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    A futura memoria

    Paolo Rausa, a proposito di memoria e memorie, presenti e future…

    “A futura memoria, scriveva Sciascia per poi aggiungere: se la memoria ha un futuro… L’idea di istituire una giornata della memoria futura è intrigante, cara Francesca, perché spinge l’umanità a chiedersi anzitempo come sarà giudicata, rovesciando i termini temporali. Non più la visuale dal presente verso il passato perché certi fatti crudeli non si verifichino più nel futuro, ma la visuale dal futuro verso il passato, che è il nostro presente, perché non si debba dire che la nostra epoca è stata caratterizzata da crimini, se non come nel passato, altrettanto gravi. La dobbiamo prendere, questa proposta di Francesca, come uno stimolo perché non si dica di noi che siamo stati insensibili e crudeli, verso i nostri simili, gli umani, gli animali non umani e le specie vegetali che, abbiamo appreso, sono sensibili, sono state le prime a colonizzare la terra e che continuano con lo scambio anidride carbonica/ossigeno a farci respirare. Perché, cosa abbiamo combinato di tanto catastrofico? Innanzitutto pecchiamo di empietà, hybris avrebbero detto i greci, nel tentativo di scalare il cielo e pensare di essere noi gli dei, come scrive nei suoi saggi Harari: “Sapiens, da animali a dei” e “Homo Deus”, a cui non resta che l’ultima fatica di vincere la morte, riprendendo il proposito di Gilgamesh, fallito per un nonnulla, e quello di Orfeo, che con la sua musica e poesia era giunto ad incantare il re dell’Ade a rilasciare la sua amata sposa Euridice, ma all’ultimo, quando mancava proprio un ultimo passo, si voltò indietro per vedere il capolavoro della sua opera interrompendo il processo di vivificazione della moglie che perse la sua condizione umana e morì per la seconda volta, definitivamente. L’Angelo dell’Apocalisse, così ben descritto da Walter Benjamin nel saggio “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” è volto indietro a riflettere sconvolto e terrorizzato sulle macerie che ci lasciamo alle spalle. Il giorno della memoria guarda al passato. Perché non si debbano più ripetere certi errori. Nunca mas! Mai più! Però sono già accaduti e l’umanità non impara mai abbastanza dai fatti drammatici del passato. La memoria ha la vista corta. Quante volte la pandemia ha seminato stragi di uomini e di animali! Ogni volta l’umanità è risorta con l’impegno che mai e poi mai avrebbe ripetuto le azioni del passato. E’ vero, non le stesse, ma altre molto gravi. Dalla peste di Atene, descritta nella guerra del Peloponneso da Tucidide alla peste di Firenze nel ‘300, argomento nel Decameron di Boccaccio, a quella nel Milanese, conclusione drammatica dei Promessi Sposi del Manzoni. L’umanità è riemersa ogni volta dalle sue condizioni di prostrazione. E questo ha dell’eroico ma anche dell’insensatezza. Perché a distanza di secoli tutto riaccade. Non possiamo, come suggerisce Francesca, pensare a come ci giudicheranno i nostri discendenti? Se siamo così disposti a fare del bene a noi e alle generazioni future perché non cominciamo a cambiare registro e ad alleviare l’umanità derelitta che vive ai margini del mondo e della società? Perché non ammettiamo che i nostri stili di vita consumistici non sono compatibili con la sopportabilità del peso che la nostra attività provoca sulla terra a noi e agli altri esseri viventi, animali e vegetali? Possiamo cominciare a schiarire il nostro orizzonte solo se insieme e gradualmente ci scrolliamo di dosso le armature e affrontiamo a viso aperto le sfide che ci attendono, nell’interesse di tutti, nessuno escluso. A Futura memoria! ❤” Paolo Rausa

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