Con un invito a Twitter, torna il ricordo di una voce dalla Palestina… Hamdan Jawei, “incontrato” al telefono nel dicembre scorso, per raccontarne la storia, nella mia rubrica in radio sulla disabilità. A ridosso della Giornata Mondiale delle persone con disabilità, che ho voluto celebrare andando alle porte di Betlemme, simbolo di questa terra che è cuore inquieto del mondo, in giorni in cui si è riacutizzato un dramma in realtà mai sopito ( se non nella nostra flebile attenzione) proprio mentre la Palestina entra all’Onu come Stato osservatore. Perché Hamdan Jawei? Perché con l’associazione Moire ha anche costruito un ponte fra Italia e Palestina, e ha deciso di fare qualcosa per le persone disabili della sua terra. Hamdan, che ha vissuto sulla sua pelle cosa significa essere emarginato, invisibile quasi. Chiuso in casa fino all’età di dieci anni, perché di un bambino disabile c’è solo da vergognarsi… soprattutto se si vive in un povero villaggio, in una famiglia che, dice Hamdan, non aveva “gli strumenti per capire come comportarsi con me, non erano abbastanza “civili” per capire il concetto di integrazione sociale”. Dove, anche, guardandosi intorno, è difficile trovare aiuto, strutture che aiutino, e aiutino a capire… Eppure non c’è rimprovero, nessun astio, nella voce di Hamdan, che racconta la sua “prigionia”, i problemi psicologici, la violenza che questa ha fatto crescere in lui. Così che il giorno in cui la madre apre la porta della stanza in cui era rinchiuso, l’aggredisce e fugge via… Nessun astio. Tenerezza, invece, nel ricordo dei giorni della sua mamma-bambina, che era stata sposa a quattordici anni, che dopo la fuga, riaccogliendolo, gli ha chiesto… aiutami, aiutami a capire…
Ed è allora che inizia la sua nuova vita. Frequenta un centro sportivo che accoglie anche persone con disabilità, poi l’incontro con volontari italiani… e infine la collaborazione con Moire Terrena, che di inserimento di persone disabili si occupa, e di cui Hadman è ora attivissimo collaboratore. E si dice oggi molto sicuro di una cosa: “le persone con disabilità hanno diritto a una vita dignitosa al pari di tutti gli altri. […] E oggi sono in grado di offrire un aiuto a famiglie che hanno persone con disabilità in casa”, e non solo… Impegno importantissimo se i disturbi psicologici, come racconta, fanno ancora tanta paura, a volte ancora vengono negati. Impegno importante e difficile, se alla lotta contro pregiudizi e povertà di mezzi, si aggiunge il fatto che il numero delle persone con disabilità aumenta per via della pesantissima situazione nei territori occupati…
Con Moire terrena (http://www.moire-terrena.org, associazione che fra l’altro ha creato un ponte fra l’Italia e la Palestina) è nato un progetto di lavoro per disabili a Betlemme, perché l’inserimento lavorativo diventi centro nodale dell’integrazione sociale. Mentre continua Hamdan ad aiutare le persone in casa, le famiglie in difficoltà, e ne ha di storie da raccontare… E’ capitato anche di poterle ascoltare, queste storie, dalla sua voce. Perché Hamdan, che si dichiara innamorato dell’Italia, l’inverno scorso è venuto da queste parti a parlare della sua esperienza, a chiedere collaborazione e aiuti, e ancora, pensiamo e ci auguriamo, tornerà…