuove ancora non ho sentito, mi piacerebbe, il 3 d’ottobre, ritornare ad essere per un giorno cittadina di Caserta, per portare il mio voto a questo “noi” che riapre alla speranza…

    (nella foto, Raffaele Giovine ed Enrico de Carolis… una manifestazione ai tempi del liceo… )



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