Andando, tutte le mattine, sul trenino che porta, fuori Roma, fino ai cancelli del recinto… Andando, e guardando, di prima mattina, affacciandosi al finestrino a sinistra… sotto un tratto di ponte dove scorrono e corrono automobili, una mattina ho visto fiorire coperte… poi qualche sacco a pelo, qualche busta piena di chissacosa, sacchi di confusione, una sedia… allusione al ricordo di spazi di case… di chissachi, chissà da dove in fuga, a nascondersi da tutti. Era settembre, e forse ne ho già parlato… Andando, poi che l’autunno è avanzato caldo, che forse era già l’inizio di novembre… ho visto, guardando a sinistra nel riquadro del finestrino, che i sacchi a pelo e le coperte erano diventati letti, composti in buon ordine, con la testa rivolta alle colline, e i piedi alla linea della ferrovia… sempre attenti a non oltrepassare la linea del ponte su cui ancora scorrono automobili… che era, sicuro, confine di casa. Una mattina all’improvviso è scomparsa, messa lì in qualche angolo, la confusione di buste e di sacchi, e si è aggiunta qualche altra sedia, una proprio accanto al letto, come per ospite venuto a trovare un amico dormiglione… e ancora tracce d’illusione di casa. E qualche giorno fa, che per fortuna questo autunno era ancora tanto caldo, sembrava fossero appena usciti gli inquilini dello spazio di quella casa senza casa. E i letti erano ricomposti come solo mano di donna sa fare, prima di chiudere la porta dietro di sé… , perché anche un’illusione di casa ha bisogno di mani che diano un senso alle cose, e meno disperata è la fuga.
Questa mattina, che ancora è caldo, e già è freddo, e ancora non si capisce cosa sia autunno e cosa inverno e cosa il tempo dell’estate, affacciandomi al finestrino a sinistra, costeggiando la linea del ponte dove scorrono automobili, lo sguardo è precipitato nel vuoto… niente più letti, niente più sedie, niente di niente… neppure una traccia della casa che era stata… scomparsi anche i suoi confini, rasi al suolo con chirurgica oscena precisione…