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    Ricordate la storia di Walimohammad Atai, Wali, (come lo chiamano gli amici italiani, “perché il nome intero sembra troppo difficile da pronunciare”) .. ne abbiamo parlato https://www.remocontro.it/2018/04/08/wali-e-lafghanistan-talebano-dove-ora-volano-i-bambini-bomba/, Wali che poi ha scritto anche un bel libro sulla sua storia, e sulla storia del suo paese, “Ho rifiutato il paradiso per non uccidere” https://www.remocontro.it/2018/12/30/wali-mancato-bambino-bomba-speranza-di-futuro-afghano/
    Wali continua il suo impegno in Italia. E ci manda oggi un’intervista a Khalid Ahmed Zekriya, Ambasciatore straordinario e plenipotenziario dell’Afghanistan in Italia. In Afghanistan, ricordiamo, col ritorno al potere dei Talebani, il governo è retto da un Emirato islamico, ma l’Italia, come la quasi totalità del mondo, riconosce la Repubblica islamica dell’Afghanistan di cui Khalid Ahmed Zekriya è ambasciatore.

    Tra eventi terribili, oscurantismo e la drammatica situazione dell’Afghanistan, Khalid Ahmed Zekriya, Ambasciatore straordinario e plenipotenziario dell’Afghanistan in Italia, non si arrende e continua il suo duro lavoro giorno e notte per salvare la storia e cultura afgana e servire lealmente il suo amato paese. Khaled A. Zekriya ha assunto l’incarico in Italia il 6 gennaio 2021. Rappresenta inoltre l’Afghanistan presso le Agenzie con sede a Roma (FAO, PAM, IFAD e IDLO) e sovrintende alle relazioni bilaterali con le Repubbliche di Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Malta e San Marino, presso le quali l’Ambasciata dell’Afghanistan a Roma è accreditata su base non residenziale.
    Khaled A. Zekriya, personalità di profonda fede, pace, mitezza, umanità e misericordia, nonostante i tumulti politici e sociali che hanno trasformato l’Afghanistan in questi anni in un inferno sul nostro pianeta, è fiducioso di quanto si potrà fare per il suo paese, ed è sempre al fianco degli attivisti, scrittori, giornalisti, professori e tutte le altre figure sia in Afghanistan che all’estero impegnati nel cambiamento e nello sviluppo socio-economico della sua tormentata terra. Khaled A. Zekriya ha sempre sostenuto e sostiene le donne afgane. Lo abbiamo incontrato.

    Ambasciatore, l’Italia è tra i Paesi che riconoscono il vostro governo: cosa pensa che il governo italiano potrebbe fare di più per far tornare l’Afghanistan un Paese democratico?
    Innanzitutto, voglio ricordare che l’Italia è stata la prima nazione occidentale a riconoscere l’indipendenza dell’Afghanistan nel 1919. L’Italia ha anche ospitato nel tempo i due Re in esilio dall’Afghanistan. E voglio anche ricordare i sacrifici dell’Italia sia in termini di sangue che di impegno economico: 54 militari italiani hanno perso la vita nella lotta al terrorismo e nella protezione della democrazia durante la Repubblica. I loro nomi sono scritti in maniera indelebile nella storia contemporanea dell’Afghanistan.
    In questo momento particolarmente critico, l’Italia deve continuare a sostenere l’Ambasciata e la Missione della Repubblica Islamica dell’Afghanistan a Roma, accreditata con procedure legittime, perché possiamo continuare a fornire servizi diplomatici e consolari che sono vitali per la diaspora afghana. E nello stesso tempo permettendoci di far leva sull’impegno bilaterale e multilaterale per difendere i diritti di tutti gli afghani, in particolare delle donne, delle ragazze e delle minoranze. L’Ambasciata e Missione della Repubblica Islamica dell’Afghanistan a Roma è l’incarnazione dello Stato della Repubblica diplomaticamente riconosciuto che può dare eco e sostegno alle voci delle ragazze, delle donne e delle minoranze in Afghanistan. Ma anche fornire modi e mezzi per stabilire un governo inclusivo e democratico in Afghanistan.

    Quali sono le principali attività dell’Ambasciata afghana in Italia?
    L’Ambasciata della Repubblica Islamica dell’Afghanistan a Roma fornisce, a livello bilaterale, servizi diplomatici e consolari ai 40.000 afghani della diaspora presenti in Italia, nonché visti e altri documenti pertinenti a italiani e altri stranieri. Inoltre, l’Ambasciata e la missione perseguono la diplomazia dei diritti umani, la diplomazia della pace e la diplomazia culturale/pubblica. Sul fronte multilaterale, l’Ambasciata rappresenta l’Afghanistan presso la FAO, il PAM, l’IDLO e l’IFAD, dove si assicura che l’assistenza e la protezione vengano fornite direttamente alle popolazioni afghane svantaggiate.

