Bisos… sogno… sogni... E proprio come un sogno è entrare nelle immagini dell’ultimo lavoro di Pietro Basoccu. Che tante volte ci ha catturati, con il suo scavare, soprattutto attraverso i volti, nell’anima della sua terra di Sardegna.
Ma per la prima volta il suo sguardo di fotografo non cattura volti, non persone, o la loro anima, sullo sfondo dei luoghi del loro vivere… per la prima volta ci regala racconto del paesaggio. E che racconto! Davvero sorprendente, se nelle sue immagini non c’è proprio nulla di consueto, nulla di quella “spettacolarità che fa parte del mondo mediatico del paesaggio”.
“È un viaggio onirico. Un ritorno all’infanzia”, spiega Pietro Basoccu. “Di quando, passeggiando per i monti, alla loro scoperta, si era sopraffatti dallo stupore nel guardare le rocce che il tempo aveva modellato fino a fare assumere alla pietra i più vari aspetti. Il paesaggio, le rocce, come pretesto per far viaggiare la fantasia e l’immaginazione”.
E sono architetture di totem, e sono volti umani, e sono animali, e sono esseri saliti, pensi, dalle viscere della terra, spaventosi, commoventi anche…
Certo per riuscire a restituirci tutto quello stupore, saper ancora leggere la vita di quei profili, di quelle fantastiche architetture… bisogna avere conservato sguardo di bambino. Basoccu lo ha conservato intatto.
Sfogliando le immagini, come sempre in un rigorosissimo bianco e nero, cosa vedo… un profilo di cavallo rivolto verso il cielo, a nitrire verso chissà quale dio… il bacio pietrificato di due volti antichi… il grido di un rapace… una processione di spiriti… uno sguardo pensoso di sfinge, che sul destino dell’uomo sembra abbassarsi dolente…
Per un attimo viene magari da pensare al giardino di Bomarzo… e ai suoi mostri di pietra… Ma no, nulla di tutto questo. Nulla del senso di artefatto che mi ha trasmesso (mi perdonino i suoi cultori) la pur travolgente finzione scenica del monumentale complesso cinquecentesco… Qui è la mano della natura che tutto ha già scritto e tutto scrive della storia del mondo con potenza che non ha eguali… E Basoccu, lasciandosene completamente conquistare, è riuscito a coglierla. Sembra a tratti di sentirne il grido…
E mi perdoni se ancora il mio pensiero va a Mario Trudu… l’eterno ergastolano, nei cui scritti è sempre sottesa, quando non dominante come nella sua autobiografia, l’immagine della natura della sua terra, che molto spiega della sua forza e durezza… una sorta di roccia del Gennargentu, avevo definito Mario, che pure svela momenti di inaspettata dolcezza e nascoste fragilità… Sarebbe rimasto incantato anche lui da queste immagini, dalla loro commossa potenza. Mario Trudu che, se non avesse imparato a scrivere, le sue storie, ho sempre detto, le avrebbe scolpite nella pietra. E sarebbe stata roccia dei suoi monti…
Qui Basoccu… legge le meraviglie anche paurose inscritte sulla pagina della terra, che ancora una volta è Sardegna, ma ancora una volta è anche voce del mondo…
“Bisos, alla ricerca del tempo perduto“, dunque. Nella elegante edizione della Soter Editrice. E ancora domani in mostra a Perdasdefogu (nel giardino davanti alla biblioteca comunale)…