Un anno dopo…
Non sono un architetto. Poco o nulla so di Bioarchitettura, se non lo stupore entusiasta degli occhi azzurri e spalancati di quell’architetto di utopie ( così in fondo l’ho sempre pensato) che era Ugo Sasso. E con utopia non alludo a qualcosa di impossibile e lontano. Anzi, ne ho sentita giusto qualche giorno fa, una bellissima definizione, non ricordo purtroppo di chi: “Utopia è quella cosa che quando facciamo un passo verso di lei si sposta di un passo, e se per inseguirla ne facciamo due, si sposta in avanti di due passi… e così via“. L’utopia, insomma, quello che ci fa andare avanti. La sua utopia Ugo Sasso la raccontava sempre così, come qualcosa appena lì davanti, a un soffio da noi. Un sogno che era a un attimo dal divenire presente, e quasi si meravigliava che per tutti così non fosse. D’altra parte bisognava solo essere ciechi per non leggerlo tutto, l’oggi della sua utopia, nelle linee delle sue iridi. Forse per questo spalancava sempre gli occhi, per farcelo entrare tutto intero il paesaggio di quel suo sogno. Ho conosciuto Ugo Sasso proprio il giorno di un suo compleanno. Di passaggio a Roma insieme con Wittfrida. E’ arrivato nascosto dietro un grandissimo mazzo di fiori. Erano lilium, lo ricordo ancora, bellissimi. Per la padrona di casa. Me li ha porti con gesto da signori d’altri tempi, emzionante, raro…
E per ricordarlo un libro: “Le radici della Bioarchitettura”. Accompagnato da testimonianze di chi l’ha conosciuto, raccoglie la sua storia e il suo pensiero. Il libro, fortemente voluto dall’infaticabile sua compagna, Wittfrida Mitterer, cofondatrice con Ugo Sasso dell’Istituto nazionale di Bioarchitettura, e direttore responsabile del periodico bimestrale “Bioarchitettura” , la prima rivista italiana ad occuparsi di architettura ecosostenibile e biocompatibile.