    Quali sono le principali emergenze in Afghanistan, in cosa è urgente impegnarsi?
    La prima cosa da affrontare è la fame. In Afghanistan il 97% della popolazione soffre la fame e il tasso di mortalità infantile è in aumento.
    Dobbiamo poi sostenere il diritto delle ragazze e delle donne di frequentare la scuola secondaria e l’università, come era un tempo. Dobbiamo sostenere anche il diritto delle donne a cercare lavoro.
    Sono, ancora, da riabilitare i servizi statali per il nostro popolo. E dobbiamo affrontare il fatto che l’Afghanistan sotto i Talebani è diventato un rifugio sicuro per 24 organizzazioni terroristiche e che in qualsiasi momento è imminente un attacco ai Paesi regionali e occidentali.

    In questo momento, il Governo della Repubblica islamica dell’Afghanistan che lei rappresenta da quanti Paesi è riconosciuto?

    Lo Stato della Repubblica islamica dell’Afghanistan è riconosciuto dalla maggior parte dei Paesi. Non è riconosciuto dalla Cina, il cui ambasciatore ha presentato le proprie credenziali all’amministrazione talebana nel settembre dello scorso anno. Attualmente sono 17 le missioni che operano a Kabul. Ad eccezione della Cina, nessuna delle altre rappresentanze statali a Kabul ha riconosciuto diplomaticamente i Talebani.

    Ma dopo 20 anni di presenza della coalizione internazionale, secondo lei quali sono le cause principali che hanno favorito il ritorno al potere dei Talebani? Gli afghani si aspettavano il loro ritorno?
    Posso elencare intanto alcuni fattori esterni che hanno favorito il ritorno Talebani. Intanto la discontinuità nella politica estera degli Stati Uniti e la loro ingerenza negli affari interni dell’Afghanistan. Quindi il mantenimento della dipendenza dell’Afghanistan dal supporto aereo, dalla manutenzione, dalla logistica e dai trasporti degli Stati Uniti e della NATO.
    Ma anche l’avvio molto tardivo della costruzione dello Stato, soprattutto per quanto riguarda la riabilitazione e la creazione di un sistema giudiziario e di polizia nella parte meridionale dell’Afghanistan.
    Altra causa non secondaria, la firma dell’Accordo di Doha, il trattato di pace fra la fazione Afghana dei Talebani e gli Stati Uniti che ha messo da parte il legittimo Governo Afghano. Sostenendo invece i leader corrotti.

    Ma ci sono anche fattori interni che hanno avuto e hanno un grande peso.
    L’uso di una politica etnocentrica e indocentrica da parte dei leader per dividere gli afghani e mantenere il proprio potere.
    La perdita dell’orgoglio nazionale da parte di quei leader, che infine non hanno dimostrato di poter essere partner affidabile per gli Stati Uniti e la NATO, in alternativa al Pakistan.
    Un grave problema interno è poi l’alto livello di corruzione, per non parlare della piaga dei brogli elettorali.
    Altro problema, la tendenza a essere pakofobici e indocentrici in politica estera.

    La popolazione e la maggior parte dei leader afghani ritenevano che l’America e i suoi alleati non avrebbero mai lasciato l’Afghanistan. Si trattava di un calcolo sbagliato. Pertanto, non si aspettavano il ritorno dei Talebani. Tuttavia, già dal 2009 si poteva capire che i Talebani sarebbero tornati al potere a causa di questi fattori, sia esterni che interni. E qualcuno, pochi, l’aveva capito.

    C’è un messaggio che volete mandare al popolo italiano? Un messaggio speciale…
    Esercitate pressioni sul vostro governo locale e centrale affinché l’apartheid di genere contro le fasce femminili della popolazione afghana diventi parte del diritto internazionale. Il sostegno ai diritti delle ragazze e delle donne in Afghanistan dovrebbe essere la pietra miliare della politica estera italiana. Bisogna sostenere le audaci donne afgane che continuano a lottare per l’uguaglianza, dignità, libertà e la loro sopravvivenza pur vivendo rinchiuse tra le quattro mura di casa, dopo essere state private dai talebani di tutti i fondamentali diritti. Anche loro, nel totale silenzio del mondo, continuano a lottare per un Afghanistan libero e più umano. qui metterei la parte che ho sottolineato in rosso all’inizio.
    Assicuratevi che l’Ambasciata e la Missione della Repubblica Islamica dell’Afghanistan rimangano aperte e continuino a fornire servizi a 40.000 diaspore in Italia. E’ di fondamentale importanza, considerando le recenti dichiarazioni dei Talebani di dichiarare nulli gli affari consolari.
    Che l’Italia continui il suo impegno in Afghanistan ma non ceda alle richieste illegittime dei Talebani.
    Che il governo italiano sia consapevole dell’imminente minaccia dell’ideologia radicale transnazionale dei Talebani e dell’espansionismo attraverso l’uso del terrorismo per i Paesi della regione e per il mondo intero”.

    Intervista di Walimohammad Atai

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