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    Aboliamo dunque le prigioni?

    A proposito del saggio di Angela Davis, “Aboliamo le prigioni?”, un intervento di Vittorio da Rios, che ancora ringraziamo, che ci invita ad allargare lo sguardo sulla Storia e sulle dinamiche del nostro sistema.

    “Un grande giurista partenopeo Gaetano Filangieri, nella seconda metà del 1700, nel suo capolavoro “La scienza della Legislazione” dedica un libro alla formazione dell’individuo, alla sua educazione e pone il problema fondamentale della educazione alla cultura e all’alto sapere filosofico-scientifico di ogni creatura umana. Ma Filangieri si pone un grande assioma dai grandi risvolti di natura etica-morale. La “Felicità” non può essere un fatto privato o famigliare ma deve essere “collettiva”: come posso, scrive Filangieri, essere felice quando intorno a me c’è fame, emarginazione e miseria? E poi nella corrispondenza con i colleghi illuministi francesi che preparavano la rivoluzione del 1789 li ammoniva che abbattendo necessariamente la società feudale da secoli oppressiva e schiavista non si sostituisca una organizzazione sociale altrettanto sperequativa, l’egemonia del denaro. Fu grande profeta il Filangieri. Morì troppo giovane a soli 35 anni per patologie polmonari. Veniamo ora all’articolo di Francesca de Carolis, a proposito del saggio di Angela Davis, che ci invita a pensare e p5rogettare un mondo senza prigioni…
    Voltaire, che Cacciari ha definito impropriamente un po’ superficialotto, a proposito di carcere scrisse che la qualità della democrazia di uno Stato si misura dalla qualità del sistema giudiziario e dalle condizioni in cui versano le carceri. Prendo spunto da un grande giurista contemporaneo di respiro internazionale, Luigi Ferrajoli, autore tra l’altro di “Diritto e ragione, teoria del garantismo penale”, che ha usato per primo dentro il paradigma del diritto, che oggi si è costruito e si alimenta un sistema economico-finanziario che determina i CRIMINI DI SISTEMA, e oggi le nostre carceri sono popolate dalle vittime dei crimini di sistema! E allora come giustifichiamo oggi tutto questo? Come pensiamo di conciliare per esempio la nostra Costituzione con i CRIMINI DI SISTEMA? Ma andiamo al nucleo centrale dello scritto di Francesca, a proposito del saggio della Davis ABOLIRE IL CARCERE?…. Gianpiero Pierotti fa presente giustamente che abbattendo le sperequazioni sociali le carceri si svuoteranno. Ma oggi innanzi a spaventose sperequazioni sociali mai prima verificatosi, come riorganizzare le società, i membri e gli appartenenti degli Stati? In questi ultimi decenni abbiamo assistito a radicali cambiamenti strutturali che hanno modificato l’essenza degli Stati. Pensiamo in modo particolare alla svendita e svuotamento nella sua essenza costitutiva per esempio del nostro Stato. Iniziando dagli anni ’90 si sono svenduti a privati a prezzo di stralcio l’Ina-l’Eni-l’Enel-L’Iri, si è privatizzata la Banca d’Italia, la Banca Nazionale del Lavoro, tutte le maggiori Banche sono state privatizzate, cosi gran parte del sistema sanitario, come le strutture scolastiche. La finanza e i grandi gruppi nazionali e internazionali gestiscono, condizionano di fatto i parlamenti e i governi compreso il nostro. Questi sono i grandi problemi che oggi abbiamo innanzi. Insormontabili? Irreversibili? Salvatore Veca in un suo saggio del 1982 sulla giustizia inizia cosi: Vi sono almeno due modi principali per affrontare il ricorrente problema della giustizia, essi dipendono da due modi alternativi di concettualizzare la società. Storicamente, le due versioni si distribuiscono nel tempo in fasi alterne configurando uno spazio permanente di tensione e conflitto o una sorta di controversia interminabile, come spesso accade alle nostre rivali interpretazioni del mondo. Concettualmente, l’opposizione riguarda quello che si potrebbe definire un approccio olistico e quello che si potrebbe corrispondentemente definire un approccio individualistico alla società. Una ulteriore definizione potrebbe contrapporre uno schema della società in termini di fatti sociali e leggi a uno in termini di azione sociale e regole. Nel primo caso (approccio olistico in termini di fatti sociali e leggi ) la giustizia di una società è considerata, per dir cosi, assumendo la società come un tutto, indipendentemente dalla valutazione degli individui che la compongono. Nel secondo ( approccio individualistico in termini di azione sociale e regole ) la giustizia di una società è considerata in modo dipendente e coerente con la valutazione degli individui che la compongono. Ecco quindi l’urgenza di ripensare radicalmente il concetto di cosa si intende oggi per diritto nel nostro paese. Come rifondare oggi lo Stato di diritto soprattutto, e riscrivere gran parte dei codici penale e civile adattandoli alle radicali mutazioni avvenute sopra citate. Soprattutto sfoltendo un foresta, un ginepraio di testi e paradigmi giuridici oramai del tutto inutili. Ma la giustizia concreta effettuale si determina nella società, di come la struttura sociale disponga di elementi di reale democrazia economica. Avendo la lucida consapevolezza che il sistema economico-finanziario va in tutt’altra direzione, e che le sperequazioni sociali determinate e le risorse sono in mano di un numero di persone sempre più esiguo. Come rimediare? Il lavoro è immane. Per riportare un equilibrio economico, mancando di fatto di uno Stato, essendo stato criminalmente svenduto, doppiamo tenere presente questo. Io ritengo e non voglio sconfinare in utopie irrealizzabili, che occorra costruire nei prossimi anni nuovi paradigmi culturali quanto giuridici, per andare oltre il carcere, rendere inutile il carcere, superare definitivamente il concetto di espiazione in condizioni di ristretti. Fondamentale per raggiungere questo obbiettivo è l’applicazione finalmente della Costituzione nei suoi pilastri costitutivi. Riportare lo Stato democratico moderno garantista alla sua funzione strategica come concepito dai padri Fondatori, in termini economici e culturali, ai fini di assicurare e determinare le condizione di equità e di giustizia sociale. Spetta a noi cittadini applicare la Costituzione, e costruire da molte macerie attuali lo Stato di diritto che deve essere presente in tutte le pieghe della società affinché più nessuno cada in tragedia, e abbia consentito una vita giusta e dignitosa. Solo cosi aboliremo definitivamente le carceri e il business rappresentato dalla gestione del Reato.

    Vittorio da Rios

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